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Monica ZerboniWritten by: Professione e Formazione

Svizzera, un paese di demolitori (alla faccia dell’architettura circolare)

Oltre 10 edifici abbattuti al giorno per densificare e realizzare costruzioni ecocompatibili in modo poco ecologico. Non manca qualche esempio di riconversione

 

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A Zurigo, sulla centralissima Seebahnstrasse si trova una vetrina che è il barometro ecologico della Svizzera. Dietro al suo vetro un display scandisce ininterrottamente quanti rifiuti da costruzione vengono prodotti nel paese: sono 500 chilogrammi al secondo! Il dispositivo, installato nel 2020 e funzionante per dieci anni, informa di continuo la popolazione e la sensibilizza sulle politiche urbanistiche della Confederazione elvetica.

In Svizzera il settore edile privilegia ancora oggi il concetto di tabula rasa, ovvero la pratica di demolire interi edifici e al loro posto costruirne di nuovi. Una prassi motivata dall’esigenza di densificare il tessuto urbano esistente e di offrire soluzioni abitative ecocompatibili. In realtà un fenomeno di gentrificazione da più parti contestato poiché causa un eccessivo consumo di energia grigia e di risorse naturali, mentre minaccia il volto storico delle città e la rete dei contatti sociali. Secondo l’Ufficio Federale dell’Ambiente sono circa 4.000 gli edifici abbattuti ogni anno, ovvero più di dieci al giorno, che vengono sostituiti con nuovi insediamenti, spesso più costosi dei precedenti.

Non stupisce dunque che dei circa 90 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti annualmente nel paese, l’84% sia costituito da macerie edili, mentre circa un terzo delle emissioni di gas serra è causato dalle attività di costruzione e dagli edifici esistenti. Molte sono le voci che negli ultimi anni si sono levate contro le demolizioni a favore delle ristrutturazioni del patrimonio esistente, con iniziative popolari e richieste d’interventi da parte di una politica apparentemente poco attenta alla salute ambientale delle città. A conferma di ciò, l’attuale legge sulla pianificazione ambientale, aggiornata nel 2013, protegge con rigore habitat e biodiversità dei territori extraurbani, ma non considera l’impatto della CO2 prodotta dall’industria delle costruzioni in ambito urbano.

 

Una richiesta di circolarità

Le emissioni possono essere drasticamente ridotte se si allunga la durata di vita degli edifici e si aumenta il riciclaggio dei materiali”, affermano i componenti del gruppo Countdown 2030, un collettivo di progettisti e operatori del mondo dell’architettura a cui si deve l’installazione del barometro delle demolizioni. Essi aggiungono che “La quantità dei rifiuti da costruzione non sarebbe così rilevante se fosse utilizzata circolarmente come risorsa per nuove costruzioni”, suggerendo fra le possibili contromisure una tassa da applicare sulle emissioni di CO2 presenti nei materiali nuovi e un aumento dei costi di deposito delle macerie nelle discariche.

Per sostenere la causa dell’economia circolare gli architetti di Countdown 2030 danno vita a continue campagne di sensibilizzazione. Tra queste spicca l’atlante online delle demolizioni, una mappa interattiva online che permette di localizzare tutti gli edifici abbattuti in Svizzera a partire dal 2020, con dati che vengono aggiornati di continuo. Ogni cittadino è invitato a partecipare al progetto e a scrivere commenti e testimonianze personali su case o interi quartieri che non esistono più. Inoltre, il collettivo offre alle imprese edili che effettuano ristrutturazioni dei manifesti da appendere nei cantieri con la scritta “invece di demolire noi ristrutturiamo”.

 

Un appello che viene da lontano

Era il 1988 quando Ursula Koch, la prima donna a capo del Partito Socialista Svizzero (PSS), lanciò un appello contro le demolizioni facili: “Le nostre città sono già costruite. Occorre solo valorizzarle” aveva affermato, introducendo un concetto di rigenerazione urbana che allora pareva utopistico. Quasi 40 anni dopo, si chiama Contrastare la crisi climatica il documento programmatico presentato lo scorso ottobre dal PSS. Esso propone dieci punti a favore dell’ambiente, con particolare riferimento all’architettura circolare come strumento di conservazione del costruito.

