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Cristina FiordimelaWritten by: Progetti

Museo Ostiense, dialoghi tra antico e moderno

Museo Ostiense, dialoghi tra antico e moderno

All’interno del Parco archeologico, visita al riallestimento su progetto di Balletti+Sabbatini

 

OSTIA (ROMA). Il 10 luglio scorso, a 3 anni dal riordinamento del Museo delle navi di Fiumicino (2021), il Parco archeologico di Ostia antica si è rinnovato con il riallestimento del Museo Ostiense, ad opera dello studio umbro Balletti+Sabbatini. Il progetto è parte di un finanziamento CIPE di 3.366.588 euro che comprende anche il restauro delle opere esposte.

Il Museo Ostiense è allestito nel Casone del sale (di origine cinquecentesca) che 90 anni fa, nel 1934, Guido Calza, archeologo alla direzione degli scavi di Ostia insieme a Italo Gismondi, l’architetto archeologo noto anche per essere l’autore del plastico della Roma di Costantino al Museo della Civiltà romana all’Eur, convertono in Museo Ostiense. Il Casone del sale, usato per ricoverare il sale importato o esportato da Ostia (detto anche chasa del sale o casa d’Hostia), poggia sui resti di un magazzino di epoca romana con dolia, i grandi – e mitologici – contenitori di terracotta per derrate alimentari, inscritto in un’area, sulle sponde del Tevere verso il mare, che ha conservato la connotazione commerciale fino all’Ottocento. Il Casone aveva anche un gemello, il Casalone, anch’esso edificato sulle rive del Tevere, ma più vicino alle saline e al borgo medievale.

 

Dal Casone del sale al Museo Ostiense, evoluzione di un monumento storico

La conversione dell’edificio storico del Casone in museo risale al 1865-68 con il primo progetto dell’ingegnere Guido Romiti che, sotto l’egida pontificia tanto dell’area archeologica quanto del commercio del sale, all’epoca già ridottissimo con il conseguente abbandono dell’edificio, ne modificò l’accesso, originariamente posto verso il fiume, collocandolo dirimpetto all’area degli scavi con la nuova facciata in stile neoclassico, e ne stravolse l’impianto a navata unica del magazzino, con l’aggiunta di tre sale e due abitazioni laterali per il personale di custodia e di direzione del museo.

Il Museo Ostiense costituì fin dall’inizio il baluardo a depredazioni e disseminazioni di materiali da costruzione e di opere che si erano perpetuate per secoli, e quando arrivò a compimento, negli anni ‘30, fu una svolta.

Il fatto di essere un edificio storico all’interno dell’area archeologica ha dato l’incipit a una filosofia museale basata sulla prossimità tra opera e contesto che oggi perdura e si evolve, dando la possibilità di ricucire il rapporto tra l’arte statuaria e l’architettura urbana attraverso un sistema di rimandi e di molteplici percorsi di cui il museo è uno snodo, e non necessariamente l’inizio, o la fine, dell’itinerario del pubblico.

Tra cumulo e vuoto, frammento e continuità, scultura e città

Il Museo Ostiense prende corpo da un luogo che fin dagli esordi custodisce un legame dialettico tra addizione e sottrazione, tra misura e forma, dal proto-design del dolium con le sue varianti coniche, al rapporto tra cumulo e vuoto nel Casone del sale, fino alla trama degli scavi del tessuto urbano che a Ostia antica costituisce un unicum per la varietà dei tipi architettonici riportati in luce da Calza (Le origini latine dell’abitazione moderna, 1923) e Gismondi come tasselli fondamentali per argomentare il tema fondante del Parco archeologico di Ostia antica.

La continuità tra antico e moderno con cui Calza e Gismondi interpretarono la restituizione degli scavi archeologici, associando allo scavo la ricostruzione nel motto “conservare è rivelare”, oggi è il “sale” metodologico del progetto museografico di Balletti+Sabbatini. La dialettica tra frammento e lacuna, che permea l’attraversamento della città antica, conforma anche il riallestimento del Museo Ostiense, connettendo le opere al contesto urbano, e viceversa.

