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Lucia Pierro e Marco ScarpinatoWritten by: Città e Territorio

Egadi, pressione turistica fuori controllo

Egadi, pressione turistica fuori controllo

In occasione del 150° dalla nascita di Franca Florio, il punto sul fallace governo del territorio nell’arcipelago siciliano

 

Dopo il fermo imposto dalla pandemia, il turismo è in stabile ripresa sia a livello nazionale sia in Sicilia. Nonostante la criticità delle infrastrutture e i difficili collegamenti, nel 2022 la regione è stata una delle località estive più frequentate (6,7% delle presenze nazionali) e anche una delle principali mete autunnali (9,9% delle presenze nazionali).

Tra le mete siciliane più attrattive in prima linea c’è l’arcipelago delle Egadi, posto a circa 7 km dalla costa occidentale fra Marsala e Trapani e costituito dalle isole di Favignana, Levanzo, Marettimo, dall’isolotto di Formica e dagli scogli disabitati di Maraone e Porcelli. La superficie è di circa 37,45 kmq distribuita nello spazio acqueo di quella che, con un’estensione di 53.992 ettari, è l’area marina protetta più grande d’Europa. L’area comprende tre Siti di interesse comunitario e due Zone di protezione speciale (incluse nella ZPS ITA010027 denominata “Arcipelago delle Isole Egadi”) ed è caratterizzata da un sistema di grande interesse naturalistico-ambientale e da un ecosistema sommerso che, grazie alla posizione geografica ed a peculiari condizioni idrologiche, mostra un’elevata biodiversità lungo le zone costiere e nei fondali.

Alla bellezza del mare e del paesaggio, caratterizzato dalla macchia mediterranea e, nel caso di Favignana, da un suggestivo sistema di cave dismesse trasformatesi in rigogliosi giardini, si aggiunge un importante patrimonio architettonico e culturale che, insieme a significative testimonianze archeologiche (tra cui i rostri della battaglia delle Egadi), include l’ex Stabilimento Florio delle tonnare di Favignana e Formica (un complesso di 32.000 mq che è tra le più vaste e importanti testimonianze di archeologia industriale del Mediterraneo recuperate e musealizzate), il Palazzo Florio, la cava Sant’Anna e il Castello di Santa Caterina a Favignana e, a Marettimo, le case romane e il Castello di Punta Troia.

 

Il richiamo dei Florio

Le Egadi, oltre ad esser percepite come luoghi di mare e natura, offrono quel mix di attrazioni culturali, enogastronomiche e paesaggistiche che, in soli otto anni, ha fatto più che quadruplicare le presenze turistiche, passando dai 48.756 arrivi del 2014 ai 202.000 del 2021, con una stima – nell’immediato futuro – di 300.000 presenze, connesse anche al crescente interesse per la dinastia dei Florio che qui impiantarono le loro tonnare con l’innovativo stabilimento per lavorare e inscatolare il tonno. Quest’estate, in occasione dei 150 anni dalla nascita di Franca Florio, ai “Leoni di Sicilia” sarà dedicato uno specifico programma di eventi mentre, dal prossimo anno, si attende un ulteriore afflusso turistico attratto dalla programmazione di fiction televisive recentemente girate in questo suggestivo set naturale.

L’uso del territorio nell’arcipelago è diversificato. A Favignana, l’isola più antropizzata, oltre a risiedere la maggioranza degli abitanti, affluisce il maggior numero di turisti e sono localizzate gran parte delle attività produttive. Così, mentre a Levanzo e Marettimo l’insediamento continua quasi a coincidere con il nucleo storico, a Favignana, dove già esistevano degli antichi insediamenti esterni al nucleo centrale e prevalentemente collegati ad attività estrattive e agricole, sono recentemente sorti vari complessi turistici e ricettivi, villaggi/campeggi e numerose seconde case che vengono per lo più affittate ai turisti. Anche per questo i numeri del turismo sembrano sottostimati e, secondo alcuni operatori, andrebbero addirittura raddoppiati poiché, oltre alle strutture dichiarate, occorrerebbe considerare i tanti appartamenti dislocati sul territorio che in estate diventano ricettori turistici non censiti in modo ufficiale.

 

Turismo mordi e fuggi + spopolamento

Tra tutti quelli siciliani, l’arcipelago delle Egadi è il più vicino alla costa. Ciò, oltre ad amplificare il turismo breve e quello “mordi e fuggi” basato sulle escursioni giornaliere in barca, ha come effetto il sistematico spopolamento che si registra in autunno e inverno, quando si contano poco più di 4.000 residenti, ulteriormente ridotti dall’endemico pendolarismo.

La questione dello spopolamento dei territori marginali e delle isole minori è un tema cruciale in tutta Italia – e al Sud in particolare -, poiché è ormai assodato che la perdita di popolazione non causa solo la cancellazione di molteplici identità culturali, spesso caratterizzate da tradizioni peculiari, ma innesca anche un generale degrado ambientale.

