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Written by: Professione e Formazione

Sergio Jaretti Sodano (1928-2017)

Sergio Jaretti Sodano (1928-2017)

Scomparso uno degli ultimi grandi protagonisti della scena architettonica del dopoguerra a Torino: dal sodalizio con Elio Luzi, allo sconfinamento nel design, alla ricerca teorica e critica e alle ipotesi di studio, sempre originali e controcorrente

 

Con Sergio Jaretti scompare uno degli ultimi grandi protagonisti della scena architettonica torinese del dopoguerra. L’attività intensissima di Jaretti (laureatosi al Politecnico di Torino nel 1954), portata avanti per un ventennio con Elio Luzi (1927-2006), poi, dal 1974, indipendentemente, ha lasciato opere di particolare qualità che in molti casi caratterizzano il tessuto urbano, sempre in maniera sorprendente.

Lo straordinario sodalizio professionale della coppia è stato caratterizzato sin da subito – pur nella diversità di atteggiamento e con punti di vista, anche ideologici, talvolta opposti – da un’acuta insofferenza per le soluzioni precostituite, da un’ansia di sperimentazione, da quella che lo stesso Jaretti definì come la «febbre del fare». Uno dei primi prodotti della collaborazione, il palazzo dell’Obelisco (1955-58), ricerca in maniera del tutto originale una via di fuga dalle strettoie del tardorazionalismo, reificando in un oggetto edilizio complesso attenzioni storiografiche, citazioni stilistiche, sperimentazioni tipologiche e reinterpretazioni tecnologiche di materiali alla lunga tradizione, come il litocemento. Un unicum destinato a non venire replicato e, almeno inizialmente, scarsamente compreso.

La prolifica stagione degli anni sessanta vede la realizzazione di una lunga serie di edifici, perlopiù residenziali, che vanno dalle case di via Saluzzo (1960-62), corso Orbassano (1961-63), via Curtatone (1962-65), alla propria casa in via Borgofranco (a fianco della villa “sorella” di Luzi, 1963-66), fino al tour de force delle torri Pitagora (1963-68): edifici caratterizzati dalla scomposizione delle facciate, dalla ricerca spasmodica della migliore configurazione distributiva, dall’uso inaspettato dei materiali, come il mattone paramano impiegato “di quarto”. Si tratta quasi sempre di edifici realizzati in lotti difficili, i cui vincoli divengono stimoli per invenzioni tipologiche sempre volte al massimo soddisfacimento dell’abitante. Accanto ai temi edilizi, negli stessi anni vengono condotte incursioni nel campo del design, con gruppi dalla geometria variabile (La Disegnofila, Anonima Design). Se la torre Mirafiori e le residenze di strada del Drosso (1970-74) preludono alla separazione delle carriere professionali di Jaretti e di Luzi, allo stesso tempo alcuni temi che in questi ultimi edifici diventano preponderanti, come l’uso accurato del colore e la semplificazione della maglia strutturale, caratterizzeranno altre opere di Jaretti, come il complesso di Garessio 2000 (1974-79).

Nel percorso di Jaretti, a partire dagli anni settanta, l’attenzione si sposta dall’edilizia tout court a temi di ricerca più concettuali e generalizzabili, così che «la macchina da scrivere aveva preso posto sul tecnigrafo» (con qualche significativa e singolare eccezione, come il sovrappasso pedonale al quartiere Vallette, del 1980). Lo studio di Jaretti e il parallelo gruppo di ricerca “Il Pensatoio” si occupano di studi e consulenze sull’uso del colore, di politiche territoriali legate al tempo libero, di progettazione partecipata, conducono insistiti studi sugli spazi pubblici e propongono progetti paesaggistici (XVII Triennale di Milano). Un’inusuale curiosità intellettuale porta Jaretti a manifestare un precoce interesse per le modalità d’interrelazione tra informatica e architettura, per i temi del riuso del patrimonio edilizio esistente, per lo studio d’installazioni effimere, fino a più recenti attenzioni per temi “sociali” come il co-housing e la sostenibilità.

Ancora nel 2005, la partecipazione alla competizione bandita da «Domus» per l’allora incompiuto Ryugyong Hotel a Pyongyang diventa occasione di durissima polemica con l’amoralità della richiesta di concorso, attraverso la redazione di alcune provocatorie «modeste proposte» à la Swift. Nel 2015, l’ultima pubblicazione curata da Jaretti, un quaderno di ricerca dedicato al rapporto tra Humour e architettura, testimonia di un’inesausta ricerca volta, sin dagli esordi, a un’illuministica ricerca della felicità.

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Last modified: 18 Gennaio 2017