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Alessandra MuntoniWritten by: Professione e Formazione

Carlo Melograni (1924-2021)

Alessandra Muntoni ricorda l’architetto, urbanista e docente militante, da sempre impegnato nel dibattito politico e culturale, convinto assertore del ruolo sociale dell’architettura

 

La qualità media dell’edilizia scolastica l’ho giudicata da sempre un buon parametro per misurare il livello della cultura architettonica di un paese, e anche per dare valutazioni su aspetti più generali di una società. È anche una delle ragioni per le quali ho dedicato una parte considerevole della mia attività a progettare scuole. In questo campo si avverte con immediatezza a cosa serve il lavoro che si fa” (intervista di Tullio De Mauro a Carlo Melograni, 2005).

Ecco, questo interessava da sempre a Carlo: fare un lavoro che servisse a qualcosa, un lavoro che è di qualità perché è un lavoro sociale, come aveva insegnato il Movimento moderno, scegliendo come riferimento le figure di Walter Gropius, Le Corbusier, Alvar Aalto, Giuseppe Pagano. E dunque progettare, studiare, insegnare, scrivere, seguire e intervenire nel dibattito politico e culturale, ma sempre con la barra ferma sulla rotta scelta una volta per tutte in gioventù, in mezzo alla tragedia della Seconda guerra mondiale, di fronte al fascismo: una rotta che attraversava la Resistenza. A questo Carlo ha dedicato tutta la sua vita.

Non si è mai sentito un maestro. Ma si può dire che tra i maestri del dubbio sistematico come Ludovico Quaroni, e i maestri dell’apologia della crisi come Bruno Zevi – per quelle posizioni estreme in fondo destinati ad isolarsi rispetto alla propria generazione e a quelle future – Carlo sia stato invece maestro della trasmissione dei valori sociali incorporati nel fare architettura, diciamo nella “perseveranza della modernità”; un’“architettura adatta e adattabile” nella quale le persone, tutte le persone, potessero vivere bene, usarla quasi come un vestito, dove sentirsi a proprio agio, ma anche da modificare e adattare agli eventi mutevoli della vita.

Più che maestro, Carlo è stato Compagno, dando a questo sostantivo del Partito Comunista l’accezione responsabile più bella e più vera: quella di accompagnare e di essere accompagnato. Per lui, da persone appartenenti almeno a tre generazioni (Leonardo Benevolo e Tommaso Giura Longo prima, Piero Ostilio Rossi, Marta Calzolaretti, Andrea Vidotto, Ranieri Valli poi, quindi Giovanni Fumagalli, Franco Massotti e Giuseppe Serrao) e insieme alle tante generazioni di studenti che ogni cinque anni rinnovavano la popolazione della Facoltà. E siccome Carlo amava insieme anche la musica, la letteratura, l’arte, il teatro, quei valori avevano la capacità di definire un mosaico complesso d’idee, di punti di vista, di gusti differenti, tali da poter far convergere, ampliare e trasformare il nucleo base da cui quei valori si sprigionavano e poi si diramavano in esperienze diverse.

Carlo ha attraversato impavidamente e controcorrente, senza deflettere da questa strategia collaudata, le tendenze dell’architettura che si sono via via susseguite: lontano dal neorealismo di Mario Ridolfi e di Quaroni, dalle “preesistenze ambientali” di Ernesto Nathan Rogers, dall’architettura organica patrocinata da Zevi, dall’utopismo della “grande dimensione” tentata negli anni sessanta, dal post modern decollato negli anni ottanta, dalla terza ondata internazionale dell’avanguardia negli anni novanta fino al nuovo millennio. Ha preferito, talvolta, ritrarsi per conservare intatte austerità e misura.

Alleati li trova in Franco Albini, Giancarlo De Carlo, Thomas Maldonado, il cui slogan “la speranza progettuale” lo trova sulla stessa lunghezza d’onda. E insieme nel design nordico di Herman Hertzberger e Sven Markelius, cui affiancare la lezione del Team X e di Josep Lluís Sert. Carlo conclude la sua carriera di progettista con la bellissima scuola Ludovico Ariosto di Ferrara: un edificio colorato, luminoso, semplice e nuovo, nel quale gli studenti circolano liberamente tra studio, incontro, spettacolo.

Posso dirmi fortunata di aver incontrato la sua amicizia, del fatto che mi chiedeva spesso di leggere i suoi testi prima di farli stampare, di presentare le sue opere e i suoi libri, sempre però, insieme ad altri, e se si trattava di conferenze all’Università, soprattutto insieme agli studenti. Nella presentazione del suo libro sull’architettura italiana fatta al Dipartimento di Architettura e Progetto della Sapienza (DiAP), ad esempio, si svolse un dialogo scoppiettante tra docenti, dottorandi e studenti come non ne sentivo da tempo.

Non dimentico, però, un episodio che mi lasciò perplessa, perché mi rivelava una traccia della sua personalità che davvero non sospettavo. Non ricordo precisamente quando avvenne, mi sembra però alla fine del Novecento. “Sandra”, mi fece Carlo, “ma hai letto le statistiche?” E io: “No, cosa dicono?”. Lui: “Che la percentuale di studentesse alla Facoltà di Architettura ha ormai superato quella degli studenti!”. E a me, che ero rimasta in silenzio, soggiunse: “È la fine dell’architettura!”

Autore

  • Alessandra Muntoni

    Laureata in Architettura a Roma, relatore Bruno Zevi, nel 1967. Professore Ordinario di Storia dell’Architettura, ha insegnato Storia dell’architettura moderna e contemporanea all’Università di Roma La Sapienza e al Politecnico di Bari. La sua ricerca è rivolta in particolare all’architettura contemporanea italiana e internazionale nei suoi aspetti innovativi, con studi su autori, opere e grandi interventi urbani ai quali ha dedicato articoli e libri. Ha partecipato a convegni nazionali e internazionali. Dirige dal 1985, con Gabriele De Giorgi e Marcello Pazzaglini, la rivista «Metamorfosi. Quaderni di Architettura». Fa parte del comitato scientifico della rivista «Rassegna di Architettura e Urbanistica». Dal 2012 tiene una rubrica online settimanale sull’architettura nella PresS/Tletter di Luigi Prestinenza Puglisi. Tra le sue pubblicazioni: Architettura nell’era elettronica, Mancosu 2005; Roma tra le due guerre, 1919-1944, architettura, modelli urbani, linguaggi della modernità, Kappa, Roma 2010; Lineamenti di Storia dell’Architettura contemporanea, Laterza Roma-Bari 2005-2015.

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Last modified: 10 Novembre 2021