New York. «Rising Currents» insiste su due aspetti: il workshop e il progetto scientifico. «Il mio scopo è quello di realizzare mostre che partono da ricerche scientifiche allinterno di musei di arte e architettura, in modo da raggiungere un pubblico più ampio rispetto a un museo di storia naturale», racconta Guy Nordenson, ingegnere e docente di tecnica delle costruzioni a Princeton.
Due anni fa Berry Bergdoll, chief curator al Museum of Modern Art, ha deciso di recuperare una pratica dismessa da Drexler negli anni sessanta, ovvero trasformare problemi urbani trascurati o sottostimati in oggetto di studio e interesse pubblico attraverso una mostra. La base per «Rising Currents» è un libro: On the Water. Palisade Bay, curato dallo stesso Nordenson insieme a Catherine Seawitt e Adam Yarinsky, e basato su uno studio riguardante i cambiamenti e le emergenze climatiche, come linnalzamento del livello dellacqua. Il Latrobe Team (un team multi-disciplinare con base a Princeton) ha presentato un resoconto secondo il quale occorreva «enfatizzare ed esplorare luso dinfrastrutture alternative e ammortizzanti per ridurre i danni provocati da inondazioni, forti tempeste o uragani».
Sono state contattate trenta università americane che hanno suggerito altrettanti nomi tra architetti e paesaggisti. Tra i curriculum presentati ne sono stati selezionati dieci e a novembre 2009, a seguito dinterviste, cinque gruppi hanno cominciato i loro progetti su altrettante aree costiere di New York e New Jersey lavorando per otto settimane negli spazi del P.S.1 (sede distaccata del MoMA) con constanti revisioni dei curatori della mostra. Il progetto consisteva nellimmaginare soluzioni tra «acqua, territorio e città»: nuovi compromessi tra infrastrutture e paesaggio, in grado di rallentare limpatto dellacqua in caso di violenti fenomeni meteorologici. Il team Ltl ha previsto lincremento di 72 km di costa attraverso isole artificiali che fungano da barriera nel caso dinondazioni; similmente ha ragionato nArchitects con un arcipelago disole artificiali per promuovere la resilienza naturale. Il gruppo di Kate Orff prevede invece di recuperare il processo biologico di coltivazione delle ostriche come barriera ecologica.
Nordenson ammette «che non si sa ancora se lidea di una struttura ammortizzante piuttosto che contenitiva come accaduto finora sia quella più efficace». Il MoMA ha corso il rischio di mostrare ipotesi, suggerimenti, progetti di ricerca. Non ci sono ancora stati riscontri concreti. Tuttavia, parte di «Rising Currents» sarà in mostra nel padiglione americano, che avrà per tema la pratica del workshop, alla prossima Biennale di Venezia. Alla domanda se non si rischia di speculare sul tema della catastrofe ambientale Bergdoll risponde che il pericolo cè, che lidea è nata dagli effetti delluragano Katrina a New Orleans, ma che è anche lunico modo per poter esorcizzare il timore di parlare di argomenti a volte considerati inaffrontabili e renderne consapevole il grande pubblico.
«Rising Currents. Projects for New Yorks Waterfront», a cura di Barry Bergdoll, Guy Nordenson, Klaus Biesenbach e Antoine Guerriero, New York, MoMA, fino a ottobre