Un ritratto del progettista francese insignito della Grande Médaille d’or dall’Académie d’architecture
Nel 2022 Dominique Coulon (1961) ha ricevuto la Grande Médaille d’or dall’Académie d’architecture francese. La giuria lo ha definito un amante dell’architettura espressionista, descrivendo il suo lavoro notevole e profondamente sensibile. Incontrando il corpo di opere che egli ha realizzato dalla fondazione del suo studio, oltre 30 anni fa, ci si stupisce che abbia costruito quasi esclusivamente su suolo francese. Questo ha tuttavia portato alla Francia un catalogo d’interventi pubblici esemplari, rinnovando il parco delle scuole, delle mediateche, delle piscine e dei centri sportivi, dei teatri e delle residenze protette, riqualificandone l’immagine e aggiornandone gli spazi a più attuali modalità di fruizione.
L’uomo al centro e i fondamenti di un metodo
Il suo ufficio si trova a Strasburgo, nel quartiere di Krutenau, dove nel 2015 Coulon vince un concorso per l’occupazione di un terreno di scarso valore immobiliare con un intervento che fosse un esempio di mixité. Venti o trenta collaboratori, a seconda dei periodi, lavorano nel confronto continuo, senza ruoli fissi, rendendo concreto un tema a lui molto caro, quello della complessità in architettura. Ne è nato anche un master presso la locale Ecole d’Architecture, in cui egli insegna come nel processo progettuale la necessità non sia tanto quella di semplificare ma, al contrario, di assommare i parametri e di considerarli tutti simultaneamente per avere un’indicazione veritiera della strada da percorrere.
Dei suoi interventi egli sostiene che sono “volumi che accompagnano percorsi”, sottolineando che ciò che conta sono i flussi, i movimenti con cui le persone attraverseranno un determinato spazio. La definizione in pianta e la sezione di un’opera, in cui tutti i livelli d’interesse sono considerati insieme, compresi in particolare il colore e il paesaggio, possono richiedere molta dedizione. Al centro chi percorre lo spazio: dunque, vale a dire, al centro l’uomo. Una visione che può essere ricondotta all’insegnamento che Coulon ricevette da Henri Ciriani (1936), uno degli esponenti del neorazionalismo francese più civilmente impegnati, con il quale si laureò nel 1989.
Non si legò a nessuno studio di fama, non volendo sentirsi limitato da un unico metodo, ma dopo solo un anno dall’apertura del suo studio partì per un viaggio intorno al mondo grazie a una borsa di studio del Ministero della cultura. Queste esperienze rafforzeranno in lui la spinta a trovare una propria strada. Non si tratta tuttavia dell’imposizione di una firma: nessuna delle opere che Coulon svilupperà nel suo percorso possono essere descritte da una facile metafora, quanto piuttosto da una poetica che va via via precisandosi negli anni.
Il pubblico come spazio di elezione
I suoi progetti, per lo più frutto di affermazioni in concorsi pubblici (lo studio partecipa mediamente a oltre 20 competizioni all’anno), insistono su alcuni temi di particolare interesse. I volumi, geometriche sculture a scala urbana, reagiscono al contesto talvolta con un forte ermetismo, talaltra facendosi letteralmente modellare dal sito. Dovendosi confrontare con un’abbazia benedettina, la scuola materna di Marmoutier, in Alsazia (2007), le cede il passo, celando, con un rivestimento in rame e legno di rovere locale, i suoi muri dietro quelli antichi di pietra, vincolati ai sensi del patrimonio storico. Mentre la geometria del tetto basso a più falde rivela una grande complessità spaziale, a cui si sovrappone anche la mappa cromatica di superfici verticali e orizzontali, l’esterno sembra dissolversi nel paesaggio.
