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Francesca FavaroWritten by: Forum

Procida Capitale Italiana della Cultura 2022: che non sia solo brand

Procida Capitale Italiana della Cultura 2022: che non sia solo brand

Riflessioni sul programma (forse carico di troppe istanze), sul budget e sulle possibili ricadute di un evento da 330 giorni che per la prima volta tocca un’isola

 

“Procida è aperta. Procida è l’isola che non isola, laboratorio culturale di felicità sociale” si legge sul sito web dedicato a “Procida Capitale Italiana della Cultura 2022”. È la prima isola a rivestire questo ruolo, che nel biennio scorso è stato attribuito a Parma e, prima ancora, a Palermo.

Un colore – il rosa – , uno slogan – “la cultura non isola” – e un logo, per promuovere una nuova narrazione di Procida, l’isola più piccola del golfo di Napoli, ma anche la più popolata del Mediterraneo (10.500 abitanti in 4,3 kmq); un’accurata operazione di rebranding per assegnarle il non facile compito di rappresentante “dell’intero patrimonio culturale del golfo di Napoli e della Campania”, come auspicato dal sindaco e dal direttore dell’iniziativa Agostino Riitano.

Per ribadire la portata regionale dell’operazione, i più rilevanti monumenti campani si sono colorati di rosa il 22 gennaio, come avvio simbolico della manifestazione. A Procida, nel frattempo, venivano inviate dal direttore Riitano, in presa diretta, “22 lettere sul futuro di Procida”, con tanto di francobollo celebrativo, indirizzate ad altrettante personalità della scena pubblica mondiale (da Ai Wewei a Liliana Segre, da Greta Thunberg al Papa, dagli operai della Whirpool a Emergency) con la domanda: “cos’è per te la cultura?”.

 

Il dossier di candidatura

La risposta che il comitato promotore di “Procida Città della Cultura 2022” ha dato a questa domanda, coinvolgendo 250 cittadini suddivisi in tavoli di lavoro, è densa e multiforme, e raccontata in un dossier di 60 pagine, attraverso 44 progetti culturali, 330 giorni di programmazione, 240 artisti, 40 opere originali.

Si tratta di un programma ambizioso, che agli anglismi affianca metafore evocative e che non può, di questi tempi, fare a meno di parlare la lingua dell’Agenda 2030, declinata nei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU. Sostenibilità, uguaglianza di genere, consumo responsabile, produzione consapevole, inclusività, educazione: temi-chiave che proiettano in uno scenario globale un luogo che, tuttavia, è chiamato anche ad “affrontare molte delle criticità che investono l’Italia più fragile”. A livello nazionale, il programma per Procida si colloca, infatti, nell’alveo del Piano Sud 2030, e assegna all’isola addirittura il ruolo di “primo esempio di Green Deal per il Mezzogiorno”.

Seppur ispirato da grandi ambizioni, il programma culturale è costellato anche d’interventi ed eventi puntuali e site-specific che ricalibrano le aspettative, sullo sfondo di cornici narrative molto in voga ma, in effetti, particolarmente adatte a questa piccola isola: il turismo lento, l’autenticità del luogo, la contaminazione con una comunità partecipante, la valorizzazione del cibo locale.

Il dossier prefigura un palinsesto variopinto e polifonico, che tiene insieme le diverse forme espressive dell’arte contemporanea internazionale (come l’installazione di Daniel Buren prevista a Palazzo D’Avalos) e progetti a matrice locale (come “Scienza aperta”, per l’eradicazione della zanzara tigre), muovendosi su scale sorprendentemente diverse.

 

Gli interventi sul patrimonio architettonico

“Ristrutturare/rigenerare i luoghi della cultura a Procida” è fissato come primo obiettivo strategico e rappresenta una rilevante messa a terra di un programma dagli orizzonti ben più ampi. Le opere previste riguardano: la rigenerazione del complesso monumentale di Palazzo D’Avalos (XVI secolo), per ospitare funzioni culturali e turistico-ricettive; il restauro dell’ex Convento di Santa Margherita nuova (XVI secolo), destinato a spazio espositivo delle opere permanenti di Mimmo Paladino; la rifunzionalizzazione dell’ex Chiesa di San Giacomo (metà XVII secolo) per realizzare un centro culturale giovanile; la messa in sicurezza dell’Abbazia San Michele (fondata nel XII secolo e radicalmente trasformata a metà del XVI) e la riqualificazione della Marina Corricella, con il porticciolo secentesco.