Questo, nel caso dello straordinario e fragile sistema delle Egadi, diventa ancor più dirompente perché è aggravato dalla schizofrenia nell’uso del suolo, che si manifesta tra lo spopolamento invernale e la sempre più insostenibile pressione antropica dei mesi estivi. A causa della attività turistiche, sull’arcipelago egadino si riversano infatti molteplici pressioni che riguardano tutti i principali temi ambientali e includono quindi le emissioni nocive in atmosfera, gli scarichi nelle acque, la produzione, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti, la contaminazione del suolo, l’uso indiscriminato di materie prime e risorse naturali (acqua ed energia in primis), l’impatto visivo, la criticità dei trasporti, i rischi d’incidenti ambientali, la produzione di rumori, vibrazioni, odori e polveri. Il pericoloso mix di molteplici impatti ambientali che grava sulla fragile e preziosa biodiversità e sul patrimonio dell’arcipelago porta in secondo piano l’atemporale immagine vacanziera e proietta le Egadi nella cogente contemporaneità poiché questi luoghi, per non perdere la propria integrità, dovrebbero diventare un banco di prova privilegiato ove attuare misure di transizione ecologica volte a contrastare i pericoli dei cambiamenti climatici in atto.

 

Piano regolatore comunale: chi l’ha visto?

Non è facile contenere

 le forti pressioni su un territorio che, pur essendo sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 136 del D.Lgs n. 42 del 2004 (ex 1497 del 1939) e ad un Piano territoriale paesistico dell’arcipelago varato nel 2004, è ancora privo di un Piano regolatore comunale. La complessa questione dell’uso spesso sconsiderato del territorio e delle sue risorse naturali, culturali e ambientali, ha guadagnato di recente gli interessi di cronaca per il clamore suscitato dalla singolare vicenda del Solarium costruito sulla scogliera di Levanzo sulla base di una concessione demaniale scaduta e al connesso disboscamento di un pezzo di macchia mediterranea e di un bosco protetto.

La vicenda, tuttora in fieri, oltre a sembrare il frutto della penna di Leonardo Sciascia, pone molteplici interrogativi sulla complessa coesistenza tra il diritto alla fruizione dell’arcipelago e il dovere di proteggerlo, nonché sul ruolo delle amministrazioni, spesso prive degli strumenti per agire in maniera coerente. Finora, non si è riusciti a trovare l’equilibrio tra il dilagante sviluppo turistico, lo stabile coinvolgimento lavorativo dei residenti (tale da arginare lo spopolamento) e l’impegno necessario per non compromettere irreparabilmente l’integrità dello straordinario e fragile patrimonio di questo arcipelago poiché, nonostante tutti gli sforzi per proteggere e normare, ci si scontra con la crescente e impetuosa forza economica del turismo.

Immagine di copertina: scorcio dell’ex-Stabilimento Florio delle Tonnare di Favignana e Formica (© Archivio AutonomeForme)

 

Autore

  • Lucia Pierro e Marco Scarpinato

    Scrivono per «Il Giornale dell’Architettura» dal 2006. Lucia Pierro, dopo la laurea in Architettura all'Università di Palermo, consegue un master in Restauro architettonico e recupero edilizio, urbano e ambientale presso la Facoltà di Architettura RomaTre e un dottorato di ricerca in Conservazione dei beni architettonici al Politecnico di Milano. Marco Scarpinato è architetto laureato all'Università di Palermo, dove si è successivamente specializzato in Architettura dei giardini e progetto del paesaggio presso la Scuola triennale di architettura del paesaggio dell'UNIPA. Dal 2010 svolge attività di ricerca all’E.R. AMC dell’E.D. SIA a Tunisi. Vive e lavora tra Palermo e Amsterdam. Nel 1998 Marco Scarpinato e Lucia Pierro fondano AutonomeForme | Architettura con l'obiettivo di definire nuove strategie urbane basando l'attività progettuale sulla relazione tra architettura e paesaggio e la collaborazione interdisciplinare. Il team interviene a piccola e grande scala, curando tra gli altri progetti di waterfront, aree industriali dismesse e nuove centralità urbane e ottenendo riconoscimenti in premi e concorsi di progettazione internazionali. Hanno collaborato con Herman Hertzberger, Grafton Architects, Henning Larsen Architects e Next Architect. Nel 2013 vincono la medaglia d'oro del premio Holcim Europe con il progetto di riqualificazione di Saline Joniche che s'inserisce nel progetto "Paesaggi resilienti" che AutonomeForme sviluppa dal 2000 dedicandosi ai temi della sostenibilità e al riutilizzo delle aree industriali dismesse con ulteriori progetti a Napoli, Catania, Messina e Palermo. Parallelamente all'attività professionale il gruppo sviluppa il progetto di ricerca "Avvistamenti | Creatività contemporanea" e cura l'attività di pubblicistica attraverso Plurima

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Last modified: 12 Luglio 2023