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Written by: Città e Territorio

Ritratti di città. Barcellona bene comune, la sfida di Colau

Ritratti di città. Barcellona bene comune, la sfida di Colau

Le elezioni municipali vedono la sindaca Ada Colau correre per un secondo mandato all’insegna del Yes you can in una dura battaglia contro quello che lei considera l’«establishment dello status quo». Breve bilancio di 4 anni di (buona) amministrazione

 

BARCELLONA. Il tempo è prezioso, soprattutto per Ada Colau (classe 1974; nella foto di copertina di Fernanda LeMarie; © Wikimedia Commons). Alle elezioni municipali del 26 maggio 2019 la riconferma del governo da lei presieduto al Comune non è affatto cosa certa, anzi, sono in pochi ormai a scommetterci. Le vicende politiche dell’ultimo anno e mezzo che hanno polarizzato l’opinione pubblica catalana tra indipendentisti e unionisti sembrano aver presentato il conto all’ex attivista (che non si è schierata con gli indipendentisti ma che ha appoggiato il referendum in quanto espressione democratica) che è entrata a Palazzo lasciando attoniti i partiti di sempre e i poteri forti. L’esigua maggioranza del suo partito, Barcelona en Comù, sta governando da quasi quattro anni con un margine d’azione considerevole, nonostante il fallimento di alcuni progetti importanti tra cui spicca il collegamento viario del tram lungo la Avenida Diagonal e la municipalizzazione dell’acqua potabile per mancanza di consenso da parte delle altre forze politiche, impegnate da mesi nella pre-campagna elettorale.

 

Città bene comune

Data per conclusa l’urbanistica dei grandi gesti, di fatto, il Comune guidato da Colau ha puntato molto sulla città, svoltando verso una politica “decentralizzata e metropolitana” al servizio del cittadino, cercando di mantenersi fedele al manifesto programmatico pre elettorale che proclamava, tra le altre cose, la lotta contro la disuguaglianza sociale e gli sfratti per motivi economici, per puntare sull’accessibilità a un alloggio per i ceti meno abbienti, la rimunicipalizzazione dei servizi privatizzati, favorire i processi partecipativi per, in ultima analisi, trasformare Barcellona in una città giusta e democratica, rispettosa della diversità.

 

Dai turisti ai residenti

Come ha dichiarato Janet Sanz, assessore all’Ecologia, urbanistica e mobilità: «Siamo passati dai viali “premium” e gli interventi a misura di turista della precedente legislatura a un’urbanistica decentralizzata, maggiormente distribuita su tutta la città, generatrice di attività economiche, i cui principali esempi sono quelli della riconversione dell’antica fabbrica tessile Can Batlló, dove trovano spazio una scuola, un progetto di economia cooperativa, un centro sanitario, e quella più recente dell’ex carcere La Modelo (fermo da diverse legislature) che segue gli stessi presupposti».

In tre anni la città ha guadagnato l’equivalente di 17 campi da calcio in zone verdi e di 15 in spazi pubblici, il prolungamento della linea metropolitana alla Zona Franca, la copertura di una porzione della Ronda di Dalt (la circonvallazione nord) ed è stato avviato il progetto di riqualificazione dei quartieri popolari contigui ai fiumi Besós e Llobregat, il cui termine è previsto per il 2026. Investimenti minori ma più distribuiti su tutto il territorio comunale, che spesso hanno meno visibilità mediatica.

Grazie agli accordi con le altre forze politiche, hanno visto la luce anche progetti come il Piano degli hotel (che impone per la prima volta delle restrizioni all’apertura di nuovi stabilimenti alberghieri, dividendo in tre zone la città, dove solamente in periferia si concederanno nuove licenze) e il nuovo Espai Barça (Spazio Barça: intervento che prevede la ristrutturazione delle installazioni sportive, ma anche una maggiore integrazione del recinto nell’intorno urbano: il Comune è riuscito a contrattare con il noto club calcistico locale un 40% di terreno da dedicare a uso pubblico), oltre al milionario investimento del Plan de Barrios (piano urbanistico che prevede la realizzazione di una serie di progetti decennali, con un preventivo di 150 milioni, nei quartieri con maggiore disparità e vulnerabilità sociale, con l’obiettivo di vivacizzarli economicamente, garantendo una maggiore coesione sociale; il Comune afferma che a marzo 2019 il 67% degli interventi è stato portato a termine con un investimento di 100 milioni). Va poi ricordata la regolarizzazione del cantiere della Sagrada Familia, che è stata obbligata a destinare 36 milioni per gli oneri corrispondenti mai pagati e il finanziamento delle spese municipali generate dalla sua attività.

 

Bilanci economici e legalità

Il bilancio economico del Comune è positivo e il governo assicura che ha realizzato il 70% del programma: secondo il Piano municipale degli investimenti 2016-2019, tra i progetti eseguiti e previsti, sono 1.569 i milioni stanziati, di cui 482 quelli per il 2018.

