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Written by: Biennale di Venezia

Il “fronte” per i padiglioni nazionali

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ARGENTINA: “experimentAR Poéticas desde la frontera” di Luigi Bartolomei

Declina la frontiera come spazio metafisico al Padiglione argentino all’Arsenale, che forse il rarefatto allestimento in ventagli di legno non riesce pienamente a disvelare per un’interpretazione del lavoro di Rafael Iglesia e di Jorge Scrimaglio che talvolta pare cedere alla seduzione dinamica e formale delle evoluzioni di Santiago Calatrava


 

AUSTRALIA: “The Pool – Architecture, Culture and Identity in Australia”  di Daniele Campobenedetto

La riflessione australiana, cosi come il suo tema centrale, potrà sembrare leggera e lo stratagemma dello spazio relazionale avrà un retrogusto vintage. Ma poco sotto la superficie dell’acqua affiora qualche scoglio di senso


 

AUSTRIA: “Places for people” di Zaira Magliozzi

Offrire un riparo, allestire spazi di vita decorosi e creare i presupposti per una buona convivenza sociale fanno parte da sempre dei compiti essenziali dell’architettura. Su questo basilare ma non scontato ragionamento, il padiglione austriaco ha costruito il proprio tema di ricerca, in un momento in cui la condizione dei profughi risulta essere centrale per tutti gli stati europei ponendo sfide e stimoli enormi


 

BAHRAIN: “Places of production aluminium” di Alessandro Colombo

Raffinato, monomaterico, perfettamente riciclabile e, quindi, sostenibile. Basterebbe questo per descrivere il bel padiglione che affidato ad Anne Holtrop e Noura Al-Sayeh per descrivere una specificità produttiva poco nota rispetto all’imperante petrolio. L’alluminio è il materiale principe di una tradizione artigianale locale che risale a tremila anni fa e che oggi perdura sia a livello di piccola manifattura che di grande industria


 

BELGIO: “Bravoure” di Silvia Berselli

Architecten De Vylder Vinck Taillieu, Doorzon Interieur Architecten e Filip Dujardin formano il collettivo Bravoure (Bravura), che si propone di indagare “il significato dell’artigianato in un periodo di regressione economica” in quanto, secondo i curatori, “la scarsità di mezzi richiede un alto livello di precisione”


 

BRASILE: “Juntos” di Luigi Bartolomei

Nonostante un’esposizione che amplifica la propria visibilità anche grazie ai poster colorati che emergono, arrotolati, dalle sacche dei visitatori tra i viali della biennale, la proposta del padiglione appare timida già nella sua introduzione, con un riferimento a Bo Bardi che non riesce pienamente a svelarne la cifra, trascurando i progetti che più degli altri s’impongono come forma e costruzione sociale


 

CANADA: “Extraction” di Luigi  Bartolomei

Open air per la prima volta nella storia della Biennale, la mostra nazionale del Canada è in esilio dal suo padiglione che rimane chiuso per motivi di restauro o fors’anche per ragioni politiche, dato l’approccio irriverente se non addirittura insurrezionale rispetto alla Corona Britannica che regge l’unica grande monarchia del Nordamerica. Vuole esplorare la storia del compartimento minerario canadese, giustappunto conteso con le suddette potenze internazionali


 

CILE: “Against the tide” di Natalia Woldarsky Meneses

Lo sguardo della critica internazionale spesso ha puntato verso Santiago e Valparaíso. Gli estremi nord e sud sono composti principalmente da zone rurali-agricole che rimangono spesso estranee a qualsiasi rappresentazione o discorso d’architettura. «Controcorrente» è dedicata ai lavori di giovani dell’Università di Talca che stanno costituendo una nuova generazione fortemente radicata ad un paesaggio rurale, con un approccio prima assente


 

CINA: “Daily Design, Daily Tao­‐Back to the ignored front”  di Alessandro Colombo

In mostra ci sono gli elementi della natura, la terra, il fuoco, il legno che danno vita, in un buio allestimento scandito da tepee autoilluminati, a tuniche tessute, strutture in legno legato, strutture in legno ad incastro, sedute ed arredi elementari che inneggiano alla forza dell’artigianato prodotto dalle mani dell’uomo. Ma anche alla saggezza che ha permesso di salvare lo storico quartiere di Dashilar, nel cuore di Pechino, progetto di Approach Architecture, studio del curatore


 