Alla base del progetto museografico è il riordinamento scientifico delle opere statuarie secondo una narrazione che le ricomprende nei brani architettonici da cui provengono. Oggi, l’allestimento rinnovato recupera i principi innovatori salienti della visione museale di Calza e Gismondi, che si erano un pò persi nei successivi interventi tra gli anni ‘’50 e ‘70,  assommando un’ulteriore liaison tra scultura e città che dà risalto alla vita cittadina riorganizzando le opere, di cui alcune mai esposte, per temi.

 

L’allestimento

Il nuovo protagonista del racconto museale è l’abitante. Questo intreccio narrativo complesso che connette l’architettura alla vita civica di Ostia antica, il museo al parco, e l’abitante all’osservatore, trova nella regola antica la sintesi museografica: stabiltà, funzionalità, bellezza.

I 7 caposaldi tematici, le origini e l’età repubblicana, il potere imperiale, gli spazi civici, la gente, le religioni e i culti, le necropoli del territorio, le forme dell’abitare, si svolgono in 12 sale, ottimizzando le simmetrie e le infilate prospettiche della pianta aulica, per ottenere effetti scenografici che aprono le opere d’arte a nuove letture: come spicca, ad esempio, nella contrapposizione tra la modernità della “folla” dei volti scultorei senza nome e la fissità storica degli ingombranti ritratti dei personaggi imperiali.

Il nuovo assetto museografico aderisce all’architettura preesistente, da cui nel contempo si disgiunge con sottili linee d’ombra, create dai sottogradi dei basamenti, dei controsoffitti, delle modanature, delle schermature dei lucernari e dei setti complanari, che celano nella purezza di forme essenziali avanzate tecnologie d’illuminazione e conservazione, ingegnose strutture di sostegno e isolatori sismici per ogni opera.

Il rapporto scultura-sfondo si dissolve assecondando le curve parietali e i raccordi angolari arrotondati, nell’intento di “far perdere il riferimento spaziale della stanza a favore della parete continua”, spiegano Balletti+Sabbatini, con la campitura di un fondale uniforme dalla tinta neutra e profonda, morbida, quasi diafana, che accentua la materia scultorea, a sua volta illuminata restaurando i lucernari esistenti con schermature che diffrangono e diffondono la luce naturale in modo indiretto, mantenendola costante anche artificialmente.

La ricerca di una sintesi formale investe le diverse scale del progetto, arrivando alla coincidenza tra supporto e lacuna nelle cosiddette opere lacunose, come, ad esempio, nell’arco stilizzato di Eros, in Amore e Psiche, che sostiene e sollecita l’opera scultorea completandone l’immagine. 

Immagine copertina: Museo Ostiense (© Balletti+Sabbatini)

 

Appuntamento al museo con i cloni delle opere

Presso il Museo Ostiense, sabato 26 ottobre, alle ore 11, è in programma la seconda tappa (dopo la prima, l’8 settembre presso il Museo archeologico di Mozia) del progetto lanciato dalla start up artificial™. Verranno presentati i cloni, realizzati in materiali ecocompatibili in scala 1:1, di varie opere presenti nel museo (Eros che incorda l’arco, Iside Pelagia, Athena, Faustina Maggiore, Ritratto di donna patrizia, Imperatori Traiano e Adriano, Marciana). interverranno anche Alessandro D’Alessio, direttore del Parco Archeologico di Ostia antica, e Ubaldo Spina, referente della sezione Design del nostro Giornale, media partner dell’iniziativa. Iscriviti gratuitamente qui

Autore

  • Cristina Fiordimela

    Architetta museografa, docente al Politecnico di Milano. Insegna architettura degli interni, exhibition design e si relaziona con le arti contemporanee (commons), di cui scrive su riviste specializzate italiane e internazionali. La museografia è il filo rosso che attraversa sia l’impegno teorico, sia la progettazione e la messa in opera di allestimenti che riguardano le intersezioni sensibili all’arte, alla scienza e alla filosofia, in sinergia con enti universitari, musei e istituti di ricerca. L’indagine su media art come dispositivi di produzione artistica in commoning è l’ambito di studio e di sperimentazione delle attività più recenti, da cui prende corpo con Freddy Paul Grunert, Lepetitemasculin, dialogo nello spazio perso, iniziato al Lake County, San Francisco

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Last modified: 26 Settembre 2024