L’intervento di retrofit energetico è una delle principali strategie a cui si può ricorrere per la riduzione dei consumi degli edifici. Ha sistemi e materiali specifici e deve essere compatibile il più possibile con il costruito
Il tema della riqualificazione energetica degli edifici, a livello di pianificazione, progettazione e produzione, ricopre un ruolo sempre più centrale nel panorama nazionale e internazionale, per dare una risposta concreta al raggiungimento di obiettivi globali legati alla riduzione del consumo di fonti non rinnovabili e alle emissioni in atmosfera. Le sfide globali che l’intera società sta affrontando, dal contenimento dei cambiamenti climatici, fino all’esaurimento delle risorse ed all’aumento della popolazione con conseguente crescita delle città, obbligano i governi ad adottare misure sempre più stringenti per la gestione e l’utilizzo dell’energia in ogni settore.
Gli edifici sono oggi responsabili a livello mondiale di circa il 30% del consumo di energia e di quasi il 40% delle emissioni di gas serra legati alla produzione energetica. Questi numeri sottolineano l’importanza strategica della riqualificazione energetica in edilizia, ritenuta finalmente da molti governi elemento-chiave per coniugare opportunità di lavoro con il raggiungimento di obiettivi ambientali.
Il quadro normativo
A partire dalla Direttiva 2002/91/CE, l’Italia ha aggiornato il quadro normativo tramite diversi decreti, dal Dlgs n. 192/2005 al Dlgs n. 311/2006, fino al Decreto Interministeriale 26/06/2015, per arrivare al DL n. 77/2020.
Se il DM 26/06/2015, oltre a introdurre il concetto di “edifici a energia quasi zero” ed individuarne le caratteristiche, definisce i limiti prestazionali minimi e le verifiche normative da rispettare in materia di efficienza energetica degli edifici, il DL 77/2020, con le successive modifiche ed integrazioni, include proprio la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio come motore di sviluppo per fornire un sostegno al lavoro in risposta ai danni all’economia causati dell’emergenza sanitaria da Covid-19.
Il retrofit sull’involucro edilizio
In questo quadro normativo l’intervento di retrofit sull’involucro edilizio si configura strategia centrale per la riduzione dei consumi. La coibentazione degli edifici tramite la posa di un cappotto termico sul rivestimento esterno dell’involucro opaco si pone come una delle soluzioni di maggiore efficienza, sia in termini energetici, che di risoluzione di problematiche manutentive, che di comfort interno. Infatti, tramite questa tecnologia, è possibile diminuire la trasmittanza termica centrale delle pareti, parametro a cui sono direttamente legate le dispersioni di calore per trasmissione, e, al contempo, correggere i ponti termici e, di conseguenza, le problematiche termoigrometriche che possono portare alla formazione di condensa superficiale e alla crescita di muffe all’interno dei locali.
Se si fa una lettura dei limiti normativi legati alla trasmittanza limite nell’ambito di un intervento su strutture esistenti, per la “zona climatica E”, che comprende la maggior parte delle grandi città del nord Italia quali Milano e Torino, si può osservare che dal Dlgs 192/2005, in cui il valore massimo era posto pari a 0,34 W/mqK, si arriva al DM 26/06/2015, in cui è fissato pari a 0,28 W/mqK (entrambi comprensivi di ponti termici), per poi arrivare al DL 77/2020, che definisce che per poter accedere ai benefici fiscali in un intervento di retrofit energetico, le pareti coibentate debbano avere una trasmittanza termica inferiore o pari a 0,23 W/mqK.
Per tradurre questi numeri in un esempio concreto, se si considera un edificio esistente realizzato con parete a cassa vuota non coibentata, e si decide di fare un intervento di retrofit energetico che prevede l’isolamento termico delle pareti esterne, se si fissasse come limite prestazionale il valore di trasmittanza termica definita dai tre decreti sopra citati, lo spessore minimo di un comune materiale isolante quale lana di roccia a densità media necessario sarebbe pari, rispettivamente, a 7, 10 e 12 cm, al di là di valutazioni puntuali sull’incidenza de ponti termici nei casi studio specifici.