COREA DEL SUD: “The FAR Game: Constraints Sparking Creativity di Lorena Alessio

Una scelta coraggiosa ed avvincente: il padiglione pone l’attenzione sul ruolo di un architetto quasi prestigiatore, che spinge all’estremo le potenzialità delle norme edilizie a favore di un’occupazione di spazio massima.  Un gioco spietato tra la superficie edificabile su di un lotto (Floor Area Ratio=FAR) e quant’altro è possibile edificare al di fuori di tale conteggio


 

COSTA D’AVORIO: “Live differently” di Roberta Chionne

La Costa d’Avorio sceglie la difesa e la valorizzazione del patrimonio naturale, architettonico, sociale, culturale e territoriale con la mostra curata dall’architetto ivoriano Sossah Francis, progettista, fondatore e professore della prima scuola di architettura del paese aperta nel dicembre 2015, che vede ad oggi una ventina di allievi


 

DANIMARCA: “Art of Many and the Right to Space” di Silvia Berselli

Il grande volume luminoso del padiglione è quasi interamente occupato da impalcature che saturano lo spazio come gli scaffali di una biblioteca ipertrofica. Il visitatore si muove su ponteggi che moltiplicano le prospettive visuali all’interno di questa wunderkammer che raccoglie la produzione architettonica nazionale degli ultimi quindici anni


 

EGITTO: “Reframing Back/Imperative Confrontations” di Roberta Chionne

Il giovanissimo gruppo italo-egiziano di espositori vincitore del concorso bandito dal Ministero della Cultura egiziana per il padiglione propone una mostra densa d’informazioni che si è posta l’obiettivo di raccogliere e rendere pubbliche una selezione di storie, progetti e studi riguardanti il territorio egiziano, elaborati nel corso degli ultimi 10-20 anni sia da progettisti e organizzazioni locali come Cluster, sia da organizzazioni europee e americane fra cui l’Eth di Zurigo e la Pennsylvania University


 

EMIRATI ARABI UNITI: “Transformations: The Emirati National House” di Alessandro Colombo

Il curatore Yasser Elsheshtawy spiega che grattacieli e architetture spettacolari fanno parte della cultura urbana degli Emirati, ma nel padiglione ci si vuole concentrare sulla “casa nazionale”, modello abitativo introdotto negli anni ’70 per rispondere alle esigenze insediative delle popolazioni nomadi autoctone. Quella che si presenta è una mostra ordinata e corretta che parte dalla storia per arrivare agli insediamenti e da qui all’analisi della tipologia con ricchezza di apparati grafici e modelli


 

FINLANDIA: “From Border to Home‐Housing Solutions for Asylum Seekers” di Antonello Alici

Il piccolo iconico padiglione di Alvar Aalto ai Giardini compie 60 anni ed è in piena salute, cosi come appare l’architettura del suo Paese, a giudicare dalla nutrita presenza dei suoi architetti – ben 43 distribuiti tra questo padiglione, quello dei Paesi Nordici, l’Arsenale e le mostre collaterali – in questa 15. Mostra internazionale di Architettura


 

FINLANDIA, NORVEGIA, SVEZIA: “In Therapy: Nordic Countries Face to Face” di Antonello Alici

L’iconica immagine di una stazione della National Tourist Route norvegese – nel dialogo tra i paesaggi millenari fatti di granito, acqua e foreste, e la leggerezza di linee e materiali dell’architettura contemporanea – racchiude l’essenza più consumata dello “spirito nordico”. La partecipazione vuole essere la presa d’atto della presenza dei “fantasmi” dell’architettura scandinava. Tra questi sono senz’altro Sverre Fehn, Alvar Aalto e Jan Gehl, presenze imponenti nei tre padiglioni contigui dei Paesi Nordici, della Finlandia e della Danimarca ai Giardini


 

FRANCIA: “Nouvelles du Front, Nouvelles Richesses” di Daniele Campobenedetto

Gli architetti francesi vanno alla ricerca delle nuove ricchezze del loro territorio. Come già annunciato da Frédéric Bonnet e dal collettivo Ajap 14, il padiglione transalpino raccoglie il lavoro di selezione tra centinaia di progetti che ricercano soluzioni minute e spontanee ai problemi delle comunità locali. Un programma ambizioso se si considera la forte carica istituzionale che il ministero di Parigi proietta sull’evento veneziano, facendo spesso prevalere le grandi operazioni pubbiche sulle piccole esperienze nate dal basso


