Dopo 10 anni di direzione, è tempo di passare il testimone. Perché il GAR deve rimanere giovane per affrontare le tante sfide che lo attendono
«Un giornale ha un’anima, un carattere, una sua natura particolare, capace – se rispettata – di rendere il tutto coerente e di tenerlo insieme, firme e lettori, generazioni diverse, storie e provenienze: giorno dopo giorno, un anno dopo l’altro» (Ezio Mauro)
Questa sorta di editoriale per il passaggio di consegne a Michele Roda non esprime alcuna summa filosofica. È piuttosto un amarcord.
A 12 anni dalla fondazione, nella primavera 2014 cessavano le pubblicazioni cartacee mensili de «Il Giornale dell’Architettura». Di fronte ai disavanzi di bilancio, la casa editrice Allemandi & C. stoppò le rotative, congedando tutta la redazione. Dopo qualche mese di completo smarrimento, grazie al sostegno di alcuni partner (commerciali e non), ci riorganizzammo in associazione culturale – The Architectural Post – e, ottenuto in licenza dalla casa editrice l’uso del marchio, in completa autonomia, dal 2015 riprendemmo, con la direzione di chi scrive, a pubblicare con continuità i contenuti sul sito web, compendiandoli nella newsletter settimanale, da allora il principale medium di contatto con il nostro pubblico: un’affezionata platea via via infoltitasi, che non ci ha mai fatto mancare il suo caloroso riscontro. Il primo grazie, dunque, va a tutte le nostre lettrici e lettori.
Risorta come un’araba fenice, la testata online ha faticato non poco per riacquisire parte dell’autorevolezza riconosciuta alla versione cartacea. La redazione si era disgregata, mancavano le grandi firme, più d’un autore s’era eclissato. Ma c’era anche un manipolo di giovani collaboratori, formatisi in quella fucina, che entusiasticamente affiancò i pochi superstiti per formare una nuova redazione. A tutti loro va il mio secondo grazie. Michele, che mi subentra alla direzione, è uno di quelli: conosciuto “per corrispondenza” e, solo dopo molto tempo, de visu.
Così, pian piano, abbiamo ripreso ad aggregare nuovi autori, a produrre inchieste e approfondimenti speciali, cercando di puntare sempre alla lettura critica degli accadimenti, evitando quanto più possibile i copia-incolla delle “razioni K” di comunicati stampa. Piuttosto rinunciando a coprire certe news perché fuori della nostra portata, qualora non fossimo stati in condizioni di farlo “sul campo”. Grazie alle proposte, ai contributi e ai report di tutte le nostre “antenne”, il Giornale prende forma giorno dopo giorno, quasi per miracolo: con una precisa linea editoriale, ma senza rigide programmazioni; dipende da che cosa offre, in quel momento, “la piazza”. In tal senso è ancora fertile l’intuizione di Umberto Allemandi, che nel 2002 fondò la testata mutuandone il modello dal collaudato «Giornale dell’arte». E grazie a Carlo Olmo, che ha conferito particolare spessore intellettuale ai contenuti, formandoci inoltre a una scrittura da giornalisti, sebbene tale registro non gli appartenga.
Ora, dopo 10 anni di direzione, è tempo di passare il testimone. Intanto, perché il rinnovamento dovrebbe essere nell’ordine naturale delle cose e, per usare un eufemismo, non bisognerebbe dimostrare troppa affezione alla poltrona: cosa peraltro non facile, specialmente nel nostro paese, in ogni ambito. Rimanendo in quello che ci riguarda, ad esempio, la direzione di «Casabella» è la medesima dal 1996 (tu chiamala, se vuoi, “continuità”…). Si potrebbe obiettare che, al contrario, «Domus» la cambia ogni anno, affidandosi a uno special guest: ma, in questo caso, potrebbe trattarsi di smarrimento della bussola…
Comunque, tornando a noi, nella sua veste agile e digitale il GAR è intrinsecamente giovane, e occorre essere giovani e open minded per affrontare le sfide che attendono il mondo dell’informazione e della comunicazione. Su tutte, il rapporto in continua evoluzione con i social network e quello, del tutto inedito, con l’intelligenza artificiale. Una partita che va giocata da chi, a differenza del sottoscritto, non rifugge le platee virtuali e possieda almeno uno smartphone.
Ma una cosa è certa: il GAR proseguirà il suo impegno determinato e appassionato, quale voce libera e indipendente per raccontare le culture del progetto e della città.
Per rinnovarsi e continuare a crescere, in Michele Roda il nostro Giornale non poteva trovare erede migliore. A lui vanno i miei più sinceri auguri!
Immagine di copertina: all’interno dell’ex Borsa valori di Torino (Roberto Gabetti, Aimaro Isola, Giorgio Raineri, 1956) in attesa di riqualificazione (© Valentina Esposito)