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Written by: Città e Territorio

Shanghai, dall’Expo 2010 all’Expo Cultural Park

Shanghai, dall’Expo 2010 all’Expo Cultural Park

A dieci anni dall’Esposizione universale, avviati i lavori per la trasformazione dell’area

 

SHANGHAI (CINA). Sull’onda dello slogan “Connecting Minds, Creating the Future” il 2020 vedrà protagonista la città di Dubai che ospiterà la prossima World Expo. L’evento offre occasione di riflessione circa il patrimonio lasciato alla città dalle esibizioni una volta concluse. Se da un lato, infatti, esse sono un potente motore di trasformazione, con impatto a lungo termine sulle opere di urbanizzazione di una città, dall’altro è difficile trovare precise linee guida su come trattare questi spazi al temine delle esibizioni stesse. Se esistesse un manuale a riguardo, il destino altalenante tra demolizione, riuso e quiescenza delle aree espositive dopo la chiusura delle manifestazioni non sarebbe all’ordine del giorno. Focalizzando l’attenzione sulle più recenti edizioni, il decennale dell’Expo di Shanghai è occasione per riflettere sui risvolti avuti dall’edizione da record del 2010. A dieci anni di distanza quali sono stati i risvolti delle politiche urbane messe in moto dall’evento?

Per capire la stratificazione delle diverse pratiche nell’area designata per l’Expo 2010, così come gli obiettivi che regolano la sua pianificazione per i prossimi decenni, è necessario fare un salto indietro di circa due secoli. Con il trattato di Nanchino del 1842 Shanghai diventa una delle cinque maggiori città portuali cinesi per gli scambi commerciali con l’occidente, motivo per cui nei decenni successivi, il fiume Hangpu iniziò a costellarsi d’industrie. Solo a partire dal 1990, parallelamente allo sviluppo dell’area di Pudong, le grandi industrie cominciano ad essere rilocate nelle zone rurali. All’interno di queste politiche di rigenerazione urbana si colloca l’Expo, che ha avuto valore ambivalente per la città. Se da un lato, infatti, era necessario trovare un luogo adatto per ospitare l’esibizione, dall’altro l’evento è stato catalizzatore di ulteriori politiche di riqualificazione dell’area. In quest’ottica lo slogan “Better city, better life” mirava a riscattare l’identità industriale del lungofiume verso una nuova immagine per la città.

 

Dall’Expo 2010 all’Expo Cultural Park

Dopo il termine dell’esibizione l’area è stata oggetto di studio di possibili scenari di riuso, ma sarà il nuovo decennio a vedere la realizzazione del nuovo Expo Cultural Park [nell’immagine di copertina, il masterplan]. Osservando i progetti avviati, così come quelli in cantiere, si possono osservare due approcci principali. Un primo approccio rivela la conservazione di alcune strutture dell’esposizione del 2010, con un riadattamento puntuale del programma funzionale: dal Padiglione cinese, trasformato nel China Culture Museum, al Shanghai World Expo Cultural Center, oggi Mercedes-Benz Arena, all’Expo News Center trasformato nella Power Station of Art. Della medesima matrice sono gli interventi di conservazione previsti per alcuni padiglioni nazionali (Russia, Italia, Francia, Lussemburgo) all’interno del parco espositivo. Parallelamente al riuso di alcune strutture, un secondo approccio vede la progettazione di nuovi landmark realizzati da studi di architettura internazionali a completamento dell’Expo Cultural Park. Fanno capo a questa tendenza l’Opera House, il cui concorso è stato vinto dallo studio norvegese Snøhetta, così come il concorso vinto dallo studio austriaco DMAA, per la realizzazione della nuova Greenhouse Garden.

 

Il destino del Padiglione Italia

Come detto, il nostro padiglione nazionale figura tra quelli da salvaguardare. A partire da questi presupposti, il Politecnico di Torino insieme alla Tongji University di Shanghai e all’Università di Firenze, è stato coinvolto dal Consolato italiano di Shanghai nella prefigurazione di uno scenario di riqualificazione. In occasione dell’Art and Educational Fair di Shanghai, sono state esposte le prime ipotesi elaborate dagli studenti delle tre sedi universitarie durante il workshop tenutosi dal 25 al 29 novembre 2019 a Shanghai. Le soluzioni proposte dai diversi gruppi mirano ad integrare il fabbricato con il contesto circostante, migliorandone il sistema distributivo in vista del nuovo programma funzionale e in relazione al masterplan proposto dalla Municipalità.

Autore

  • Nata a Torino, consegue nel 2019 la laurea magistrale in “Architettura Costruzione Città” presso il Politecnico di Torino, nell’ambito del programma di doppia laurea stipulato con la Tsinghua University di Pechino. Attualmente, Dottoranda in Architettura, Storia e Progetto presso il Politecnico di Torino e parte del programma congiunto “Transnational Architectural Models in a Globalized World” tra il Politecnico di Torino e la Tsinghua University. La sua ricerca si concentra sulle pratiche e progetti di Rivitalizzazione Rurale nella Cina contemporanea, con un interesse specifico per il coinvolgimento di professionisti e istituzioni accademiche in questi processi. Vive tra l’Italia e la Cina dove negli ultimi anni ha trascorso periodi di ricerca presso la School of Architecture della Tsinghua University di Pechino. Dal 2019, è attivamente impegnata in attività di ricerca del gruppo di ricerca China Room presso il Politecnico di Torino.

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Last modified: 29 Gennaio 2020