Il nuovo conservatorio di Maizieres-les-Metz (2009) si colloca in un’anonima periferia, dove uno svincolo veicolare causa forte inquinamento acustico: è l’occasione per realizzare una sorta di porta della città, un volume monolitico in cemento che isola le aule dall’ambiente esterno e nello stesso tempo le identifica con chiarezza. All’interno, inaspettata, una serie di spazi connessi, potenziati dal colore e affacciati su luminosi patii, realizza un progetto di mixité con sale prove, auditorium, locali per adolescenti, doposcuola.
Al contrario, a Montreuil, dove Coulon vince il concorso per un nuovo teatro (2007), l’architettura si lascia plasmare dal contesto, preoccupandosi di stabilire un rapporto tra il Municipio e la piazza antistante da un lato e una seconda piazza dall’altro, e intercettando al contempo il movimento planimetrico dei blocchi residenziali voluti da Àlvaro Siza nel nuovo masterplan. La sala principale e il volume esterno, di conseguenza, ruotano per accompagnare il percorso pedonale tra i nodi del paesaggio urbano. Toccante poi il modo in cui negli interni Coulon usa il colore su tutte le superfici come dispositivo di accompagnamento, che dal rosso vivo all’ingresso si scurisce sempre di più fino alle porte della sala teatrale.
Presente e futuro dei luoghi culturali
I suoi interni sono un percorso di esplorazione che conduce a un’esperienza inattesa in cui lo sguardo è sempre in soggettiva. A Freyming-Merlebach, cittadina francese segnata da disoccupazione e spopolamento, il nuovo teatro (2017) è un elegante gioiello dalle forme rigorose ma, oltre la piccola hall, gli interni prendono corpo attorno al vuoto scultoreo di scale e rampe in un percorso che avvolge la persona, accompagnandola nella scoperta degli spazi e facendola sentire al centro dell’operazione drammaturgica. Il grande “occhio” vetrato sulla città riporta la connessione al presente e alla vita urbana.
Tuttavia, già con la scuola Josephine Bacher a La Courneuve (2010), Coulon aveva unito il tema della ricchezza emotiva degli interni a quello del colore. Alberto Campo Baeza paragonerà questo progetto a un frutto stagionale, dal guscio uniforme e neutro all’esterno, ma colmo di colori all’interno. La volumetria monotona della tristemente nota banlieue di Parigi spinge a infrangere l’involucro, lavorando su un piano cromatico dominato dall’arancione che tracima all’esterno, lasciando intuire il dinamismo interno.
Quando si tratta d’intervenire su palazzi storici pubblici, Coulon è in grado poi d’introdurre elementi di sorpresa nella composizione che compiono quell’evoluzione dello stereotipo già citata. È il caso della cittadella amministrativa di Strasburgo (2007) dove, tra gli altri elementi, è ancora una volta il colore a segnare la svolta in chiave contemporanea, con un piano cromatico che non coincide con quello tridimensionale ma entra in contrasto, riuscendo a stravolgere la percezione per offrire un’interpretazione completamente altra, e stupefacente, degli ambienti.
Il terzo spazio neutrale
Come conseguenza della riflessione maturata negli anni sulla mixité, sullo sviluppo degli spazi collettivi e sulle dinamiche che v’intercorrono, Coulon affronta in architettura il tema del third place teorizzato dal sociologo Ray Oldemburg: la concezione di un luogo che non sia né casa né ufficio, ma che sia uno spazio ulteriore neutrale, in cui le persone possono stare insieme per il puro piacere di farlo e senza altri vincoli economici, sociali, generazionali. Il suo approccio si concretizza in interventi esemplari come la mediateca di Thionville (2016), in cui utilizza la metafora del nastro che crea ambienti fluidi più o meno connessi con la città, una sorta di piazza dalle potenzialità aumentate grazie agli strumenti espositivi, laboratoriali, interattivi, e che rappresenti il concetto dello spazio culturale del futuro.
Immagine di copertina: © David Romero-Uzeda
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Last modified: 1 Febbraio 2023