 

Gli impatti dell’evento, le esperienze di Palermo e Parma

4.150.000 euro è la cifra messa a budget per il programma

, coperta dal Ministero della cultura per 1 milione. A fronte di un tale impiego di risorse, sulla carta i benefici ipotizzati dai promotori sono “economici” (incremento del 15% delle imprese culturali e creazione di almeno 25 nuove imprese della filiera turistica), “educativi” (aumento del consumo culturale da parte della cittadinanza, maggiore consapevolezza del patrimonio culturale locale), “sociali” (maggiore coesione e senso di appartenenza) e “ambientali” (“ridefinizione dei collegamenti pubblici, allargamento delle zone pedonali e creazione di nuove aree verdi pubbliche”).

Tuttavia ci chiediamo: come valutare gli effetti materiali di questi corposi programmi culturali nel tempo?

A Palermo, capitale nel 2018, l’impatto economico stimato a iniziative concluse ammontò a circa 16 milioni. L’eredità della manifestazione è stata misurata in un report presentato a dicembre 2019 che ha registrato: una maggiore capacità di mettere a sistema le istituzioni culturali locali, il rafforzamento della proposta culturale del territorio, l’aumento delle attività connesse alla cultura e al turismo (coerente però al trend di crescita iniziato nel 2015), il miglioramento della “percezione della città”. Tra le criticità, invece, sono state segnalate: il “sistema di trasporto urbano ed interurbano, la presenza di servizi igienici, i livelli di decoro degli spazi comuni”. L’onda d’urto della manifestazione sembra, quindi, non aver investito anche il patrimonio materiale e lo spazio pubblico, ancora percepito dai turisti come elemento problematico e, peraltro, completamente escluso dalle valutazioni del report.

A Parma, il sito web dedicato continua a funzionare come strumento di promozione d’iniziative culturali, segno che i riflettori sono ancora accesi sulla città emiliana. Per leggere un bilancio conclusivo si dovrà attendere ma, intanto, per quanto riguarda il patrimonio architettonico, Parma ha visto l’apertura, proprio nel 2020, del restaurato Chiostro delle fontane presso il Monastero di San Paolo, e, dal 2022, sarà oggetto di recupero la Chiesa di San Ludovico, con il sostegno di Enel, già partner ufficiale di Parma 20-21.

Se, quindi, interrogarsi sugli effetti di lunga durata di queste iniziative anche, e soprattutto, sui patrimoni architettonici locali e sugli spazi pubblici, ora è certamente prematuro, è opportuno collocare questo tema al centro delle valutazioni future.

 

Un brand per tante definizioni di cultura

Le 22 lettere inviate da Procida si concludevano con questa domanda: “Quando e come la cultura può diventare strumento di bene comune e non solo puro diversivo?”.

Le risposte dei destinatari sono brevi, adatte alla comunicazione asciutta del web: “la cultura è un diritto”, “è cura del pianeta”, “è diritto al lavoro”, “è solidarietà”; frasi che parlano di temi urgenti, propri del sistema valoriale di ognuno dei destinatari dei messaggi, ma che appaiono anche elusive e divergenti. La percezione è che la legittimazione della cultura debba passare necessariamente dalla sua proiezione verso altre questioni, altri valori, altre urgenze. Una polivalenza che si traduce anche in un programma culturale che, nella piccola isola campana, vuole farsi carico di tante (troppe?) istanze, cucendole insieme in uno spazio di 4,3 kmq e in soli 330 giorni.

Inoltre, è interessante comprendere se, a lungo termine, questi processi di associazione di un brand a una città, o a un’intera isola, non rischino di ridurre un luogo a bene di consumo temporaneo, all’appiattimento delle sue complessità in nome di un’identità visiva totalizzante e definitiva. Il tempo consentirà di formulare considerazioni più puntuali e di osservare da distante se la cultura, in queste “capitali”, abbia prodotto esternalità positive misurabili senza diventare dispositivo retorico e pretesto.

