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Francesca AlberaWritten by: Città e Territorio

Il real estate cinese tra mercato e realtà urbana: i complessi Soho a Pechino

Il real estate cinese tra mercato e realtà urbana: i complessi Soho a Pechino

Soho

sta letteralmente per “small office, home office”, una micro realtà lavorativa gestita da un numero limitato di persone che trova collocazione all’interno della loro stessa abitazione.
Nel contesto cinese Soho è però anche il nome scelto per uno dei principali colossi immobiliari del paese, fondato dagli imprenditori Zhang Xin e Pan Shiyi, e famosissimo a Pechino per la realizzazione di complessi multifunzionali, concentrati in particolare nel Central Business District della città.
L’obiettivo della compagnia è stato negli anni la costruzione di edifici innovativi e non convenzionali, caratterizzati da un mix di esercizi commerciali, uffici e residenze. Affidando infatti la progettazione a numerosi architetti stranieri, i “Soho” si sono imposti come complessi alla moda, promotori di un nuovo lifestyle, particolarmente attraente per una Cina con grande disponibilità economica e desiderio di ispirarsi ai trend internazionali. Insomma, una studiata operazione commerciale ma che caratterizza fortemente l’aspetto e l’identità di alcune zone della città contemporanea.
Ciò che risulta interessante però, al di là delle aspirazioni di mercato, è l’uso assiduo della loro dimensione pubblica. Molti degli interventi presentano un assetto spaziale comune, caratterizzati dalla presenza di imponenti edifici a torre, saldati a un livello del suolo articolato e intensamente vissuto che permette di ricondurre gli interi complessi a una scala molto più umana. Passeggiando al loro interno, si può percepire la varietà dello spazio all’aperto, organizzato su più livelli, quello della strada e quello sotterraneo, comunicanti tra loro attraverso forature e passaggi. Con questi spazi, anche le dimensioni più impersonali della grande scala vengono “digerite” e fruite in modo vivace, traendo vantaggio dalle diverse opportunità funzionali. E qui si esprime la natura fortemente assimilatrice di Pechino e dei suoi abitanti, in grado di introiettare e vivere le realtà urbane più diverse.

Parlando di alcuni progetti specifici, uno dei più interessanti è il Jianwai Soho, dell’architetto giapponese Riken Yamamoto. Il complesso, costruito nel 2007, rappresenta oggi uno dei centri polifunzionali più dinamici della città, composto da 20 torri quadrate e 4 “villas” che integrano residenze, uffici e negozi. L’aspetto degli edifici è caratterizzato dalla ripetizione uniforme di cornici rettangolari di cemento bianco con ampie vetrate all’interno. L’omogeneità non riguarda solo gli edifici ma anche l’arredo urbano e la configurazione dello spazio pubblico alla loro base. Ogni elemento parla lo stesso linguaggio essenziale, senza risultare monotono ma, al contrario, rendendo l’insieme unitario e leggibile.

Un altro intervento è il Sanlitun Soho, progettato da Kengo Kuma nel 2010. Collocato in un contesto attrattivo e dinamico, il complesso rappresenta un’ulteriore estensione dell’offerta commerciale e ricreativa che caratterizza il frequentatissimo quartiere di Sanlitun. Qui sono presenti 5 shopping malls e 9 torri di varia altezza con appartamenti e uffici. Gli edifici presentano facciate curve continue realizzate con pannelli di alluminio e vetro di diversi colori, dimensioni e inclinazioni. Le torri e i negozi sono tra loro collegati dalla corte interna, su due livelli e caratterizzata dalla presenza di alberi e percorsi d’acqua. I colori e la grande quantità di spazio percorribile e fruibile in diversi modi (a piedi, in skateboard o in bici) caratterizzano la piazza, conferendole un’identità e una vivacità propria.

Il complesso più celebre è invece il Galaxy Soho, firmato Zaha Hadid e collocato lungo l’asse stradale del secondo anello della città. I 4 volumi continui contenenti uffici, negozi e spazi ricreativi sono amalgamati tra loro da un sistema di ponti e organizzati intorno a una grande corte interna centrale. Da ogni punto di osservazione si può percepire l’estrema fluidità delle forme modellate che contribuiscono a rendere l’insieme particolarmente avvolgente. Al di là però degli edifici, in larga parte inutilizzati (i prezzi degli affitti sono infatti proibitivi), lo spazio tra loro è quello che funziona meglio. Ogni sera vi si ritrovano numerose persone di tutte le età che usano il perimetro del complesso per le attività di jogging giornaliero, mentre la piazza interna diventa il luogo privilegiato per i giochi d’acqua dei bambini e le danze di gruppo, così popolari in Cina. Questo Zaha non lo poteva immaginare.

I Soho quindi risultano efficaci proprio perché la loro dimensione pubblica viene interpretata e usata per attività molteplici, oltre le possibili previsioni. Al di là dei progetti, la componente umana che vi gravita intorno è ciò che li rende coinvolgenti.

 

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Autore

  • Francesca Albera

    Nata a Cuneo nel 1989, studia architettura presso il Politecnico di Torino, dove si laurea con lode nel 2014 con una tesi sul riuso di un'area industriale ad Amburgo, frutto di un'esperienza di studi e ricerca svolta tra Italia e Germania. Dopo la laurea parte per la Cina, lavorando a Pechino presso gli studi professionali Atelier Teamminus ed Elevation Workshop. Dal 2015 collabora con il Giornale dell'Architettura e attualmente lavora a Torino come architetto.

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Last modified: 20 Aprile 2018