Retrofit e compatibilità con il costruito
La corretta progettazione di un intervento di retrofit di un involucro opaco deve tenere in considerazione, oltre al raggiungimento delle prestazioni energetiche obiettivo, aspetti tecnologici legati alla compatibilità tra l’intervento previsto e le caratteristiche morfologiche del manufatto esistente.
Tra le maggiori criticità riscontrabili nell’attività di retrofit, infatti, vi sono spesso gli elevati spessori dei pannelli isolanti necessari per raggiungere i valori di trasmittanza termica richiesti, che devono essere considerati per gestire nel migliore dei modi le interferenze con i balconi, le connessioni parete/finestra, l’attacco a terra.
Parallelamente, al fine di evitare problemi termoigrometrici, risulta cruciale la gestione, la correzione e la risoluzione dei ponti termici tipici, quali connessione tra l’involucro opaco e il telaio fisso del serramento e la connessione tra la muratura perimetrale ed eventuali orizzontamenti in aggetto oltre il filo facciata, tramite il mantenimento della continuità termica tra i vari componenti che costituiscono l’involucro edilizio.
Per valutare le possibili soluzioni adottabili, è quindi necessaria una conoscenza approfondita dell’edificio esistente, mediante un rilievo approfondito delle geometrie e delle porzioni di involucro che compongono i vari nodi nella loro stratigrafia completa. La scelta delle tecnologie e dei materiali adottati deriverà quindi da una progettazione che terrà in considerazione tutte le problematiche che ruotano attorno al sistema di involucro oggetto di retrofit.
I sistemi
I sistemi più diffusi possono essere divisi in due macro insiemi:
- ETICS – Sistemi di isolamento termico a cappotto: consistono essenzialmente nella posa di pannelli isolanti, tramite incollaggio e tassellatura, seguita dall’applicazione di un rivestimento esterno tramite rasatura, applicazioni di rete e ulteriore rasatura o incollaggio di rivestimenti variabili. La soluzione più comune per il rivestimento è l’applicazione di intonachino per cappotto successivamente tinteggiato, anche se esistono sistemi a cappotto che garantiscono la tenuta di rivestimenti in pietra, ceramici o cotto direttamente incollati tramite speciali adesivi cementizi bicomponente
- Facciate ventilate: composte da un isolamento a cappotto, tramite incollaggio e tassellatura dei pannelli isolanti, una sottostruttura metallica su cui si ancorano i pannelli di rivestimento esterno che crea un’intercapedine di spessore variabile che può avere diversi livelli di ventilazione, a seconda della propria geometria e della distribuzione e dimensione delle aperture. I rivestimenti utilizzati possono essere composti da pannelli, lastre o piastrelle di dimensioni e materiali variabili quali pietra, fibrocemento, metalli diversi, materiali polimerici. Le connessioni con la sottostruttura possono essere a vista, tramite guide o rivetti, o a scomparsa tramite speciali connessioni sulla faccia interna dei pannelli
I materiali coibenti
La scelta del materiale isolante più adatto alle esigenze specifiche di ciascun caso studio è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi tecnologici e prestazionali del progetto, e può spaziare tra una scelta molto vasta di possibilità. Tra i materiali più diffusi sul mercato si distinguono due famiglie di coibenti:
Isolanti naturali, quali fibra di legno, fibra di cellulosa, sughero, caratterizzati generalmente da buoni valori di conducibilità termica, ottimi valori di isolamento acustico, alta permeabilità al passaggio di vapore d’acqua. In ragione di queste caratteristiche, vengono spesso utilizzati dove è necessario raggiungere, oltre ad elevate prestazioni termiche, anche buone prestazioni acustiche dell’involucro, con attenzione al ciclo produttivo a ridotto impatto ambientale, in quanto privilegia il riciclo e produce materiali a loro volta riciclabili e facilmente biodegradabili.
