Intervista a Semyon Michailovsky, curatore del Padiglione nazionale intitolato “Station Russia” alla 16. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia
Alla prossima Biennale di Architettura la Russia si presenta con “Station Russia”, una particolare interpretazione del tema “Freespace” proposto dalle curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara, tema che qui diventerà piuttosto un “empty and huge space”. Secondo la visione del curatore Semyon Mikhailovsky (nella foto), è infatti lo sterminato territorio della Russia a essere protagonista, solcato com’è dalle linee ferroviarie che permettono alla gente di spostarsi ma, anche e soprattutto, di vederlo e apprezzarlo. Sono, quindi, treni e stazioni, linee e paesaggi gli elementi costitutivi dell’impianto narrativo che, ovviamente, non si sottrae alla dimensione architettonica delle infrastrutture che consentono il viaggio. Mikhailovsky è rettore dell’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo, membro del Council for Art and Culture del Presidente russo, già protagonista in tre precedenti edizioni a Venezia sia per Arte (nel 2017) che per Architettura (nel 2014 e nel 2016) nonchè grande amico della cultura italiana e del nostro Paese.
Quello russo fu uno dei primi padiglioni nazionali ad essere inaugurati nei Giardini della Biennale all’inizio del secolo scorso. Questo testimonia il profondo rapporto fra l’Italia e la Russia nella storia, ma soprattutto una relazione speciale con Venezia. Come descriverebbe questa lunga storia e com’è il suo rapporto con la città?
C’è sempre stata una relazione fra Russia e Italia, anche partendo dai rapporti fra le Accademie di Belle Arti. I russi adorano gli italiani e gli italiani adorano i russi. Non ho mai trovato un italiano che parlasse male della Russia e della sua cultura e mi parrebbe strano ce ne fosse uno. Riguardo alle Accademie di Belle Arti, ad esempio, gli studenti venivano inviati a formarsi in Italia sin dalla metà del XVIII secolo per farli diventare pittori. La natura e la cultura italiane hanno influenzato l’arte russa. Il padiglione russo è stato costruito prima dello scoppio della prima guerra mondiale (1913): la posizione è molto buona, accessibile, con terrazza sulla laguna e tutto il padiglione funziona perfettamente, con la luce zenitale, come in un museo.
Se oggi ci sono tante Biennali nel mondo, quella di Venezia rimane sempre la migliore attirando i migliori artisti e gli architetti più interessanti che qui vengono a mostrare le proprie opere e a mostrarsi. Per questo la Biennale è importante per noi: primo perchè Venezia è in Italia, secondo perchè esiste questo importante rapporto fra Italia e Russia. L’Italia ha nutrito la Russia formando i suoi studenti in passato e, ancora oggi, i nostri studenti vengono nella Penisola: per questo la Biennale ha un significato storico. Il nostro è un padiglione nazionale e la nostra missione è presentare al mondo i nostri risultati in un contesto nel quale la Russia è vicino a Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti. Per questo motivo abbiamo grandi responsabilità verso il nostro Paese e verso i risultati che abbiamo raggiunto.
La prima volta che sono giunto a Venezia mi sono affacciato su Piazza San Marco e non potevo credere che questo stesse succedendo a me: conoscevo la piazza solo dalle fotografie e dai quadri. Quel giorno passò una gigantesca nave da crociera mentre ero vicino a Palazzo Ducale e la nave illuminata a festa mi impressionò molto. Io, che sono nato e vivo a San Pietroburgo, traggo l’impressione più forte dalla presenza dell’acqua e dal suo odore. Quando arrivo all’aeroporto di Tessera e poi mi imbarco, l’odore della laguna mi impressiona. San Pietroburgo e Venezia non hanno niente in comune se non l’acqua. Dal punto di vista architettonico non è vero che San Pietroburgo sia la Venezia del nord: sono due città diverse. Per me tutte le città di acqua o di mare sono interessanti. A me piace l’odore di Venezia, è fantastico. Non capisco chi si chieda come si faccia a vivere qui.
Come vede la Russia il tema di quest’anno, “Freespace”?
Per noi “Freespace” è lo spazio fisico gigantesco della Russia: è una delle caratteristiche del nostro Paese: abbiamo un territorio enorme. Questo è il nostro problema, ma anche la nostra risorsa. Tutto il territorio è attraversato da arterie rappresentate da linee ferroviarie grazie alle quali la gente si può spostare e lo fa in continuazione. Le persone abitano in prossimità delle linee ferroviarie che così diventano linee di vita. Il nostro problema è coprire le distanze. Noi interpretiamo così il tema anche se non coincide al 100% con quanto intendono le curatrici. Per noi lo spazio aperto è una presenza costante, anche se difficile. Per noi lo spazio è il nostro Paese.