 

L’iniziativa «Capitale italiana della cultura» è volta a sostenere, incoraggiare e valorizzare la autonoma capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della cultura, affinché venga recepito in maniera sempre più diffusa il valore della cultura per la coesione sociale, l’integrazione senza conflitti, la conservazione delle identità, la creatività, l’innovazione, la crescita e infine lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo”; è questo l’obiettivo di un programma promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, sulla scia di quanto stabilito dall’UE dal 1985 con l’elezione annuale della “Capitale Europea della Cultura”, su impulso dell’allora ministra europea per la Cultura, Melina Merkourī.

Il dossier presentato dal comitato promotore di “Procida Capitale Italiana della Cultura 2022” è stato premiato dalla giuria con la seguente motivazione: “Il contesto dei sostegni locali e regionali pubblici e privati è ben strutturato. La dimensione patrimoniale e paesaggistica del luogo è straordinaria. La dimensione laboratoriale che comprende aspetti sociali di diffusione tecnologica è importante per tutte le isole tirreniche, ma è rilevante per tutte le realtà delle piccole isole mediterranee. Il progetto potrebbe determinare grazie alla combinazione di questi fattori un’autentica discontinuità nel territorio e rappresentare un modello per i processi sostenibili di sviluppo a base culturale delle realtà isolane e costiere del Paese. Il progetto è inoltre capace di trasmettere un messaggio poetico, una visione della cultura che dalla piccola realtà dell’isola si estende come un augurio per tutti noi, al Paese nei mesi che ci attendono“.

La trama di eventi e progetti previsti nel programma si articola in cinque sezioni tematiche: “Procida inventa” (processi ed eventi artistici), “Procida ispira” (progetti volti a promuovere l’isola come fonte d’ispirazione), “Procida include” (processi che integrano mediante i linguaggi artistici), “Procida innova” (progetti che stimolano il dialogo con l’innovazione per un “ripensamento strategico del patrimonio culturale”), “Procida impara” (progetti che “promuovono il rafforzamento di una comunità educante”). Più a valle, sono definite tre tipologie di progetto: “progetti faro” (per orientare il programma generale), “progetti ancora” (per approfondire le eredità culturali locali), “progetti comunità” (per costruire comunità solidali).

Dei 44 progetti culturali previsti, riportiamo quelli che avranno luogo presso gli edifici oggetto di recupero e rifunzionalizzazione:

    • Palazzo D’Avalos: nel corso del 2022 il palazzo dovrebbe ospitare i progetti “SprigionArti” (installazioni di Alfredo Pirri, Jan Fabre, Andrea Anastasio, Sergio Fermariello, Francesco Arena, Luana Perilli.), “Procida4Innovation” (hub tecnologico per lo sviluppo di progetti di impresa culturali, creativi e turistici che occuperà circa un’area di 500 mq), la “Biennale dei giovani artisti del Mediterraneo” (BJCEM Biennale des Jeunes Créateurs de l’Europe et de la Méditerranée, un’associazione internazionale nata nel 1985 che porterà a Procida la mostra “School of Waters Procida_ BJCEM special edition” dal 21 marzo), il festival “Artecinema” (un programma di proiezioni di film e documentari sull’arte contemporanea)
    • Ex Convento di Santa Margherita nuova: destinato a spazio espositivo con le opere permanenti di Mimmo Paladino, ospita la mostra temporanea “Video arte in Italia (1968- nuovo millennio)” e, in via permanente, le proiezione dei video di art/tapes/22 della critica d’arte Maria Gloria Bicocchi. Al secondo piano sarà esposta, invece, la collezione di Toti Scialoja, artista procidano il cui archivio è stato riconosciuto di interesse storico dal Ministero della Cultura.
    • Marina Corricella: è prevista un’installazione site-specific dell’artista tedesco di computer music Robert Henke nell’ambito del progetto “Echi delle distanze” e azioni performative, workshop e concerti per approfondire il tema dell’insularità. Il borgo farà da sfondo anche al progetto “Restart from the Future”, che, come gemmazione della Scuola di Architettura per Bambini del Farm Cultural Park di Favara, coinvolgerà bambini e studenti internazionali di architettura nella realizzazione di sette micro-architetture sociali.

 

 

Autore

  • Francesca Favaro

    Laureata in architettura presso il Politecnico di Torino, dove consegue nel 2021 il dottorato di ricerca in “Architettura. Storia e Progetto” e ora è assegnista di ricerca. Studia l’architettura e la professione di architetto nel Settecento. È interessata ai temi connessi alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio architettonico e artistico

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Last modified: 28 Febbraio 2022