Una delle prime campagne della sindaca è stata quella mossa contro i grandi fondi d’investimento e certa industria speculativa del turismo, rei di generare dinamiche incontrollate di gentrificazione dei quartieri centrali e la distruzione del piccolo commercio, snaturando così la città. Il Comune ha dichiarato guerra agli appartamenti turistici illegali (più di 3.000 quelli obbligati a cessare l’attività) ed è riuscito a frenare lo strapotere di Airbnb con una multa di 600.000 euro e un accordo che è servito da monito ad altre piattaforme simili. Il Comune ha voluto mettere in chiaro che la guerra intrapresa non è contro il turismo, ma contro chi agisce al di fuori dalla legalità.

 

Politiche della mobilità

Altro obiettivo della Giunta Colau è stato quello di rendere Barcellona una città sostenibile, meno inquinata e di restituire la strada ai pedoni: il nuovo Piano della mobilità urbana 2019-2024 (PMU) ha come obiettivo la riduzione della mobilità privata su gomma: dal 26,1% d’inizio mandato a un 20% nel 2024. Contemporaneamente prevede l’aumento degli spostamenti in trasporto pubblico dal 39,5% al 43,3%. Le piste ciclabili in città sono aumentate del 76%. «La mobilità non è un lusso, è un diritto», ha affermato Colau, che ha lottato anche per evitare aumenti delle tariffe del trasporto pubblico.

 

Diritto alla casa

Senza dubbio, la Giunta Colau ha messo in chiaro fin da subito la sua lotta per la difesa del diritto alla casa. Il Comune ha acquistato edifici che stavano per essere comprati da fondi speculativi per evitare lo sfratto degli inquilini, multato le banche che non mettevano sul mercato gli appartamenti sfitti, concesso finanziamenti pubblici per la ristrutturazione degli immobili con l’obbligo di non espellere per almeno un biennio gli inquilini, riducendo di un 19% gli sfratti. 

Prioritario per il mandato, riuscire a realizzare il maggior numero possibile di alloggi popolari. Ma dei 8.854 appartamenti promessi in campagna elettorale nel suo Piano casa 2016-2025 (di cui 4.000 di nuova costruzione), saranno forse 1.500 quelli realizzati al termine della legislatura, di cui 700 acquistati dal Comune a questo scopo, anche se l’assessore alla Casa Josep Maria Muntaner ha affermato che per il 2022 sarà raggiunta quota 13.000 grazie alla sessantina di progetti già approvati.

È dello scorso 28 settembre quella che la stessa Colau ha definito “una vittoria storica nella lotta per la difesa del diritto alla casa”. Grazie all’appoggio dei partiti di sinistra e degli indipendentisti è stata approvata una misura pionieristica per l’intera Spagna: l’obbligo di destinare il 30% delle nuove costruzioni o ristrutturazioni di edifici residenziali (che prevedono superfici abitabili di almeno 600 mq) ad alloggi di edilizia sovvenzionata.

 

Partecipazione

Anche grazie ai suoi trascorsi come attivista, Colau ha fatto del processo partecipativo un punto centrale del suo mandato. Il Comune ha predisposto una piattaforma che promuove il coinvolgimento degli abitanti nelle decisioni che riguardano la città: Decidim (“Decidiamo” in catalano) è aperta ai cittadini e alle organizzazioni locali che possono avanzare proposte e dire la loro sui progetti in corso, sia attraverso il web che attraverso riunioni. La sindaca non ha rinunciato, infatti, a un contatto diretto e frequente con la cittadinanza, con cui si è riunita a livello di quartiere con cadenza bisettimanale, per raccogliere i suggerimenti, le necessità e i problemi, dibattendo personalmente i progetti in corso.

Nella battaglia pre-elettorale di queste ultime settimane, dove tutti sono contro tutti e tutto (o quasi) vale, Colau, il cui partito non gode dell’appoggio delle elite e delle lobby, può contare soprattutto sulla sua consolidata leadership e sul potere del singolo cittadino, che mantiene costantemente informato grazie all’ampio uso dei social network e di un canale youtube predisposto ad hoc, per dare la sua versione dei fatti. In una città sempre più a misura di turista, businessmen o delle classi più abbienti, Colau si è schierata apertamente contro i poteri forti e dalla parte dei cittadini di estrazione popolare. Vedremo che cosa decideranno i barcellonesi il prossimo 26 maggio.

Autore

  • Francesca Comotti

    Laureata in architettura al Politecnico di Milano nel 1998, dopo alcuni anni come libero professionista rivolge la sua attenzione al mondo editoriale, formandosi presso la redazione della rivista «Area» e il settore libri di Federico Motta Editore. La tesi in urbanistica, con i professori Giancarlo Consonni e Giuseppe Turchini le apre (inconsapevolmente) la strada verso quella che è diventata la sua città di adozione, Barcellona, dove risiede dal 2004. Da qui consolida il suo percorso professionale come giornalista freelance specializzata in architettura contemporanea, collaborando stabilmente con alcune testate di settore italiane e come corrispondente per «Il Giornale dell’Architettura». Per la casa editrice spagnola Loft Ediciones ha pubblicato come co-autrice «Atlas for living», «Atlas de arquitectura del paisaje» e «Sketch landscape»

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Last modified: 16 Aprile 2019