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Francesca PetrettoWritten by: Progetti

Pierre Boulez Saal a Berlino, l’armonico e caldo nido modulabile di Gehry

Pierre Boulez Saal a Berlino, l’armonico e caldo nido modulabile di Gehry

Visita all’anfiteatro plasmato da Frank Gehry per Daniel Barenboim all’interno di un edificio neoclassico della DDR: una sala concerti su due livelli con quattro possibili configurazioni spaziali

 

BERLINO. Scrivere di un’architettura per la musica, soprattutto se di pregio, è un privilegio non da poco, perché visitarla equivale ad assaporarla con tutti i sensi. Quando Daniel Barenboim chiese all’amico Frank Gehry di dare forma al suo nuovo auditorium berlinese, proprio questa idea di “psicoaustica” aveva in mente, ché nell’essere umano, e soprattutto nel musicista, la percezione acustica e quella visiva non sono mai separate. Gehry accolse dapprincipio un po’ timidamente la sfida: la sala sarebbe stata intitolata al recentemente scomparso Pierre Boulez (1925-2016), cosa che richiedeva un coinvolgimento ancor più intimo da parte sua, perché anche a lui era stato legato da profonda amicizia, e perché Boulez è stato il più grande profeta dell’Universalismo in musica, nonché immenso intellettuale.

È già divenuto celebre (e simbolo dell’opera, campeggiando stilizzato sulla vetrata d’ingresso all’edificio) un disegno di studio con dedica dell’architetto al direttore d’orchestra: raffigura un nido di ellissi sovrapposte, uno studio plastico ancora in fieri, à la Gehry, che lo chiama «salle ovalable» ed evoca di fatto l’idea di un moderno anfiteatro, quello che Barenboim chiama «luogo per la musica per orecchio pensante». Un altro aspetto della sfida, abbastanza insolito per l’architetto “creatore di sogni”, era costituito dal dover operare all’interno di un contesto preesistente, stratificato in maniera molto marcata, giacché l’edificio di 6.500 mq che ospita la Sala Boulez insieme agli uffici, alle 21 sale prove, alla biblioteca dell’accademia Barenboim–Saïd, è un palazzo storico sull’importante Friedrichstraße, parzialmente ricostruito in stile neoclassico in piena DDR, già magazzino generale dell’attigua Opera di Stato. Quintessenza della Berlino dei contrasti architettonici e culturali con cui Gehry ha interagito, realizzando nella sala grande un effetto plastico unico, in pianta, alzato e organizzazione puntuale dei dettagli, elementi (in)stabili in uno spazio mobile, “modulabile” come un’armonia musicale.

La forma di base, un’arena a ellisse con palco ora al centro ora slittato su uno dei lati, breve o lungo, si sviluppa in altezza in due livelli separati, su assi leggermente traslati in pianta, di cui il secondo, ancorandosi in soli cinque punti alla struttura perimetrale, si affaccia come una balconata fluttuante, continua e curviforme sul vuoto centrale. L’effetto è di estrema leggerezza ed eleganza. La salle modulable di Gehry per “l’orecchio pensante” che Barenboim mutua dagli insegnamenti di Boulez, accoglie le esigenze delle differenti esecuzioni musicali che vi hanno luogo grazie alla possibilità di ottenere quattro combinazioni spaziali (1. music in the round; 2. arena; 3. amphitheater; 4. theater), in cui sedute e/o interi settori per il pubblico (682 posti totali) si spostano, ora “spariscono” ora si ri-compongono a seconda della posizione prescelta per il palco; cosicché è l’architettura ad adattarsi alla musica e non viceversa.

Una casa europea per l’esecuzione, la promozione e lo studio della musica medio-orientale, un nobile progetto per il quale Gehry, già commosso dall’esperimento dell’amico direttore con la West-Eastern Divan Orchestra, ha lavorato con l’esperto giapponese di acustica Yasuhisa Toyota senza percepire onorari. Il cuore caldo di una fredda architettura neoclassica che ha visto due dittature ed ora vuole riprendere a battere per un’idea di musica universale. Non so se sia il caso di dire che in Germania è l’anno della musica e dell’architettura per la musica (si pensi all’Elbphilharmonie di Herzog & de Meuron ad Amburgo) perché in fondo, come diceva Wilhelm Furtwängler, «la musica classica per un tedesco è tutto».

 

La carta d’identità del progetto

Committente: Barenboim-Said Akademie

Progetto sala: Frank Gehry (Frank Gehry Partners)

Progetto foyer ed edificio: HG Merz and rw+ Architekten

Progetto acustico: Yasuhisa Toyota (Nagata Acoustics)

Costo totale dell’opera: 32 milioni (1/3 da donazioni di privati)

Primi studi di progetto: 2012

Inizio lavori: maggio 2014

Inaugurazione e concerto di apertura: 4 marzo 2017

Superficie totale edificio: 6.500 mq

Superficie sala concerti: 850 mq

Capienza massima spettatori: 682 posti

Dettaglio materiali: 320 tonnellate di legno (cedro canadese) e acciaio

Autore

  • Francesca Petretto

    Nata ad Alghero (1974), dopo la maturità classica conseguita a Sassari si è laureata all'Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Ha sempre affiancato agli aspetti più tecnici della professione la passione per le humanae litterae, prediligendo la ricerca storica e delle fonti e specializzandosi in interventi di conservazione di monumenti antichi e infine storia dell'architettura. Vive a Berlino, dove esegue attività di ricerca storica in ambito artistico-architettonico e lavora in giro per la Germania come autrice, giornalista freelance e curatrice. Scrive inoltre per alcune riviste di architettura e arte italiane e straniere

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Last modified: 25 Aprile 2017