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Michele RodaWritten by: Interviste

One Works: i flussi sono la nostra ossessione

One Works: i flussi sono la nostra ossessione

Intervista a Giulio De Carli e Leonardo Cavalli, fondatori di One Works, secondo studio per fatturato, impegnato nelle grandi infrastrutture in Italia e all’estero per dare forma allo spazio pubblico ma non solo…

 

MILANO. «I flussi. