Ricordo dell’ingegnere-architetto francese, noto per i progetti infrastrutturali: aeroporti ed edifici culturali da Parigi alla Cina
L’Accademia di Belle Arti, prestigiosa istituzione di cui è stato membro, ha annunciato la morte dell’architetto Paul Andreu, l’11 ottobre a Parigi. C’è qualcosa di affascinante nella carriera di quest’uomo, vincitore del Grand Prix national d’architecture (1977), a cui piaceva unire inventiva e tecnicità.
Nato nel 1938 a Caudéran, nei pressi di Bordeaux, Andreu esce molto giovane laureato dall’Ecole Polytechnique e dall’Ecole Nationale des ponts et chaussées, due gioielli delle grandi scuole francesi, prima di ottenere la laurea in architettura nel 1969 all’Ecole des Beaux Arts. Non ha ancora trent’anni nel 1967, quando la concezione dell’anello in béton brut del Terminal 1 di Roissy Charles de Gaulle lo rende famoso. Innovativo per l’epoca, questo monolite attraversato al centro da semafori segna l’inizio di una carriera che farà di Andreu uno dei più grandi artefici di progetti aeroportuali in tutto il mondo. All’interno della società Aéroports de Paris (ADP) per oltre tre decenni (1967-2003), egli accompagna lo sviluppo dell’aeroporto di Roissy, di cui disegna tutti gli altri terminali, insieme al polo multimodale delle stazioni ferroviarie e TGV. In Francia e all’estero, costruirà anche l’aeroporto di Abu Dhabi; quello di Jakarta, opera unica ispirata ai kampung indonesiani che raccolgono piccole case con tetti rossi tra alberi e risaie; quelli del Cairo, Dar Es Salaam, del Brunei, Kansai in Giappone, Nizza, Bordeaux e Pointe-à-Pitre, senza dimenticare il terminal francese del tunnel sotto la Manica.
Negli anni Ottanta, periodo emblematico dei grands travaux del presidente della Repubblica François Mitterrand, Andreu è stato anche chiamato per completare la Grande Arche della Défense, opera del suo collega danese Johan Otto von Spreckelsen, scomparso nel 1987 durante la costruzione.
Nel maggio 2004, Andreu affronta ciò che può accadere di peggio ad un architetto: il drammatico crollo di una sezione del Terminal 2E di Roissy, causa di diverse vittime, poco dopo la messa in servizio dell’opera. Questo evento, che lo affligge profondamente e durevolmente, segna una pausa nella sua carriera.
All’interno del suo studio, è in Asia che realizza nuovi progetti in collaborazione con ADP Ingénierie e alcuni partner cinesi. L’Oriental Art Center di Shanghai (2004), complesso culturale destinato alla musica, e il Centro delle arti dello spettacolo a Pechino (2007), potente cupola ellittica di titanio e vetro che sembra galleggiare su un lago artificiale sono interventi di particolare rilievo, cui va aggiunto il Centro amministrativo e politico di Chengdu.
Sempre aperto al confronto con altre discipline, ha anche concepito un concept di boutique per Paco Rabanne in Cina e set teatrali per l’opera Oh les beaux jours! di Samuel Beckett alla Comédie Française (2005) del regista Frederick Wiseman. Dal 2009, in collaborazione con l’agenzia Richez Associates porta a termine altri progetti come il Museo archeologico di Taiyuan e il Grande teatro di Jinan in Cina (2013) o il complesso municipale di Bordeaux (2014).
Nel corso di questa carriera di costruttore eccezionale, l’ingegnere-architetto non ha mai perso il controllo e la discrezione degli uomini dell’Aquitania, sua terra natia. Affascinato dalle strutture e dalla trasparenza, Andreu si è dedicato anche alla scrittura di romanzi e alla pittura, quest’ultima non priva d’influenze cinesi.
Tre giorni prima della sua morte, è stato uno degli ospiti della cena organizzata dal Centre Pompidou nell’ambito della mostra dedicata all’architetto giapponese Tadao Ando. Speriamo che un giorno le pareti del Beaubourg ospitino una meritata mostra su Andreu. Nel frattempo, ci mancheranno l’elegante silhouette, l’arte e la cultura di quest’uomo. Tuttavia, molti di noi han preso l’abitudine di rivolgergli un pensiero non appena contemplano dall’alto uno dei suoi aeroporti prima di decollare.
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cina , infrastrutture , parigi
Last modified: 6 Novembre 2018