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Filippo De PieriWritten by: Città e Territorio

Metaurilia, storia pubblica di una borgata fascista

Metaurilia, storia pubblica di una borgata fascista

Sulla costa adriatica delle Marche, tra Fano e Senigallia, un’iniziativa di storia dal basso fa i conti con un passato scomodo per ripensare il futuro di un territorio marginale

 

Chi percorra con frequenza la strada statale Adriatica lungo il tratto di costa compreso tra Fano e Senigallia può anche non accorgersi di Metaurilia. Occorre una certa propensione all’osservazione del paesaggio ordinario per cogliere la presenza di questa minuscola borgata degli anni trenta, poco più di un centinaio di case con orto distribuite lungo gli assi stradali in prossimità della foce del Metauro, oggi leggibile soprattutto nel modo in cui la matrice ripetitiva dei primi fabbricati si lascia intravedere dietro una diffusa serie di microtrasformazioni.

Questo frammento di campagna urbanizzata, per molti aspetti marginale, è da qualche tempo, senza esservi particolarmente predestinato, il luogo di una delle più sorprendenti esperienze di storia pubblica di un territorio condotte nel nostro Paese. A partire dal 2017, sotto il nome di “Metaurilia Orto di Mare”, un gruppo di residenti ed ex residenti anima un progetto di ecomuseo che esiste soprattutto virtualmente, nella forma di un sito web e di una pagina Facebook, oltre a una serie di mostre e iniziative pubbliche. I siti e le mostre raccolgono una pluralità di materiali sulla storia della borgata, ricostruita attraverso le fonti rintracciabili negli archivi pubblici ma anche attraverso la memoria degli abitanti, gli archivi familiari e le tracce materiali ancora presenti sul luogo.

A fine ottobre 2020 l’associazione ha presentato l’ipotesi preliminare per quella che potrebbe diventare la prima ricaduta spaziale di questo lavoro, il progetto (dovuto allo studio CH+ di Cles/Pesaro e, per l’allestimento museale, agli studi Mjras di Urbino e Marchingegno di Ancona) per il recupero di uno degli ex magazzini ortofrutticoli presenti nella borgata, che si vorrebbe destinare a futura sede dell’ecomuseo e a centro sociale e culturale.

 

Gente di mare (Adriatico)

Quella di Metaurilia è la storia di una borgata fascista di appoderamento – non di bonifica: alcuni dei terreni, scelti all’ultimo momento, sono tuttora in zone esondabili – le cui attività ruotarono almeno fino all’inizio degli anni settanta intorno alla coltivazione di cavolfiori in combinazione con altre produzioni agricole – pomodori, vite – e, in misura minore, alla pesca. Le storie presentate da “Metaurilia Orto di Mare” vanno soprattutto nella direzione di una ricostruzione delle esperienze, collettive e individuali, vissute dagli abitanti della borgata. Uno dei tratti interessanti delle narrazioni proposte sta nella loro capacità di proporre letture non ingenue né banalmente identitarie dei luoghi, bensì capaci di cogliere temi come quelli legati ai percorsi di mobilità sociale e generazionale, alle culture materiali del paesaggio agricolo e costiero, alle migrazioni delle persone come delle innovazioni, agli attori (gerarchi fascisti, tecnici, imprenditori) coinvolti nelle vicende della borgata. Alcune di queste storie lasciano intravedere legami interessanti tra i dispositivi territoriali del ventennio e le forme diffuse di sfruttamento turistico del secondo dopoguerra, come nel caso della biografia del geometra comunale Alfonso Fiori, vero planner dell’insediamento di Metaurilia, che in forma di ricompensa per la sua attività di supervisione alla realizzazione ottiene dall’amministrazione di Fano un terreno sul vicino lungomare di Torrette dove il figlio avvierà, nel 1958, il primo campeggio della zona.

La storia sociale della “gente di Adriatico” e l’osservazione ravvicinata del paesaggio agrario sono radicate nella cultura di questa parte delle Marche almeno a partire dal lavoro di Sergio Anselmi (uno dei fondatori di “Quaderni Storici”) e dal Museo della mezzadria da lui allestito a Senigallia a fine anni settanta.

Nel gruppo promotore dell’ecomuseo di Metaurilia non figurano storici di professione; si trovano tuttavia diverse forme di expertise attraverso le quali una generazione dotata di un nuovo capitale culturale torna su luoghi conosciuti per reinterpretarne le stratificazioni temporali. Si tratta, ci dice Pia Miccoli, urbanista al Comune di Fano, di «Far fare pace a un territorio con il proprio passato» e immaginare per questo un futuro possibile. Più ancora che per la sua architettura, il progetto dell’ecomuseo merita attenzione perché porta in primo piano una logica d’azione che a partire da un’operazione di storia pubblica e da un luogo solo apparentemente trascurabile promuove forme di lettura del territorio che aprono a uno sguardo più attento ai mutevoli equilibri tra insediamenti umani, infrastrutture, ecosistemi e alla necessità di un loro ripensamento radicale.

 

Autore

  • Filippo De Pieri

    Insegna Storia dell’architettura al Politecnico di Torino. Le sue ricerche si concentrano sulla storia delle città di Otto e Novecento, con particolare attenzione ai temi della storia dell’abitare e agli intrecci tra storia pubblica, memoria e trasformazioni dello spazio. Il suo ultimo libro è "Tra simili. Storie incrociate dei quartieri italiani del secondo dopoguerra" (Quodlibet 2022)

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Last modified: 1 Dicembre 2020