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Renato BocchiWritten by: Professione e Formazione

Carme Pinós, architettura come slancio vitale

Carme Pinós, architettura come slancio vitale

Un ritratto della progettista catalana, vincitrice del Premio nazionale spagnolo 2021

 

La giuria del Premio nazionale dell’architettura di Spagna, presieduta da Alvaro Siza Vieira, ha assegnato alla catalana Carme Pinós Desplat (1954) il prestigioso premio per il 2021, sottolineando “la responsabilità sociale e la sostenibilità perseguite nei suoi progetti” e menzionando “la trasversalità della sua attività professionale, che promuove il dialogo dell’architettura con altre discipline e dimostra una grande capacità divulgativa sia in patria sia all’estero”. Di seguito proponiamo una breve nota di recensione dell’autore al lavoro di Pinós, pubblicata a prefazione del saggio di Claudio Conenna, Trazas de contexto hechas Arquitectura. La obra de Carme Pinós, in “Arquitectura y Humanidades” (Universidad Nacional Autonoma de Mexico, 2020).

 

L’opera di Pinós si colloca in un vasto quadro di relazioni con molte espressioni significative dell’architettura contemporanea, con riferimenti certamente all’opera di grandi maestri come Le Corbusier e Alvar Aalto e naturalmente entro la temperie culturale catalana da cui origina la sua formazione. Raccogliendo una sottile intuizione di Rafael Moneo, tuttavia, si può definire l’innegabile cifra “emozionale” del suo lavoro in relazione ad una sorta di empatica immedesimazione del suo temperamento umano, personale, con la connotazione figurativa della sua architettura. Un’architettura dalle forme spesso articolate, dinamiche, talvolta esuberanti o persino irrequiete, oppure addirittura “gesticolanti” (il termine è proposto da Conenna), proprio allo stesso modo con cui Pinós racconta i suoi progetti con i gesti intensi delle mani e delle braccia più ancora che con le parole, ridisegnandoli nell’aria, quasi a ripeterne le linee vergate sulla carta.

Mi piace soffermarmi su quest’ultimo aspetto, che sempre mi ha colpito durante gli anni dell’ormai lunga amicizia con Carme, al punto che parecchi anni fa per un suo intervento all’Università Iuav di Venezia, in cui illustrava i suoi progetti relazionati con il paesaggio, escogitai il titolo Il senso di Carme per il paesaggio, a rimarcare quell’evidente “sensualità” che caratterizza il suo modo d’interpretare le forme del paesaggio e trasferirle in certo modo nelle sue architetture. Pinós, infatti, cerca un contatto diretto, “corporeo”, con le forme del paesaggio così come con gli spazi della vita di tutti i giorni, piegando con sapienza il suo ricco vocabolario di forme a costruire spazi di relazione e di socialità luminosi e intensi.

Il Caixa Forum a Saragozza (2008-15), certamente uno dei punti più alti della sua produzione, è una testimonianza fulgida della capacità nel conferire all’oggetto architettonico un ruolo decisivo di coniugazione dei rapporti morfologici e topografici fra i tessuti urbani che lo contornano, senza per questo rinunciare ad una sua autonoma iconicità – o per meglio dire “personalità” – e soprattutto riuscendo a definire un’intensità evidente di rapporti dentro/fuori, che vivifica gli ambienti del nuovo centro culturale e identifica ciascuno di essi nelle loro peculiari caratteristiche spaziali.

Durante il dibattito seguito a un’altra conferenza nelle aule veneziane nel novembre 2019 – dedicata appunto al rapporto della sua architettura con l’esperienza degli spazi della vita quotidiana (poi pubblicata nel volume L’architettura e l’esperienza dello spazio, Mimesis, Milano 2020) – Pinós dichiarava esplicitamente di “interpretare questo rapporto in una dimensione per così dire corporea”. A tale dimensione sensibile, si unisce tuttavia un interesse spiccato per la vita collettiva, per cui l’esperienza dello spazio è da lei costantemente interpretata in diretto collegamento con la dimensione sociale degli spazi, sia quelli urbani sia quelli interni d’uso collettivo. “Lo spazio architettonico – ha spiegato agli studenti nell’occasione – deve aiutarci a trovare rapporti umani e perciò a socializzare, sicché per esempio per la piazza Gardunya a Barcellona (2014-15) ho disegnato uno spazio urbano articolato che interpreta i modi degli spazi urbani medievali, esattamente come si vivono gli spazi urbani di Venezia, i quali infatti possiedono una forte potenzialità a favore della vita sociale”.