 

GERMANIA: “Making Heimat. Germany, Arrival Country” di Zaira Magliozzi

Il Padiglione racconta le città tedesche dove gli immigrati arrivano e decidono di cominciare una nuova vita. L’ispirazione è venuta dal libro Arrival city di Doug Saunders ed è stata declinata nell’accezione architettonica portando a formulare le otto tesi di una tipica “Arrival city” tedesca


 

GIAPPONE: “Beyond­‐HARING” di Lorena Alessio

Curato da Yoshiyuki Yamana, si focalizza su tre temi in relazione tra di loro: Territorio/ Persone/Cose e presenta dodici proposte che rappresentano un quadro articolato di progetti realizzati in contesti diversi ma accomunati da una forte vitalità ed espressione di socialità diffusa


 

GRAN BRETAGNA: “Home Economics” di Zaira Magliozzi

«Home economics» dichiara sin dall’entrata la sua linea d’indirizzo: interrogare la società e la cultura architettonica britannica per capire i cambiamenti della vita quotidiana, affrontando un nodo cruciale di questi tempi: la casa


 

GRECIA: “Challenging architecture on site of crisis” di Roberta Chionne

Contro le ormai tristi cartoline sui panorami disperati degli ultimi anni, la Grecia propone un’appassionata ventata di ottimismo per affrontare i molteplici fronti che la stanno mettendo alla prova: la crisi dei rifugiati, la crisi urbana, la sconfitta del diritto alla casa, la crisi professionale che investe anche gli architetti. Le risposte si basano su un solo presupposto, al tempo stesso semplice e difficile: collaborare e unire le forze per trovare nuove soluzioni.


 

IRAN: “Rewind <<Play>> Fastforward. City Matters, Community Matters more” di Michele Roda

La città conta, la comunità di più. Il messaggio del piccolo angolo dell’Iran all’Arsenale si fonda su tre storie che raccontano esempi di resistenza degli ambienti urbani. La città è sotto i piedi dei visitatori (una foto aerea), si arrampica sulla parete (sotto forma di modello) e pende dal soffitto. Ma non è una città totalizzante


 

IRLANDA: “Losing Myself” di Michele Roda

Una grande decorazione cangiante e mutevole a pavimento. Comprendere il padiglione irlandese all’Arsenale non è né facile né immediato. Ha bisogno di tempo e di un certo sforzo, in linea con il tema complesso e difficile che affronta. Perché oltre all’effetto scenico (un quadro luminoso in continua ridefinizione, all’interno di una navata buia) c’è un intenso lavoro di ricerca sul morbo di Alzheimer e su come influisce sulle modalità percettive dello spazio


 

ISRAELE: “A is for Architecture, B is for Biology” di Daniele Campobenedetto

Che il contributo israeliano alla Biennale di Alejandro Aravena non avrebbe cercato il Fronte nei muri di cemento e nei turbolenti confini può sembrare quasi scontato, ma trovare tra le bianche pareti del padiglione una riflessione biotecnologica è una sorpresa inaspettata


 

KUWAIT: “Between East and West, A Gulf” di Alessandro Colombo

Il programma è quello di rileggere tutte le isole del Golfo e il Golfo stesso alla luce di una ritrovata stagione sociale e politica e l’intento quello di mettere il Kuwait al centro di un possibile Rinascimento dell’area. È anche una coraggiosa proposizione di una ridefinizione degli equilibri fra mondo persiano e mondo arabo, ridefinizione che va molto al di là del potere dell’architettura probabilmente


 

MESSICO: “Dispiegamenti e assemblaggi” di Michele Roda

Sta nei moduli, nelle modalità di assemblaggio e nei sistemi la chiave di lettura di un padiglione articolato come quello messicano, all’Arsenale. Il lavoro del curatore Pablo Landa Ruiloba è stato innanzitutto di selezione: al bando che chiedeva di portare esperienze capaci di raccontare interventi emblematici per lo sviluppo delle comunità locali, hanno risposto quasi in 300


 

NIGERIA: “Diminished Capacity”  di Roberta Chionne

Per il suo debutto alla Biennale, la Nigeria lancia una spiazzante sfida concettuale. La mostra comunica attraverso una serie d’installazioni site specific dell’architetto, teorico e artista Ola-Dele Kuku, generate da intriganti riflessioni su questo momento, caratterizzato da una capacità diminuita di risorse, territori e comprensione. Alla base, la scelta di non comunicare niente della Nigeria ma di lavorare sui conflitti che caratterizzano la situazione culturale globale, riflettendo sulle strutture sociali che generano l’architettura


