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Vienna, tutte le declinazioni del Modernismo

Vienna, tutte le declinazioni del Modernismo

Visita alla mostra semi-permanente al Leopold Museum, “Vienna attorno al 1900. La nascita del Modernismo”

 

VIENNA. Bisogna risalire alla metà degli anni ’80, all’esposizione che Hans Hollein curò con Robert Waissenberger al Künstlerhaus e che poi fu in parte a Palazzo Grassi a Venezia (“Traum und Wirklichkeit. Wien 1870-1930”, “Tra sogno e realtà. 1870-1930”), per trovare un’ampiezza di approccio analogo alla nuova mostra semi-permanente del Leopold Museum, dedicata al periodo storico-artistico a cavallo fra ‘800 e ‘900 e focalizzato sull’allora capitale austro-ungarica.

“Wien um 1900. Aufbruch in die Moderne” (“Vienna attorno al 1900. La nascita del Modernismo”) raccoglie infatti una tale mole di materiali e la espone in modo così efficace, da candidarsi ad essere almeno per i prossimi 5 anni “la mostra” per eccellenza su quell’epoca così fertile per la cultura, le arti e le scienze. Un aspetto determinante in questa iniziativa realizzata con sensibilità e gusto pure nell’allestimento, è senza dubbio il gioco di rimandi anche di carattere internazionale fra le varie sezioni individuate dal curatore (e direttore del museo) Hans-Peter Wipplinger. Che si tratti di pittura, scultura, arti applicate, architettura, moda, cartellonistica, oreficeria od oggettistica, la mostra offre un’imperdibile immersione a tutto campo per ogni appassionato di Modernismo e suscita attenzione per artisti solitamente meno cavalcati nei programmi di musei e gallerie.

 

Il percorso

La maggior parte delle opere e degli oggetti esposti sono di proprietà del Leopold Museum che, nei decenni, non sempre senza incorrere in critiche e controversie anche giudiziarie sulla provenienza, ha raccolto una collezione di fondamentale rilievo, che va ben oltre il primato sul numero di opere di Schiele al mondo. E superando antichi steccati, la nuova direzione è riuscita ad ottenere in prestito o acquisire pezzi o collezioni private, con oggetti mai o raramente esposti prima.

Il percorso è cronologico e prende le mosse dall’era di Hans Makart, grande pittore e guru indiscusso dell’ultimo scorcio dell’800 viennese. Benché il fondamentale punto di arrivo sia la Grande guerra, la mostra si estende fino alla Nuova oggettività e dunque al periodo fra i due conflitti mondiali. Articolato su 3 piani e con 1.500 oggetti, il percorso trova un’integrazione naturale negli altri piani del museo, grazie alle sale monografiche su Gustav Klimt, Richard Gerstl, Egon Schiele, Oskar Kokoschka, nonché Arnold Schönberg pittore. Un percorso che si estende dunque su larga parte del museo e richiede alcune ore per poter essere assaporato.

Le sezioni dedicate a Otto Wagner, Adolf Loos, Josef Hoffmann e Koloman Moser propongono scelte di progetti e arredi, fra cui la camera che Hoffmann progettò per la figlia diciassettenne dell’industriale Max Biach nel 1902, da poco acquisita dal museo ed interamente esposta (ad eccezione dei lampadari originali). Gigantografie di luoghi iconici con anteposti i relativi arredi accolgono il visitatore. Troviamo il Café Museum del 1899, il Cabaret Fledermaus del 1907, e le opere d’arte totali del sanatorio di Purkersdorf del 1904/5 e del Palazzo Stoclet di Bruxelles, del 1905-11. Ma vi sono anche gli arredi dell’atelier di Klimt e quelli del salone di moda di Emilie Flöge. Interessante è pure l’ambientazione di armadi, salotti, sale da pranzo, con giustapposizione di quadri o sculture di artisti dell’epoca, che adornavano le case alto borghesi della Vienna fin de siècle.

Nelle sale dedicate alla grafica, spiccano le locandine della Secessione Viennese o di eventi artistici nella capitale, mentre scuri scaffali fanno risaltare vetri, posate e gioielli nella sezione dedicata alle arti applicate. Stazioni audio propongono brani da composizioni di musicisti dell’epoca, con la possibilità di seguire sulle partiture il farsi delle melodie.

Di tanto in tanto, l’architettura dell’edificio progettato dallo studio Ortner&Ortner dentro al Museumsquartier, consente sguardi verso i piani superiori o inferiori, o verso l’esterno attraverso grandi vetrate aperte sulla zona monumentale, amplificando il prezioso gioco di rimandi.

Particolarmente pregevole è il catalogo (in tedesco/inglese), dato alle stampe dopo l’inaugurazione della mostra, ma che è valsa l’attesa, con le sue 560 pagine, i saggi che approfondiscono aspetti del Modernismo viennese e un migliaio d’illustrazioni.

Autore

  • Flavia Foradini

    Giornalista e autrice per carta stampata e radio, si occupa da oltre trent’anni in particolare di area germanofona e anglofona, ma segue anche temi globali. Scrive per numerosi editori italiani ed esteri, tra cui Il Sole 24 Ore, il gruppo Allemandi, il gruppo Espresso-Repubblica, la RSI (Radiotelevisione della Svizzera Italiana, per cui realizza approfondimenti e audiodocumentari). Ha collaborato con il Piccolo Teatro di Milano e insegnato alla Kunstuniversität di Graz. Ha curato e/o tradotto numerose opere di e sul teatro, e saggi storici. Si è occupata approfonditamente fra l'altro di architettura nazista, in particolare del sistema delle torri della contraerea, su cui ha scritto, tenuto conferenze, e realizzato mostre (con fotografie di Edoardo Conte). Osserva dagli anni '80 gli sviluppi urbanistici e architettonici di Vienna

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Last modified: 3 Dicembre 2019