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Flaviano CelaschiWritten by: Design

L’opinione di Flaviano Celaschi: i cinesi investono di più

La velocità di maturazione del sistema produttivo della Repubblica Popolare Cinese viaggia di pari passo con l’evoluzione della cultura di progetto? Questione troppo complessa per affrontarla in un solo blocco e contenente diversi gradi di approccio.
Per primo occorre intenderci su che cosa sappiamo realmente dello stato attuale del sistema produttivo cinese. La disomogeneità del paese all’interno del suo enorme territorio, i suoi investimenti esteri in compagnie non cinesi su cui la Cina ha controllo, il grande contributo che intelligenze cinesi stanno dando a imprese e organizzazioni fuori dai confini rendono arduo farsi un’idea precisa. Provo a sintetizzare un’ipotesi azzardata: tutto quello che non sappiamo ancora fare lo possiamo comprare da chi lo sa fare. Quindi esiste una diffusa coscienza make or buy che dimostra un’elevata qualità postindustriale del sistema cinese.
E dunque la cultura di progetto (design culture) in che stato si trova? Per poter affrontare, con lo stesso imbarazzo di prima, la questione, direi che vale la pena di provare a giudicare l’insieme degli investimenti che la Cina sta facendo in infrastrutture per l’apprendimento (scuole, università), in centri di ricerca, in luoghi di divulgazione culturale e museale, in viaggi e incentivazione dei propri cittadini verso mete estere che rappresentano occasione di crescita culturale e professionale e, infine, quale ruolo rivestono nella società e nell’economia coloro che hanno un elevato livello d’istruzione e che hanno investito pesantemente nei propri studi.
Se analizziamo il discorso infrastrutturale, che non vale solo per il design, possiamo sicuramente affermare che il tasso di sviluppo è eccezionale, soprattutto se paragonato al tasso d’investimento infrastrutturale di molti paesi occidentali maturi, in primis il nostro.
Nello specifico del design, vale la pena di avanzare ulteriori considerazioni.
La sensibilità verso il bello e la cultura di spessore umanistico profondo è qualità che si forma attraverso una lunga immersione ambientale e richiede tempi lunghi, scambi frequenti, occasioni di confronto continue. Dunque, la velocità non può essere un parametro interessante, ma il volume di soggetti avviati verso questo approccio immersivo garantisce che molte menti siano indirizzate verso un ottimo obiettivo e la quantità, in questo caso, garantirà a medio termine un tasso di qualità notevole.
Lo sviluppo dell’arte contemporanea, della grafica, della musica, della fotografia, della cinematografia, della moda ecc., rappresenta la dimostrazione più chiara della costruzione di un sistema d’intrecci e integrazioni interdisciplinare d’imprinting artistico, un accreditamento culturale di cui beneficia indirettamente il design.
È proprio il vistoso materialismo culturale dei cinesi che farà in modo che il design acquisisca, rispetto alle altre discipline artistiche, una spinta e investimenti più forti perché, tra tutte le discipline, è quella che meglio «serve» al capitalismo di conquista industriale che passa attraverso la primazia nelle merci.
Per quanto attiene al sistema formativo, posso con più precisione ed esperienza testimoniare che il gap infrastrutturale è già risolto: molte università e scuole private di design in Europa hanno mezzi a disposizione ben inferiori delle scuole cinesi. E l’acquisizione sul mercato internazionale di docenti e ricercatori sta facendo evolvere rapidamente il livello della didattica e la qualità dei formati. Una cosa entusiasma su tutte: un dottore di ricerca in design che si è formato all’estero, e soprattutto in Italia, una volta tornato in patria viene immediatamente richiesto da almeno dieci università, design center e centri studi di grandi imprese, enti governativi di sviluppo industriale, e la sua posizione economica e reputazione schizzano alle stelle. Proprio come in Italia!

Autore

  • Flaviano Celaschi

    Professore ordinario di design, insegna all’Alma Mater Studiorum, Università di Bologna dove ha fondato e dirige i corsi di Design del prodotto industriale e di Advanced design. Già ordinario presso i Politecnici di Milano e Torino, ha insegnato design e innovazione in oltre 20 università nel mondo. Sui temi della ricerca di base nel design ha pubblicato nel 2017 il saggio “Non industrial design” per Luca Sossella editore

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Last modified: 10 Luglio 2015