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Daria RicchiWritten by: Reviews

La formula Roche: architettura=uomo+natura

New Haven (Connecticut). È uno strano connubio quello che caratterizza il lavoro di Kevin Roche: eterogeneo incontro tra un’architettura aziendale e una naturale; progetti che spaziano dal grattacielo sede della Ford a Manhattan (1963) allo zoo di Central Park (1980-1988), fino all’ampliamento del Metropolitan Museum (ancora in corso). «Roche è forse uno degli architetti più cerebrali. È stato il primo a impegnarsi in nuovi paradigmi ambientali, introducendo il tema dei trasporti all’interno dell’architettura o il paesaggio all’interno degli edifici», spiega Eeva-Liisa Pelkonen curatrice della mostra e autrice del catalogo insieme a Kathleen John-Alder, Olga Pantelidou (anche aiuto curatore) e David Sadighan.
La Facoltà di architettura di Yale (YSoA) gli dedica una retrospettiva accompagnata da varie lezioni e conferenze. L’elegante allestimento all’interno dell’architettura brutalista realizzata da Louis Kahn nel 1953, con molti modelli, pannelli appesi al soffitto o alle pareti e descrizioni dettagliate, è a firma di Dean Sakamoto, responsabile delle mostre a Yale, e del suo gruppo di lavoro composto da Dana Keeton e Angie Hurlbut (AHDesign).
Il sottotitolo della mostra «architettura come ambiente», riflette sulla progettazione come parte di un più ampio contesto, allo stesso tempo prodotto dell’uomo e della natura, che include una valenza simbolica e irreale ma anche un’alta componente tecnologica. Valgono come esempi
il progetto per la Federal
Reserve Bank (non costruito), un utopico grattacielo su «trampoli» in cemento armato di 45 m a testimonianza di risultati a volte anche audaci ed esuberanti; l’emblematica e iconica cupola del padiglione Ibm per l’Esposizione universale di New York del 1965; il progetto per un memoriale ai caduti (1965-1972) a New
Haven, ora demolito, dove la copertura era composta da quattro piani per parcheggi, come a unire sacro e profano.
Roche, nato nel 1922, cresce a Cork e si laurea a Dublino. Lascia la nativa Irlanda per Chicago nel 1948 dove continua a studiare con Mies van der Rohe. In seguito comincia a lavorare per Eero Saarinen, mentre ancora collabora al progetto per la sede delle Nazioni Unite. Vincitore del Pritzker Prize nel 1999, è considerato il membro della cosiddetta «terza generazione dell’architettura moderna», di cui fanno parte Robert Venturi e James Stirling, e quando Saarinen muore nel 1961 Roche prosegue alcuni dei suoi progetti più rappresentativi come l’arco d’ingresso alla città di Saint Louis. Da quel momento molte saranno anche le collaborazioni internazionali che in mostra sono presentate in cinque sezioni tematiche dedicate a spazi per esposizioni e spettacolo (Display and Spectacle), spazi di lavoro (Workspace and Workflow), contesti e comunità (Context and Community), spazi verdi (Greenhouse and the Garden), e grande scala (Big).
«Kevin Roche: Architecture as Environment», a cura di Eeva-Liisa Pelkonen, Yale School
of Architecture, Yale, fino al 6 maggio

Autore

  • Daria Ricchi

    Laureata in architettura presso l’Università di Firenze nel 2003, sta completando un dottorato in storia e teoria dell’architettura presso l’Università di Princeton. Interessata alla riflessione sui confini tra i generi e le narrative storiche, nonchè ai diversi modi di scrivere di architettura, ha pubblicato un saggio sul ruolo della fantasia nei testi di storia: “There is no Fantasy Without Reality. Calvino’s Architectural Fictions" (NAi, 2015). Collabora con diverse riviste di architettura (Il Giornale dell’Architettura, A10, Area) e quotidiani (Casamica, il Corriere della Sera). Il suo primo libro (2005) raccontava il neo-modernismo olandese attraverso il lavoro dello studio Mecanoo, mentre il suo successivo (2007) riguarda il lavoro dello studio newyorkese Diller & Scofidio + Renfro.

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Last modified: 10 Luglio 2015