Anche le lane minerali vedono l’impiego di materiali naturali e per buona parte riciclati. Oltre ad un buon isolamento termico ed acustico, hanno anche ottime prestazioni legate alla reazione al fuoco.
Per evitare fenomeni di assorbimento di acqua, a causa eccessivo passaggio di vapore o a causa di eventi atmosferici esterni, i pannelli in isolante naturale dovranno essere opportunamente protetti con finiture idrofobe, freni o barriere al vapore.
Isolanti sintetici, solitamente a base polimerica, caratterizzati da elevate prestazioni termiche grazie ad una bassa conducibilità termica, alte resistenze al passaggio di vapore, e impermeabilità all’acqua. Utilizzati per avere le più alte prestazioni in termini di trasmittanza termica, ottimizzando i questo modo gli spessori, non sono indicati per il miglioramento dell’isolamento acustico degli edifici, così come per i casi in cui sono necessari alte prestazioni in termini di reazione e resistenza al fuoco, a meno che non vengano opportunamente additivati con componenti che lirendano adatti a tale scopo.
I materiali coibenti innovativi
Vi sono poi materiali isolanti, solitamente detti “innovativi”, che presentano prestazioni termiche molto più spinte rispetto ai materiali più comuni, ma presentano spesso costi molto alti e la necessità di una maggiore attenzione nella posa, la cui realizzazione in modo non perfettamente conforme alle indicazioni, potrebbe compromettere anche di molto la prestazione finale. Tra questi si possono citare i “VIP – Vacuum Insulated Panels”, pannelli coibentanti sotto vuoto, con prestazioni energetiche di 5 – 8 volte superiori rispetto ad un sistema di isolamento tradizionale, se posati correttamente, o l’Aerogel, una tra le sostanze solide più leggere esistenti al mondo, composta per il 98% di aria e per il 2% di silice amorfa.
L’impatto ambientale e i CAM
Tutti materiali scelti dovranno inoltre rispondere a determinate caratteristiche legate ad un ridotto impatto ambientale: il DL 77/20 stabilisce che per accedere ai bonus legati al retrofit degli edifici, tutti i materiali debbano rispettare i CAM – Criteri Ambientali Minimi così come definiti dal Decreto 11 ottobre 2017.
In particolare, per rispettare i CAM, il materiale utilizzato deve:
- – contenere le emissioni di CO2 prodotte nel processo produttivo del componente o materiale entro una certa soglia massima
- – avere un alto grado di disassemblabilità
- – essere composto da una quota parte di materiale riciclato
- – non contenere sostanze pericolose
- – non utilizzare (o utilizzare in minima parte), nel processo produttivo, sostanze dannose per l’ambiente
Il tema del retrofit energetico degli edifici esistenti vede, quindi, questioni tecniche complesse e multidisciplinari, ma non solo. L’incentivazione normativa degli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente deve però essere affrontata non solo con un approccio tecnico integrato, ma anche con una profonda attenzione alla lettura dell’esistente e del contesto in cui sorge l’edificio.
Dice Cino Zucchi: “La città non è solo un ambiente fisico, ma anche un complesso intreccio di pensieri e valori che insieme hanno generato la sua irriproducibile singolarità. […] È terribile pensare che nel nome sacrosanto dell’ambiente vengano prodotte architetture mediocri, senza alcuna qualità se non un certificato LEED o CasaClima (parlo da progettista che ne ha conseguiti tanti e ai massimi livelli), e distrugge testimonianze architettoniche del secolo scorso […]”. La sfida è questa, rendere le nostre città migliori dal punto di vista ambientale, dare un contributo alla riduzione dei consumi e delle emissioni di gas serra, ma sempre con grande attenzione alla tutela dell’architettura di interesse storico-culturale, senza precludere la naturale evoluzione e metamorfosi della città.
Immagine di copertina: la nuova facciata della sede ASM di Vercelli progettata da AI Studio (foto di Fabio Oggero)
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