Sono due, entrambi in difficoltà, i più recenti progetti bolognesi dedicati al design, nati nel 2010: uno di marca istituzionale e industriale, laltro indipendente. Nel primo caso, la sede locale di Unindustria ha chiamato a raccolta 200 tra aziende, progettisti e scuole di design, per realizzare il portale web Design Made in BO ove figurano alcuni prodotti del territorio ritenuti significativi per lalto livello dinnovazione, funzionalità e attenzione allambiente. La parte del leone la svolgono le aziende del settore edilizio e ceramico in particolare, nonché dellarredamento e dellilluminazione, ma liniziativa, presentata in occasione dellExpo 2010 di Shanghai, non è finora bastata a rilanciare il settore industriale, che vede in crisi alcune delle aziende coinvolte (come la motocicli Malaguti).
Open Design Italia è invece una mostra-mercato di autoproduzioni e produzioni in piccola serie a cadenza biennale, nata dallentusiasmo di un gruppo di professionisti (Elena Santi e Laura Succini in testa). Lidea è quella di segnalare i nuovi fermenti nella produzione, lo scopo quello di rinnovare le sinergie tra il mondo dei designer e quello degli artigiani. In preparazione alla seconda edizione prevista nel 2012 sono in programma dibattiti, workshop ed eventi, oltre alla manifestazione Open Design Italia Selected (18-20 novembre). Tuttavia, nonostante la prima edizione a Modena abbia registrato oltre 4.000 visitatori in soli tre giorni, Bologna non si è finora mostrata molto ricettiva, al punto che manca ancora una sede.
Il capoluogo pare trascurare anche leredità di quei pochi che pure hanno avuto un ruolo importante nel design internazionale. Per esempio, larchivio Gavina, dopo la bella mostra del 2010 al Mambo, giace – chissà per quanto – invisibile nei cassetti e nelle proprietà della famiglia. La città non sembra cogliere lopportunità di allestire un museo permanente: un lascito sostanzialmente perduto?
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