Tre libri, in controtendenza, s’interrogano su questioni ontologiche
Se negli ultimi anni la cultura architettonica si è confrontata con temi nuovi che hanno messo alla prova la sua capacità di affrontare le sfide della contemporaneità (processi di trasformazione del territorio sempre più dinamici e instabili, coinvolgimento delle comunità, evoluzione della tecnologia e dei sistemi di comunicazione, cambiamento climatico…), alcune recenti pubblicazioni sembrano andare in controtendenza con riflessioni che recuperano temi tradizionali dell’ambito disciplinare.
Il libro Semplicità. Riflessione su una dimensione dell’architettura di Lorenzo Dall’Olio (Marinotti, 2020, pp. 256, € 25) ha il pregio di affrontare una chiave di lettura originale e poco frequentata dalla cultura architettonica e dalla critica, a partire da un’accurata disamina delle sfumature di significato del termine in relazione ai suoi opposti: semplice vs complesso, ma anche vs complicato. Se infatti nella stagione del Moderno la semplicità è stata promossa come un valore da conquistare, andando all’essenza del problema architettonico, nel mondo contemporaneo domina il dibattito sulla complessità come condizione operativa peculiare della nostra epoca. Sebbene si possa considerare un aspetto ontologico del lavoro dell’architetto, non c’è dubbio che la complessità sia stata enfatizzata negli ultimi decenni non solo come dato fondativo della contemporaneità, ma anche come qualità propria dell’architettura più recente, caratterizzando il processo progettuale ma anche l’esito. Secondo l’autore proprio la retorica della complessità ha innescato in tanti architetti contemporanei l’aspirazione a una nuova semplicità, intesa come capacità di fare sintesi, di dissimulare la difficoltà del processo e delle condizioni operative, lasciando comunque intravedere la profondità delle questioni per non scivolare nella banalità. Il libro è accompagnato da una serie di fotografie che illustrano come un racconto parallelo e autonomo diverse espressioni della semplicità nell’architettura moderna e contemporanea.
L’ultimo libro di Marco Biraghi, Questa è architettura. Il progetto come filosofia della prassi (Einaudi, 2020, 190 pagine, € 20) si cimenta nella difficile sfida di dare una definizione aggiornata dell’architettura, posizionandosi tra quella esclusiva di Adolf Loos legata alla pienezza di senso infusa da una civiltà ai propri manufatti e capace di suscitare uno stato d’animo come il tumulo nella foresta (dat ist architektur), e quella onnicomprensiva di Hans Hollein, legata alla sua trasformazione in mezzo di comunicazione, che implica il rischio di uno svuotamento di senso (alles ist architektur). Considerando la prima accezione del termine troppo restrittiva e la seconda tanto estesa da risultare indeterminata, l’autore ricerca l’essenza dell’architettura nell’opera e nel pensiero di alcuni maestri come Aldo Rossi, Pier Luigi Nervi, Luis Barragán, Gio Ponti, Alvar Aalto, Paulo Mendes da Rocha, Mies e l’imprescindibile Le Corbusier.
Esplorando nella direzione opposta i nuovi territori ai confini dell’architettura, Alessandra Capuano cura un volume ricco di riflessioni teoriche che tratteggia possibili linee evolutive della disciplina a partire da incursioni in ambiti anche molto lontani, senza esprimere nostalgia per la perduta centralità ma accettando le opportunità date dalla sua perdurante condizione di crisi. Cinque temi del modernocontemporaneo. Memoria, natura, energia, comunicazione, catastrofe (Quodlibet, 2020, 264 pagine, € 28) offre una rassegna di saggi su alcuni termini con cui la cultura architettonica contemporanea è chiamata a misurarsi quotidianamente e che secondo la curatrice affondano le radici nella modernità. I contributi, firmati da giovani dottorandi, docenti e autori prestigiosi come Paolo Portoghesi e Franco Purini, affrontano diversi aspetti di questioni complesse che si allontanano progressivamente dallo specifico disciplinare, quali l’identità dell’architettura e della città in relazione all’eredità del passato, i problemi ambientale ed energetico, le infrastrutture di scambio materiali e immateriali, la cura dei luoghi.
Immagine di copertina: Herzog & De Meuron, Schaudepot Vitra, Weil am Rhein, 2016 (© Lorenzo Dall’Olio)
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Last modified: 25 Gennaio 2022