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Andrea IacomoniWritten by: Professione e Formazione

Eduardo Catalano

Il 28 gennaio si è spento a Boston Eduardo Catalano, all’età di 92 anni. Architetto di origine argentina, diventa famoso nel 1956, quando una delle sue prime opere, la Raleigh House in North Carolina, è nominata «Casa del decennio» da «House and Home Magazine». Plasmata dal semplice quanto ardito gesto strutturale di un guscio a paraboloide iperbolico, più che una casa, la Raleigh House (nella foto con Catalano) sembra una tenda piantata nel bosco e suscita l’ammirazione di un critico spietato come Frank Lloyd Wright. Con questa sottile copertura fatta di tavole di legno, spessa pochi centimetri, Catalano testimonia l’adesione alle ricerche sulle volte sottili, congiungendo architettura e ingegneria come termini diversi dello stesso problema. Infatti, dopo la laurea a Buenos Aires nel 1940 e gli anni di studio in Pennsylvania e a Harvard con Walter Gropius, dal 1952 diventa docente presso la School of Design di Raleigh, centro all’avanguardia nello studio delle quadriche in architettura e in particolare delle superfici a paraboloide iperbolico, geometria sfruttata in quegli anni da Félix Candela, Kenzo Tange e perfino da Le Corbusier nel padiglione Philips del 1958. I suoi studi ricordano il pensiero di Eduardo Torroja e Pier Luigi Nervi sul dialogo tra arte e scienza del costruire. Proprio a Nervi, Catalano dedica il progetto di un «solaio a pannelli bidirezionali per una sala da esposizione» nel 1956, lo stesso anno in cui viene invitato come docente al Mit, dove insegna fino al 1977. Dagli anni sessanta, la libertà compositiva della Raleigh House cede il passo a un maggior rigore e al «brutalismo» del cemento armato, come nello Stratton Building a Cambridge e nell’Ambasciata degli Stati Uniti a Buenos Aires. Catalano opera spesso in collaborazione con figure del calibro di Marcel Breuer e Pietro Belluschi: con quest’ultimo progetta la Juilliard School of Music di New York al Lincoln Center (1959-1969, recentemente interessata dall’ampliamento di Diller & Scofidio + Renfro), e sono i suoi studi a suggerire l’impiego di paraboloidi iperbolici nella Cattedrale di San Francisco (1963-1970), progettata da Belluschi con Nervi. La carriera professionale di Catalano termina nel 1995, ma nel 2002 disegna ancora la Floralis Generica a Buenos Aires, gigantesca scultura in metallo a forma di fiore che è diventata presto uno dei simboli della sua città natale.

Autore

  • Andrea Iacomoni

    Architetto, dottore di ricerca in Progettazione urbana e territoriale (con specializzazioni al Berlage Institute di Rotterdam, all’Università Federico II di Napoli e alla Scuola superiore Sant'Anna di Pisa) e ricercatore della Fondazione Michelucci. E' stato docente di Progettazione presso le Università di Firenze, Genova, Pisa e Roma La Sapienza, ed attualmente è ricercatore in Urbanistica presso La Sapienza Università di Roma. Parallelamente alla didattica svolge attività professionale e di ricerca con lo studio Giraldi Iacomoni Architetti, ricevendo vari riconoscimenti (Premi Gubbio, IQU, De Masi, Bastelli) ed è consulente di varie amministrazioni e membro di Commissioni edilizie e per il paesaggio. Suoi progetti sono stati pubblicati in libri e riviste («Domus», «Opere», «Paesaggio Urbano», «Urbanistica», «Urbanistica Dossier») ed esposti in mostre, tra cui la Triennale di Milano e la Biennale di Pisa. Collabora con riviste di settore tra cui «Arknews», «Ananke» e ha diretto «Architetture città e territorio» e «Macramè». È autore di numerosi testi e libri, tra cui: «Tracce storiche e progetto contemporaneo» (2009), «Architetture per anziani» (2009), «Lo spazio dei rapporti» (2011), «Questioni sul recupero della città storica» (2014), «Topografie dello spazio comune» (2015).

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Last modified: 17 Luglio 2015