Seconda puntata del report dal capoluogo abruzzese, dove (nel bene e nel male) i progetti infrastrutturali tengono banco
PESCARA. La conformazione della città è evidentemente influenzata dalla sua orografia, e oggi come ieri si è adattata al paesaggio sfruttandone le peculiarità. Un vasto plateau densamente edificato, caratteristica comune nell’area medio-adriatica, con una cinta collinare diffusamente abitata, sede dei primitivi insediamenti urbani. Un paesaggio interrotto solo dal fiume omonimo, lungo il quale si trovano le maggiori infrastrutture (autostrada, aeroporto, ecc.) e le più importanti attività industriali, ma anche parchi e risorse naturali. Proprio lungo la dorsale fluviale si giocano alcune delle scommesse più interessanti dello sviluppo urbano.
Se nel 2009 la realizzazione, alla foce del Pescara, del ponte del mare (progettato dall’architetto Walter Pichler e sviluppato a livello esecutivo dall’ingegner Mario de Miranda), innovativa e ambiziosa struttura ciclopedonale, ha permesso la connessione delle due riviere innescando la riqualificazione (che continua tutt’oggi) del lungomare sud e nord per un totale di 15 km di passeggiate variamente declinate, ora l’atteso ponte nuovo promette una radicale trasformazione dell’attraversamento urbano e la messa a sistema di una mobilità multimodale.
Il ponte nuovo
Programmato già nei piani di fine anni ’90, dovrà riconnettere le due sponde nord e sud all’altezza di uno dei nodi più critici del centro, laddove proprio al di là delle ormai appena visibili tracce murarie dell’antica fortezza, s’incrociano il tracciato ferroviario, la sopraelevata del raccordo autostradale, il traffico golenale e il parco fluviale. Il ponte avrà, dunque, una funzione strategica perché pensato per decongestionare la mobilità urbana che pesa oggi sulla rete immediatamente circostante e per mettere in connessione diretta le stazioni Porta nuova e Centrale con la sua pertinenza più importante, la già citata area di risulta, parcheggio nevralgico del centro città. Dal ponte inoltre sarà possibile accedere immediatamente all’asse attrezzato e dirigersi a ovest verso l’aeroporto e l’A14, l’A24 e A25.
Il cantiere, la cui posa della prima pietra risale all’aprile 2014, ha conosciuto tuttavia non poche problematiche di natura finanziaria e tecnica. Il progetto, affidato al professor Enzo Siviero (Università IUAV) attraverso la Progeest srl, aveva inizialmente un impalcato più basso. La salvaguardia della navigabilità del fiume insieme alla riqualificazione e messa in sicurezza idraulica degli argini hanno allungato i tempi; così, in questa fase si procede alla realizzazione del pilone alto 52 m. Il progetto, da circa 13 milioni tra fondi ANAS, POR e privati, prevede una struttura strallata che sostiene due carreggiate indipendenti lunghe quasi 90 m per una larghezza di 28. Un mastodonte destinato a cambiare anche lo skyline urbano entro fine 2016.
L’autogol del ponte del cielo
Ma la politica si sa, ha sempre avuto un debole per la retorica unificatrice dei ponti, ottimi souvenir da lasciare alla memoria dei posteri per un’amministrazione. Di qui la proposta del ponte del cielo (sembra che intitolarlo alla memoria di un illustre uomo non sia più di moda, si preferiscono i nomi scelti dalle scolaresche). Un colossale autogol che ha immediatamente sollevato una polemica sfociata in ilarità e finita anche sulle pagine dei quotidiani nazionali. A ottobre scorso, infatti, la Regione in accordo con il Comune ha presentato un progetto, finanziato con 1 milione di fondi FAS, per la realizzazione di un pontile sulla spiaggia in corrispondenza di piazza della Rinascita. In fondo l’idea è vecchia; e infatti nuovo non è nemmeno il progetto, copia esatta (appena ingrandita) dell’Infinitive Bridge di Aarhus (Danimarca), progettato da Gjøde & Povlsgaard Arkitekter. Un’operazione bocciata anche dalla Soprintendenza che ritiene l’opera inadeguata e in contrasto con le caratteristiche paesaggistiche e architettoniche della spiaggia.
La strada parco
Sull’asse perpendicolare a quello fluviale
, il futuro sviluppo della direttrice nord-sud è rimesso al progetto ormai decennale della cosiddetta strada parco. Si tratta in realtà del recupero dell’ex tracciato ferroviario, spostato negli anni ’80 e oggi trasformato, dopo anni d’interventi parziali, in una lunghissima infrastruttura ecologica. In realtà, a parte qualche giardinetto pubblico e un parco, per il momento non si tratta di molto più di una strada a uso pedonale e ciclabile. Il tracciato progettato per ospitare un mezzo di trasporto elettrico alternativo capace di dar vita a una mini-metropolitana di superficie e connettere le città limitrofe da Montesilvano a Francavilla passando appunto per Pescara, servirebbe un bacino di circa 250.000 abitanti. Fin qui un progetto innovativo ed ambizioso, competitivo e allineato alle politiche ecosostenibili nord europee. Tuttavia, oggi non si è che alla fine della prima fase, che riguarda le aree dell’ex tracciato nord, verso Montesilvano, con un ritardo di un decennio. Il tracciato taglia entrambe le città parallelamente alla costa, dovendo poi attraversare verso sud la già citata area di risulta e il fiume, e in seguito biforcarsi per raggiungere l’aeroporto a ovest e proseguire sempre a sud verso l’università e il tribunale, lo stadio e i complessi sportivi di atletica, fino a Francavilla.