Tale ricerca implica dunque due strategie parallele, che costituiscono leitmotiv dei suoi progetti: la prima implica uno stretto legame istituibile fra le architetture e il loro contesto urbano e paesaggistico; la seconda implica un rapporto delle forme costruite con la scala umana e il vissuto degli abitanti, in termini di dispositivi spaziali ed elementi della costruzione che sono congegnati in stretta simbiosi con le caratteristiche di percezione e quindi di appropriazione degli spazi stessi. Ne deriva quello che ella stessa definisce “un linguaggio plastico in qualche modo seduttivo, un’eleganza astratta delle forme”. Di nuovo, la sensibilità personale della progettista diventa un tramite verso la dimensione esperienziale degli spazi offerta agli utenti: da cui deriva il suo interesse a scrutare con estrema curiosità la vita quotidiana nei vari luoghi per poterla interpretare quasi antropologicamente nei progetti. Ne conseguono l’attenzione a definire gli attacchi a terra degli edifici, il taglio delle finestrature, le penetrazioni della luce negli edifici, le terrazze che si aprono al paesaggio, le scale che si aprono verso l’interno e verso l’esterno…

C’è senz’altro in questo anche una componente spiccatamente femminile, che con certa maliziosa ironia talvolta Pinós sottolinea, come quando per la Torre Cube 1 a Guadalajara (2002-05) ricorda come abbia voluto realizzare una balza che consentisse di mostrarne le gambe, o per la Torre Cube 2 (2009-14) spiega che ha voluto ottemperare alla richiesta di “visibilità” da parte dei clienti non tanto lavorando su un mascolino competitivo slancio verticale quanto su un più femminile mostrarsi sporgendo avanti il naso. Penso, tutto sommato, che nel clima latino-americano del Messico la sensitività architettonica di Pinós abbia trovato, e possa in futuro trovare ancora, un terreno assai fertile e congeniale.

Finalmente, prima con la medaglia della Creu de Sant Jordi nel 2015, ed ora con il Premio nazionale dell’architettura 2021, anche il suo paese natale ha riconosciuto i grandi meriti del suo lavoro.

 

Immagine di copertina: Carme Pinós durante i November Talks 2019 all’università Iuav di Venezia (foto Nicolò Zanatta)

 

Autore

  • Renato Bocchi

    Nato a Trento nel 1949, architetto, fino al 2019 professore ordinario di composizione architettonica e urbana presso l’Università Iuav di Venezia, dove ha diretto il Dipartimento di Progettazione dal 2005 al 2008. Ha insegnato all’Università di Trento dal 2003 al 2010. È membro del dottorato in Architettura. Teorie e Progetto, della Sapienza Università di Roma e del dottorato in Architettura, città e design dell’Iuav. Il suo principale campo di ricerca riguarda le relazioni tra arte, architettura, città e paesaggio. Ha diretto la rivista “Archint” (1995-2000). È stato consulente per il Piano del centro storico (1980-84) e per il nuovo Piano di sviluppo (2000-2001) della Città di Trento. È stato coordinatore nazionale del programma di ricerca “Re-cycle Italy” fra il 2013 e il 2017. Tra le sue ultime pubblicazioni: “La materia del vuoto” (Universalia, 2015) e “Progettare lo spazio e il movimento” (Gangemi, 2009). È in uscita per le edizioni Carocci il nuovo libro “Spazio arte architettura”.

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Last modified: 15 Dicembre 2021