Palazzo barocco del Settecento tedesco, distrutto dai bombardamenti nel 1945, ora ricostruito minuziosamente com’era dov’era dall’architetto Thomas Albrecht per ospitare le collezioni d’arte di Hasso Plattner
POTSDAM. L’acceso dibattito che accompagna da anni il processo di ricostruzione delle città tedesche, soprattutto all’est e che ha portato al fenomeno culturale definito Rekostruktivismus, verte sull’opportunità o meno di riprodurre nella propria integrità importanti architetture del passato. Questo processo viene considerato da alcuni come pura falsificazione dell’originale e quindi negazione dell’atto creativo insito nel concetto di architettura. Di parere opposto sono invece i suoi sostenitori, che vedono nella fedele ricostruzione l’unico mezzo per riconquistare un’identità nazionale perduta con la seconda guerra mondiale e ulteriormente smarrita nelle affrettate ricostruzioni urbane degli anni successivi. Nascono da queste premesse le polemiche sulla rinascita, tuttora in atto, dello storico Castello di Berlino o quelle suscitate dal restauro del palazzo del Reichstag alcuni anni or sono.
Ma la ricerca del tempo perduto non sembra un’esigenza irrinunciabile soltanto per Berlino. La smania della ricostruzione “dov’era e com’era” ha contagiato molte località, tra le quali Potsdam in particolare. Situata a soli trenta chilometri dalla capitale e proclamata patrimonio dell’Unesco per alcuni suoi edifici storici tra i quali il palazzo imperiale di Sanssoucis, la città ha dato luogo negli ultimi vent’anni al sistematico rifacimento di tutte le sue architetture monumentali distrutte durante la guerra. Addirittura, Potsdam sembra aver ingaggiato con Berlino un’ideale gara di bellezza e sfoggia con orgoglio le tappe di una veloce ricostruzione: dalla chiesa di San Nicola, disegnata da Karl Friedrich Schinkel, al castello di città ai tanti palazzi nobiliari che ornavano il suo centro storico.
Grande risonanza ha ora suscitato, almeno presso i media locali, la recente inaugurazione del Palast Barberini, un maestoso edificio in stile barocco oggi adibito a museo privato e destinato ad accogliere le ricche collezioni d’arte di Hasso Plattner, il miliardario e mecenate tedesco che ne ha totalmente finanziato la rinascita. Costruito tra il 1771 e il 1772 per un committente privato, s’ispirava all’omonimo palazzo di Roma, del quale condivideva nome e architettura. Distrutto dai bombardamenti nel 1945 e risorto dalle macerie in soli tre anni, il nuovo Barberini è dunque frutto di una minuziosa ricostruzione che ha visto al lavoro decine di artigiani specializzati. «Sulla base di antichi documenti e fotografie degli anni Venti siamo stati in grado di riprodurre il palazzo esattamente com’era, compresi alcuni difetti strutturali presenti nella costruzione originale», afferma con orgoglio l’architetto Thomas Albrecht dello studio Hilmer, Sattler & Albrecht, autore dell’opera. Albrecht paragona il progetto a una sinfonia di Beethoven, in cui ogni nota deve coincidere con la partitura originale per essere credibile. E aggiunge che persino l’arenaria delle facciate proviene dalle medesime cave che fornirono il materiale per l’edificio settecentesco.
A replica del predecessore, anche il nuovo museo si compone di tre corpi di fabbrica posizionati a U, con il volume centrale affacciato sulla piazza principale della città, l’Alter Markt, e le due braccia laterali protese verso il fiume Havel. All’interno, la ricerca di suggestioni barocche culmina nel maestoso foyer vetrato, dove lo spazio è scandito da una fuga di colonne che sostengono l’intricata volta a botte. Da qui due moderne rampe di scale e un sistema di ascensori conducono ai piani superiori dove si trovano le sale espositive, tutte di rigorosa semplicità per lasciare all’arte il ruolo di protagonista, oltre a un auditorium per duecento persone. Il piano sotterraneo invece ospita i laboratori di restauro, gli impianti tecnici e un garage, accessibile da un ingresso discretamente posizionato su un angolo della facciata principale.
Dotato di un sofisticato sistema d’illuminazione e di un impianto di climatizzazione di ultima generazione, il museo rivela nei suoi aspetti tecnici il paradosso di un progetto in cui alla forzata rivisitazione storica si contrappongono irrinunciabili caratteristiche di modernità.
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Immagine di copertina: Fronte del Museum Barberini da Alter Markt, foto: Helge Mundt, © Museum Barberini
La carta d’identità del progetto
Committente: Museo Barberini GmbH, Potsdam
Progettisti: Hilmer & Sattler und Albrecht, Berlino
Superficie totale: 7.350 mq
Superficie utile: 4.250 mq
Superficie espositiva: 2.200 mq
Anno di costruzione: 2013-2016
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germania , restauro
Last modified: 25 Aprile 2017
[…] prima appartengono le “ricostruzioni storicamente vere” di facciate e strutture interne (come Palazzo Barberini), alla seconda invece le ricostruzioni di sole facciate su interni moderni (come Palazzo Pompei e […]