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Giacomo "Piraz" PirazzoliWritten by: Reviews

“Passagens”, micro azioni contro la segregazione urbana

“Passagens”, micro azioni contro la segregazione urbana

Visita alla mostra itinerante “Passagens – Transitional Spaces for the XXI Century City”, che fa tappa in Brasile

 

SAN PAOLO DEL BRASILE. Aperta fino all’8 aprile presso il Museu da Casa Brasilera – il museo di architettura della più importante metropoli latinoamericana – “Passagens” è una mostra itinerante “global”. Prodotta dal think-tank IVM/Institut pour la Ville en Mouvement – di nascita francese, oggi con sedi anche in America Latina (Buenos Aires e San Paolo) e Cina (Shanghai) – l’esposizione ha precedentemente fatto tappa a Parigi, Pechino, Barcellona e Buenos Aires; mentre dopo San Paolo sarà a Shanghai.

Nell’ambito della mission di IVM – che è principalmente dedicata alla mobilità – “Passagens: i piccoli spazi che fanno grande differenza nella mobilità” rappresenta l’occasione per esplorarne il lato micro, spesso anche quello più “fattibile” per scala, costi possibili e ragionevolezza. Non sono quindi in mostra grandi infrastrutture di mobilità, quanto piuttosto la ricerca – attraverso letture di frammenti di città e metropoli – di azioni orientate alla riconnessione, con l’intento di riconfigurare l’esistente delle relazionalità urbane. Con questa premessa il tema viene interpretato per la sua valenza sociale rispetto a questioni quali la segregazione – vera sostanza degli insediamenti informali ove talvolta anime occidentali esportatrici di buone intenzioni immaginano di spargere figure e geometrie improbabili.

L’esposizione, con l’intento dichiarato di occuparsi del mondo, è organizzata in una sequenza complanare, con una sorta di preambolo fisico-percettivo che è un passaggio a zig-zag fatto di blocchi di calcestruzzo che rievocano anche la temporaneità degli assetti metropolitani contemporanei. Procedendo nella visita, la narrazione si addensa alle pareti – con foto raccolte attorno a parole-chiave – mentre al centro una cronologia viene offerta come base di riferimento, nonchè come elemento organizzatore dello spazio per orientare il percorso di fruizione. Più avanti trovano posto un iPhone gigante ed altri elementi descrittivi, giusto prima di una serie di video che raccontano cinque storie di “Passagens” in Africa; da notare che i video stessi sono stati prodotti in Africa attraverso una modalità di concorso e coinvolgimento locale. Medesima volontà d’interazione percorre la sezione che raccoglie alcuni dei materiali del workshop con gli studenti – pure ibridato con modalità concorsuale – tenutosi a San Paolo nei mesi scorsi avendo per tema il Jardim Angela; quest’ultimo un luogo che almeno con Google Earth va visto.

È chiaro che dal punto di vista espositivo non è banale far coesistere materiali, ma anche luoghi e situazioni così diversi, soprattutto nella parte iniziale”, fa notare Giancarlo Latorraca, direttore tecnico del Museo della Casa Brasileira. “È un tipo d’impegno molto diverso dall’organizzare una esposizione con lavoro autoriale”, gli fa eco Leonardo Finotti, fotografo ed artista appena tornato da Shenzhen dove ha presentato una mostra sul padre riconosciuto del paesaggismo brasiliano del ‘900, Roberto Burle Marx.

Nel condivisibile sforzo di restituire attraverso una produzione complessa la realtà socio-antropologica dei fatti urbani e le microstorie quotidiane che questi implicano, affettano o mutano, “Passagens” risulta interessante per quel che offre ma a suo modo anche per quel che viene trattenuto dalla dialettica tra globale – che inevitabilmente tende al generico, facendo talvolta torcere il naso agli addetti ai lavori che lo torcerebbero comunque – e locale. Con un avanzamento – appunto attraverso i workshop, i concorsi e le tattiche di attivismo – che forse stanno dalla parte del site specific invece che del localismo segregativo.

Un sito web ben strutturato aiuterebbe – più dell’immancabile hastag che attende foto inviate etc. – non solo a livello didattico per i molti studenti, ma anche per i cittadini-visitatori. Dopo l’esperienza percettiva della mostra, continuare la visita in senso virtuale ed interattivo può diventare, se adeguatamente orientato, un passo fondamentale per rilanciare coinvolgimento, responsabilità e partecipazione nelle politiche urbane e dello spazio pubblico. Nonostante la globalizzazione.

 

In copertina: attraversamento di una strada di Nuova Delhi dopo un forte temporale il 26 settembre 2013 (AFP PHOTO/ Prakash Singh)

 

Autore

  • Giacomo "Piraz" Pirazzoli

    Nato nel 1965, laureato in architettura a Firenze, PhD Roma-Sapienza e post-doc FAU-Universidade Mackenzie São Paulo. Dopo aver realizzato in Italia alcune architetture in collaborazione con Paolo Zermani, Fabrizio Rossi Prodi e Francesco Collotti, lavora in ambito interculturale tra musei, mostre e sostenibilità applicando le ricerche Site-Specific Museums e GreenUP - A Smart City che ha diretto, essendo dal 2000 professore associato presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze. Già presidente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, è stato consulente presso ACE-CAE (Architects Council of Europe, Bruxelles), UN-UNOPS etc. Oltre che per mezzo di progetti, opere e relative conferenze, svolge attività internazionale anche come visiting professor e vanta oltre duecento pubblicazioni. Vive tra Firenze, l’Umbria e Rio de Janeiro.

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Last modified: 26 Febbraio 2018