 

NUOVA ZELANDA: “Future Islands” di Michele Roda

Il padiglione – in due locali al primo piano di Palazzo Bollani – sceglie la strada della speculazione teorica e mette in scena un ambiente composto da tanti paesaggi alternativi. Le Future Islands galleggiano su un mare virtuale e ospitano realtà diversissime: città, edifici isolati, complessi articolati, macchine, persone, animali


 

OLANDA: alla Biennale gli accampamenti dell’ONU di Lucia Pierro e Marco Scarpinato

Malkit Shoshan, curatrice del Padiglione olandese, illustra la rassegna «BLUE: Architecture of UN Peacekeeping Missions»


 

PERÙ: “Our Amazon Frontline” di Michele Roda

L’ingresso nel padiglione è un’immersione nell’oscurità della selva attraverso un percorso ondulato realizzato con teli neri su cui compaiono visi di bambini, immagini d’animali e micro-ambienti come eterei colpi di flash. Il secondo ambiente conduce al tema funzionale: sospesi alle travi in legno vecchi tavoli e sedie consumate sono l’emblema delle difficoltà del fare educazione. E allora l’ambiente principale del padiglione racconta un’innovativa esperienza pubblica che sta costruendo scuole in tutto il Perù


 

POLONIA: “Fair Building” di Roberta Chionne

Sempre molto attenti alle questioni costruttive, i polacchi individuano il fronte nel cantiere e nella costruzione fisica del manufatto architettonico, evidenziandone la condizione di “processo” che, nonostante i progressi tecnologici, rimane strettamente connesso alla presenza umana. Il lavoro manuale è infatti ancora una componente necessaria, spesso non adeguatamente riconosciuta e salvaguardata


 

PORTOGALLO: “Where Alvaro meets Aldo. 1966/2016” di Michele Roda

Il front portoghese è un cantiere. Vero, non metaforico: cemento armato a vista, assi in legno, impianti esterni, caschetti gialli, ambiente famigliare in cui si muove il fulcro Álvaro Siza


 

REPUBBLICA CECA E SLOVACCA: “Care for Architecture: Exemplum of the Slovak National Gallery or Asking Arche of Architecture to Dance” di Roberta Chionne

La controversa eredità architettonica del periodo comunista continua a generare dibattiti e riflessioni discordanti. Per raccontare questo scontro i curatori di «Care for Architecture: Exemplum of the Slovak National Gallery or Asking Arche of Architecture to Dance» scelgono l’area della Slovak National Gallery


 

RUSSIA: “V.D.N.H.” di Alessandro Colombo

“VDNH_Urban Phenomenon” campeggia sul fronte dell’edificio eclettico ai Giardini e viene di pensare proprio ad un “fenomeno” in quanto fatto osservabile lungo i decenni che segnano la storia dell’Esposizione delle conquiste dell’Economia nazionale che, da sovietica, ha superato la seconda guerra mondiale per arrivare ai profondi cambiamenti che hanno attraversato la società russa negli ultimi decenni


 

SERBIA: “Heroic – Free Shipping” di Laura Ceriolo

Tutto ciò che vi racconto non è frutto di un’immediata comprensione dei contenuti del padiglione; ho dovuto leggerlo sul comunicato stampa, perché altrimenti i suoni percepiti sarebbero stati a me sconosciuti e incomprensibili, dei semplici rumori

 


 

 

SINGAPORE: “Space to imagine, room for everyone” di Lorena Alessio

Allestimento coinvolgente e suggestivo, curato da Wong Yunn Chii, professore di Architettura della National University di Singapore. Tre i temi esposti, aventi come fulcro le persone e la loro relazione con lo spazio circostante: lo spazio abitativo, quello residuale trasformato in orti urbani e la partecipazione al miglioramento della qualità della vita urbana


 

SPAGNA: “Unfinished” di Graziella Trovato

Il messaggio, in linea con il tema di Alejandro Aravena, è che, sebbene il paesaggio dell’architettura spagnola visto dal fronte non lasci presagire nulla di buono, l’architettura di qualità resiste e offre alla società molteplici strategie progettuali basate fondamentalmente sulla versatilità e la flessibilità sotto diverse forme


 

STATI UNITI D’AMERICA: “The Architectural Imagination” di Daniele Campobenedetto

La shrinking city per eccellenza, Detroit, si conferma al centro dell’esplorazione nordamericana della frontiera. La scelta coraggiosa di fare i conti con gli effetti della crisi di un sistema produttivo che dura da diversi anni, al termine delle quattro sale, non lascia insoddisfatti.