Sappiamo che il vostro padiglione si focalizzerà sulla tipologia della stazione come luogo dal quale partire e arrivare per coprire lunghe distanze. Può darci delle anticipazioni su “Stazione Russia”?
Il padiglione veneziano è stato costruito su progetto dell’ingegnere Alexei Shchusev che disegnò anche la stazione ferroviaria di Kazan a Mosca: c’è una certa somiglianza fra le due architetture. Shchusev utilizza i motivi decorativi della tradizione russa e c’è un collegamento formale con il padiglione. Temi cardine saranno: vie ferroviarie che mettono in connessione le persone e il problema della grandezza delle distanze. La prima sala sarà dedicata alla geografia: racconteremo lo spazio del Paese, i fusi orari che lo attraversano e questo territorio così grande descritto con un grande videomapping. La seconda sala sarà ispirata ad un deposito ferroviario dove verranno mostrati i progetti architettonici delle stazioni dal XIX secolo ad oggi. In un’altra sala sarà installato un modello della stazione di Pavlovsk a San Pietroburgo, la prima con una sala per la musica dove suonò anche Strauss. Il tema è la memoria. Ci saranno foto e video della gente che si incontra e si saluta nelle stazioni, per indagare questi spazi anche dal punto di vista delle emozioni.
Ci saranno altri tre ambiti. Nel primo lo Studio 44 presenterà la stazione di Sochi, ispirata alla forma di un uccello. Il secondo è dedicato a Nicolaj Shumakov che realizza progetto di una linea ad alta velocità che collega Mosca alla città di Kazan (capitale della repubblica russa del Tatarstan, ndr.), parte della nuova Via della seta. Su questa linea saranno costruite le stazioni di Chelyabinsk, Petuski, Kazan, Nizhny Novgorod. Abbiamo poi la sala di attesa. Un artista realizzerà dei graffiti, come quelli che si possono vedere lungo le recinzioni delle ferrovie nelle città: tutte le pareti saranno così molto colorate e sarà presentata la proposta di un artista per la piazza delle tre stazioni (Leningradsky, Yaroslavsky, Kazansky, ndr.) a Mosca, la piazza Komsomolskaya. Al piano terra ci sarà invece il deposito bagagli dove saranno custoditi e mostrati anche artefatti relativi alle linee ferroviarie. Infine, nell’ultima sala, troveremo un grande schermo che presenterà il video di una persona che viaggia lungo la Transiberiana da Mosca a Vladivostock per andare a trovare i propri parenti: dal finestrino vede il paesaggio infinito del nostro grande Paese. Di fronte ci sarà il progetto della linea da Mosca a Vladivostock. Dal finestrino si vedranno i cristalli di ghiaccio e il bianco invernale dello spazio infinito.
Da qui si uscirà sull’estate dei Giardini della Biennale. Tutto il padiglione sarà pervaso dalla consapevolezza della grande scala del Paese: si tratta di un tema di grande rilevanza per noi e per noi è sempre stato importante comunicarlo non solo dal punto di vista tecnico e architettonico, ma anche sul piano delle sensazioni. Ciò che differenzia il padiglione russo dagli altri è proprio il fatto che noi cerchiamo sempre di infondere nel pubblico una grande energia perché “siamo cresciuti nel vulcano della nostra storia”, registriamo i cambiamenti della terra e siamo abituati a discutere temi molto seri. Ci fa piacere farlo in un contesto internazionale.
Infine, può darci un’idea delle aspettative e degli obiettivi che intendete perseguire con questa partecipazione alla Biennale di Architettura? Quali potranno essere le relazioni e le sinergie con gli altri Paesi partecipanti?
Noi stringiamo amicizia con tutti i curatori dei padiglioni. Se nella politica ci sono problemi, all’interno della Biennale abbiamo tutti un rapporto amichevole e collaborativo. Scambiamo visite col vicino padiglione giapponese ad esempio. Grazie a queste relazioni di amicizia l’atmosfera della Biennale aiuta i paesi a collaborare fra loro e si crea un clima positivo. Anche se qualcuno vince i premi e qualcuno no -abbiamo ricevuto una menzione speciale una volta (nel 2012, ndr.)- non è questo il problema più importante. Il premio più importante per noi è ricevere l’attenzione del pubblico e avere riscontri positivi.
(traduzione dal russo di Dariia Maksimova)
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Last modified: 25 Marzo 2018
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