Anche il collettivo Countdown 2030 di recente ha inoltrato una petizione con 10.000 firme al Consiglio e al Parlamento federali. In essa si richiede di applicare i principi di riciclabilità, economia delle risorse e basso consumo di suolo per gli interventi in ambito urbano, con particolare riferimento all’edilizia pubblica.

 

L’architettura circolare all’ETH…

Il tema è entrato anche nelle aule del prestigioso Politecnico di Zurigo. Qui dal 2021 gli studenti possono seguire un corso di Ingegneria circolare nell’ambito dell’architettura. Ne è titolare Catherine de Wolf, esperta d’innovazione digitale e cofondatrice di Anku, un’agenzia che produce filmati su tematiche ambientali e promuove la realizzazione di progetti ecosostenibili. “Sono gli stessi studenti a sentire l’esigenza di realizzare architetture ecosostenibili applicando dove possibile i principi della circolarità”, afferma de Wolf, che, insieme ai suoi studenti, ha realizzato una cupola geodetica in legno utilizzando solo i rifiuti di demolizione provenienti da un vecchio deposito di automobili.

 

… e al centro di due mostre

La crociata degli architetti ambientalisti non si esaurisce in iniziative popolari e appelli alle autorità competenti, ma sceglie anche la via della comunicazione museale. Infatti, due esposizioni in tempi recenti hanno richiamato l’attenzione sulla politica edilizia “usa e getta” che minaccia di cambiare il volto delle città.

La prima, svoltasi al Museo Svizzero dell’Architettura di Basilea lo scorso autunno, portava il titolo provocatorio “Die Schweiz-Ein Abriss” (La Svizzera-Una maceria). Promossa dagli agguerriti Countdown 20230, la rassegna intendeva testimoniare attraverso mappe interattive, filmati e fotografie l’impatto delle demolizioni sulla realtà urbana. La seconda esposizione è tuttora in corso alla Casa dell’Architettura (ZAZ) di Zurigo fino al 23 aprile: s’intitola “Verdichtung und Verdraengung” (Densificazione e dislocamento) ed è promossa dal collettivo MAS Housing degli studenti del citato Politecnico. I temi della densificazione urbana e della perdita della memoria storica ne costituiscono il focus che, attraverso il caso di quattro nuovi edifici attualmente in costruzione in diversi quartieri di Zurigo, offre le testimonianze dei residenti, minacciati d’un’inesorabile disgregazione sociale. Un’altra sezione della rassegna presenta casi analoghi di trasformazione urbana in Europa e in America, con uno sguardo critico sul fenomeno e sui suoi effetti.

 

Alcuni esempi

Nonostante la prevalenza di nuove costruzioni, la filosofia del riuso dei materiali e della riconversione degli edifici sta lentamente soppiantando la tradizionale mentalità del “nuovo senza compromessi” e si moltiplicano nel paese i progetti nati in nome della circolarità. Eccone alcuni esempi.

 

Primeo Energie Kosmos a Basilea

Nel 2022 il Centro Primeo di Munchenstein (Basilea), specializzato in studi sul clima e sull’energia, ha incaricato lo studio Rapp di Basilea di ristrutturare un edificio del 1932 sede del Museo dell’elettricità e d’integrarlo con un ampliamento. Oltre un terzo del materiale utilizzato è riciclato e proviene da fonti di approvvigionamento situate a breve distanza per limitare il consumo di energia grigia. Tutte le parti del progetto in cui non è stato possibile praticare il riuso sono state eseguite con materiale duraturo di alta qualità, così da poterlo inserire in futuro in un circolo virtuoso di ulteriori utilizzi.

