In attesa di una Biennale sempre più lunga, social e virale, riuscirà il capoluogo veneto a recepire e volgere in concreto gli impulsi derivanti dal concept dell’architetto cileno?
Nutriamo grandi aspettative per la prossima Biennale di Architettura. Il Pritzker assegnato la scorsa settimana al direttore della 15esima edizione non fa che amplificare tali attese. Il riconoscimento ad Alejandro Aravena, primo cileno e più giovane (ex aequo) ad averlo ricevuto, è di certo meritato ma anche un po’ paragonabile al Nobel per la Pace che fu assegnato a Obama: un auspicio ancor prima che un omaggio alla carriera – che pure, nel caso di Aravena, è già «robusta» anche di realizzazioni architettoniche con la A maiuscola.
Tuttavia, ciò che qui c’interessa sottolineare è l’aspetto engagée della biografia professionale di Aravena; aspetto che dovrebbe permeare la sua Biennale improntata al “Reporting from the Front”. Ovvero, un cambio di paradigma per l’architettura, chiamata a dare un reale contributo di fronte a urgenze che la drammatica storia recente del mondo ci sbatte crudamente in faccia. Nelle passate edizioni della rassegna veneziana (in particolare, quelle del 2008 e del 2010 targate rispettivamente Betsky e Sejima) ci siamo chiesti dove fosse l’architettura, tra derive artistoidi e compiaciuti estetismi. Ora, invece, l’occasione è propizia per far scendere l’architetto da presunti piedistalli o autoreferenziali turris eburnee, segnando per l’architettura un definitivo mutamento di statuto: da icona esclusiva quanto trascurabile a ineludibile pratica che supporta e condiziona le politiche territoriali. Un’occasione per esplorare e delineare inediti modus operandi e ambiti di ricerca o inconsuete geografie, filiere e biografie.
Certo, il rischio di strumentalizzare l’engagement è dietro l’angolo. Tuttavia, nelle designazioni curatoriali delle partecipazioni nazionali (Italia in testa, con Tamassociati) e nelle enucleazioni tematiche laddove già note (ad esempio Albania, Germania, Irlanda, UK) ci sembra di scorgere fecondi percorsi.
Il nostro giornale intende seguire e raccontare tutto ciò fin da ora, attraverso una finestra del sito web appositamente dedicata. Essa conterrà un progressivo avvicinamento alla mostra fatto di anticipazioni e approfondimenti su alcune tra le principali partecipazioni nazionali. Un propedeutico racconto per capitoli che culminerà nei giorni della vernice (25-27 maggio), dove in laguna saremo presenti in forze per raccontare la Biennale dal vivo e in tempo reale. In quei giorni, accanto ai consueti reportage per immagini e testi, affiancheremo anche, come e più della scorsa edizione, una serie di specifici contributi video grazie al supporto di una troupe specializzata.
Frattanto, a Venezia si attende l’imprimatur delle commissioni cultura di Camera e Senato per la definitiva riconferma di Paolo Baratta alla presidenza della Fondazione La Biennale. Un quarto mandato quadriennale dopo quello dal 1998 al 2001 e gli ultimi due consecutivi in virtù, com’è risaputo, di una modifica approvata dal Governo lo scorso agosto, a un decreto legge di riforma sugli enti locali. Grazie ad essa le riconferme consecutive al prestigioso incarico sono passate da «non più di una» a «non più di due». Per ora comunque la conclusione dell’iter formale per la nomina, già avviato dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini prima della scadenza di mandato, il 19 dicembre scorso, impone a Ca’ Giustinian un silenzio stampa al quale non resta che adeguarsi.
In attesa di una Biennale che si propone sempre più lunga, più social e più virale (rinnovata la collaborazione con il Google Cultural Institute che ha portato sulla piattaforma g.co/biennalearte2015 e su Google play l’esplorazione virtuale di spazi e contenuti), il tema di Aravena si presta anche a possibili declinazioni locali attraverso il confronto con le marginalità più prossime. Ne costituiscono un segnale il probabile coinvolgimento di alcune realtà locali in iniziative rientranti nella Biennale nonché il Progetto speciale Forte Marghera, nell’omonimo forte a Mestre, a cura di Stefano Recalcati con una mostra che promette di dedicarsi a esempi di rigenerazione urbana di porti industriali.
Tutto il resto a Venezia è anche e soprattutto evento: collaterale ufficiale e non, partecipazione nazionale, temporary exhibition. Alla Biennale d’Arte 2015 sono stati 44 i collaterali ufficiali e ben 89 in tutto le partecipazioni nazionali di cui 29 extra i confini di Arsenale e Giardini. La sete di spazi per iniziative ospitate più che organizzate si riflette in un florilegio di istituzioni, palazzi pubblici e privati, location d’ogni tipo (212 solo quelli pubblicati nel sito ufficiale dell’istituzione veneziana in «bacheca biennale») pronti ad accoglierle mentre si consolidano vere e proprie società atte a fare da tramite organizzativo e gestionale per le esclusive location.
Riuscirà, in tutto questo, il capoluogo veneto a recepire e volgere in concreto gli impulsi derivanti dal concept dell’architetto cileno? Presto per dirlo. Dopotutto, non dimentichiamolo, in calendario ora avanza una più prossima scadenza: l’effimero e irrinunciabile turbinio dell’evento carnascialesco.
About Author
Tag
biennale venezia 2016 , premio pritzker , reporting from the front
Last modified: 10 Febbraio 2016
[…] UNA BIENNALE ENGAGÉE PER ARAVENA FRESCO DI PRITZKER […]