Se, grazie all’appoggio della politica più mediocre, l’associazionismo più ottuso ha saputo rallentare l’iter burocratico e l’esecuzione dei lavori, non da meno è stata la gestione della società di trasporti vincitrice del bando. Mancanza di autorizzazioni e di fondi, documentazioni e progetti parziali, fallimenti delle ditte fornitrici, sit-in e proteste ambientaliste hanno snaturato il progetto iniziale al punto da interrogarsi sull’utilità di completare l’opera. In realtà, la necessità d’un trasporto collettivo elettrificato e insieme d’un “tracciato verde” dedicato allo sport e alla mobilità alternativa rimangono d’attualità. Andrebbe probabilmente attuata una politica di concertazione e di riprogettazione partecipata, con un coinvolgimento informato della cittadinanza e una revisione delle fasi successive in funzione dei nuovi progetti urbani che interessano le aree del tracciato.
Il nuovo stadio
E proprio in merito ai complessi sportivi a sud della città, il Comune d’accordo con la Regione ha promosso la trasformazione dello storico stadio Adriatico in una struttura all’avanguardia dedicata al solo calcio, inserendo l’iniziativa nel Piano triennale delle Opere pubbliche. L’opera, risalente al 1955 su progetto di Luigi Piccinato e sede delle qualificazioni per i Giochi olimpici del 1960, è però soggetta a tutela da parte della Soprintendenza che ha posto il veto alla sua trasformazione (sebbene lo stadio avesse già subito pochi anni fa una trasformazione, non propriamente rispettosa dell’esistente).
Quel che però interessa di più è la procedura. Si parla del nuovo stadio Adriatico ma in realtà le strutture sarebbero due. Il nuovo stadio verrebbe trasformato, sul modello dei grandi complessi italiani ed europei, in un “tempio” del calcio da 25.000 spettatori, in grado di accogliere attività commerciali indipendenti. Contemporaneamente verrebbe realizzato uno stadio di atletica nella zona di Fontanelle, già interessata da un piano particolareggiato. La società calcistica avrebbe in gestione le strutture e il Comune sarebbe sollevato dei costi. L’operazione, come detto bocciata dalla Soprintendenza, avrebbe un costo di 40 milioni a carico della società vincitrice del bando di gestione cinquantennale. Una struttura completamente coperta, con altissimi standard di servizi e sicurezza, attività commerciali e di divertimento indipendenti dagli eventi in calendario che mira ad essere all’avanguardia. I riflessi positivi dell’intervento sarebbero non solo legati all’immagine e alla capacità di ospitare eventi, ma ci sarebbero ricadute anche sulla spesa pubblica con un risparmio di circa 1 milione e un investimento privato di circa 40 milioni.
Se dal punto di vista della dotazione di attrezzature sportive non si può che salutare positivamente l’iniziativa (Pescara infatti punta a rafforzare l’offerta a scala internazionale, dopo aver ospitato nel 2009 i Giochi del Mediterraneo), altrettanto non può dirsi della scelta urbanistica. La trasformazione dello stadio Adriatico è un’idea che non tiene conto del sacrificio urbanistico dell’intera zona sud che paga il blocco totale di qualsiasi attività durante gli eventi calcistici. Meglio sarebbe pensare alla realizzazione di una cittadella sportiva decentrata facilmente raggiungibile dalle maggiori infrastrutture e magari concertata con le realtà urbane limitrofe, a rafforzare il legame metropolitano.
L’aeroporto: un atterraggio d’emergenza
Le notizie improvvisamente susseguitesi sulla stampa locale nelle settimane scorse riguardo la rottura tra la società di gestione dell’aeroporto pescarese, Saga e Ryanair, fanno temere il peggio. La minaccia d’interruzione del servizio e dell’abbandono dello scalo paventata da Ryanair ha trovato immediato riscontro sulla stampa nazionale. Gli aeroporti di Alghero e Crotone risultano ugualmente investiti da questa decisione del vettore irlandese. Alla base la tassazione indiretta dei biglietti imposta dal governo come compensazione per la cassa integrazione dei piloti Alitalia. La decisione della società leader dei voli low cost, seppur commercialmente comprensibile, apre uno squarcio enorme nelle economie locali e rimette in discussione il futuro stesso delle infrastrutture aeroportuali. L’aeroporto d’Abruzzo, che già anni fa aveva evitato i rischi di declassamento paventati dalle riforme del sistema aeroportuale nazionale attestando il suo numero di passeggeri al di sopra dei 500.000 e che negli ultimi anni aveva ancora visto un incremento piuttosto incoraggiante, sembra non aver retto alla scelta unilaterale del maggiore attore economico dello scalo. In un momento, d’altronde, in cui importanti investimenti erano in procinto d’approvazione: l’ammodernamento della stazione aeroportuale, il prolungamento della pista e nuove dotazioni di sicurezza. Dopo il commissariamento del porto, passato sotto l’autorità di Ancona, un’altra vitale infrastruttura regionale rischia la sua autonomia minacciando di travolgere l’intero sistema economico.
Evidenti emergono le colpevoli carenze della classe politica: incapace di prevedere, reagire e men che meno anticipare strategie e investimenti.
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Pescara , rigenerazione urbana , ritratti di città
Last modified: 20 Aprile 2018