 

SUDAFRICA: “Cool Capital: the Capital of Guerrilla Design Citizenship” di Roberta Chionne

La città è una forma di vita. Come si possono convogliare le energie vitali degli abitanti in un processo naturale, divertente e condiviso di trasformazione urbana? “Cool Capital” ha deciso di farlo attraverso una sorta di guerriglia creativa nella seriosa e burocratica Pretoria


 

SVIZZERA: “Incidental Space” di Daniele Campobenedetto

Si può mettere in mostra lo spazio? L’idea del padiglione curato da Christian Kerez è quella di presentare un oggetto esplorabile che possa racchiudere al suo interno l’idea di infinito, talmente articolato da poter essere richiuso in una stanza ma dare la sensazione di poterlo esplorare per sempre una volta entrati al suo interno


 

THAILANDIA: “Class of 6.3” di Michele Roda

È il 4 maggio 2014, quando un terremoto di scala 6.3 gradi Richter colpisce la provincia settentrionale di Chiang Rai: nessun morto, pochi feriti, ma molti edifici distrutti. Tra questi 9 scuole elementari. «Questo evento ci ha insegnato che una catastrofe naturale deve essere una priorità nell’agenda architettonica», spiegano gli organizzatori. Decine di architetti e tecnici si sono rapidamente organizzati cogliendo l’emergenza come l’occasione per un ripensamento dei luoghi per l’istruzione in ambienti rurali


 

TURCHIA: “Darzanà: Two Arsenals, One Vessel” di Michele Roda

La grande sorpresa della Biennale 2016 salpa da Istanbul, viaggia sulle acque del Mediterraneo e arriva all’Arsenale. Un vascello metaforico assemblato con oltre 600 pezzi di recupero, lungo 30 metri, pesante 4 tonnellate, in parte appoggiato al pavimento, in parte sospeso alle travi in legno. Un collage etereo di colori e forme che, teatralmente illuminato, affascina e colpisce


 

UCRAINA: “Architecture Ukraine – Beyond the Front” di Silvia Berselli

Il tema della Biennale di Aravena, declinato in varie forme nei differenti padiglioni nazionali, acquisisce un senso letterale nel piccolo spazio affidato all’Ucraina (in calle del Ridotto 1388 a San Marco). Una planimetria riprodotta sul pavimento evidenzia in rosa le aree del conflitto, che s’intensificano lungo i confini e intorno alla città di Donetsk, epicentro degli scontri dal 2014. Il visitatore è così costretto a calpestare un territorio già martoriato dalla guerra e da un sistema corrotto che manipola i mezzi d’informazione e controlla gli abitanti riducendoli al silenzio


 

UNGHERIA: “æctivators. Locally active architecture” di Roberta Chionne

La mostra presenta un riuscito esperimento di riqualificazione urbana partecipata a costo zero condotto da due giovani progettisti ungheresi nella piccola città di Eger, famosa tra l’altro per la sua antica università e per la casa dello scrittore Geza Gardony


 

URUGUAY: “REBOOT Architecture lessons from the “guerrilla Tupamara” and the Andes plane crash” di Luigi Bartolomei

Questo Padiglione, di minor risorse rispetto ai suoi illustri vicini, estremizza un momento comune alla gran parte dei progetti di questa Biennale, in cui la frontiera sociale delle proposte spesso si rende possibile in una frangia di sospensione, vuoto o ambiguità degli aspetti normativi e legali che comunemente regolano i progetti


 

VENEZUELA: “Urban Forces” di Natalia Woldarsky Meneses

Ai curatori va innanzitutto il merito di avere riaperto il padiglione dopo averne promosso il finanziamento del restauro per riportare allo stato originale questa prima opera veneziana di Carlo Scarpa. I 15 interventi che la mostra raccoglie da 8 città del Paese sono l’esito progettuale e costruttivo dell’intervento di forze popolari che stanno rivitalizzando ambiti marginali di forte conflittualità sociale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Last modified: 22 Luglio 2016