 

Nuovo centro di riciclaggio Juch-Areal a Zurigo

La costruzione è il primo progetto pubblico completamente circolare esito di un concorso indetto dalla Municipalità e vinto da Graber Pulver Architekten. In conformità alle condizioni stabilite dal bando, la forma della struttura è stata determinata dal materiale riciclabile a disposizione, selezionato da una banca dati online. Elementi strutturali dell’odierno centro di riciclaggio della città verranno inseriti nella nuova opera, la cui estensione risulterà aumentata grazie a componenti provenienti da altri edifici pubblici in via di demolizione e catalogati in un elenco messo a disposizione dalla stessa Municipalità. Il nuovo centro, i cui lavori termineranno nel 2026, sarà un edificio smontabile e riutilizzabile. Confrontando il bilancio dei gas serra del progetto durante la costruzione con i valori di un nuovo edificio si determina un risparmio di quasi 600 tonnellate di CO2, cioè una riduzione di circa il 40%.

 

Padiglione 118 a Winterthur

Sull’area dismessa di un’ex impresa edilizia gli architetti di Bauburo Insitu hanno convertito un deposito industriale in una residenza per artisti utilizzando quasi esclusivamente componenti riciclati. Questa condizione ha vincolato la morfologia del progetto ma ha permesso di ridurre al minimo l’impiego di materiali nuovi. Tutte le parti della nuova testata, posta sopra il preesistente edificio centenario che ospita oggi l’Università di Scienze applicate, provengono da altrettante demolizioni. La facciata rossa di alluminio ondulato che caratterizza la nuova struttura di tre piani costituiva il rivestimento esterno di una tipografia. Anche pilastri, scale e finiture interne sono frutto di precedenti demolizioni. Tutta l’impiantistica ha trovato nuova vita, compreso l’impianto fotovoltaico, mentre un vecchio tetto di lamiera trapezoidale funge oggi da cassero per il controsoffitto in calcestruzzo rigenerato. Insignito di vari premi, il Padiglione 118 rappresenta un’applicazione esemplare della filosofia circolare e, col suo squillante colore, caratterizza il paesaggio urbano del quartiere.

 

Condominio a Klein Basel (Basilea)

In un quartiere operaio della città, caratterizzato da vecchi condomini di edilizia popolare e piccoli laboratori artigiani, lo studio Lukas Raeber ha realizzato un edificio di quattro piani con otto unità abitative sulla base di un preesistente negozio d’idraulica. L’edificio, costituito da elementi lignei prefabbricati e quindi decostruibile, implementa il concetto di urban mining secondo il quale tutti i componenti devono essere riutilizzabili, riciclabili e, dove possibile, compostabili. Nel piccolo condominio di Basilea, laddove praticabile, tutti gli elementi, compresi i pavimenti di legno, sono stati fissati solo con viti; nei bagni in acciaio cromato non ci sono giunture e le condutture del riscaldamento e dell’elettricità sono state lasciate a vista.

 

Risanamento di un palazzo storico a Zurigo

Situato all’angolo di un’importante via cittadina, il palazzo risalente agli anni trenta costituisce un’entità caratterizzante del quartiere, pur non presentando un particolare interesse architettonico. La scelta del progettista Thomas Hildebrand di non demolire l’edificio ma di risanarlo dotandolo di un ulteriore livello nasce dalla necessità di ampliare lo spazio abitativo, ma soprattutto dalla volontà di legittimare la memoria storica della città attraverso la valorizzazione del costruito. A questo scopo la sopraelevazione ha previsto l’utilizzo esclusivo del legno e di elementi prefabbricati, così da rendere possibile un futuro riuso degli elementi impiegati nella ristrutturazione.

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Autore

  • Monica Zerboni

    Nata a Torino e laureata presso l’Università Statale di Milano, è giornalista pubblicista, svolge attività giornalistica per testate multimediali e cartacee di settore. È stata corrispondente dalla Germania per le riviste “Abitare” e “Costruire”. Ha maturato esperienze professionali nell'ambito della comunicazione ed in particolare ha lavorato come addetta stampa presso importanti studi di architettura. Ha svolto attività di redazione, traduzione e coordinamento per varie case editrici. Scrive articoli e approfondimenti in italiano, inglese e tedesco per diverse testate specializzate e non, italiane e estere (Abitare, Costruire, Il Sole 24 Ore, In Town Magazine, Frame, Mark, Architektur&Wohnen, HOME, Home Journal, Perspective, Azure, Interiors, Urbis, Urbis Landscape, Vogue Australia ecc.)

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Last modified: 4 Aprile 2023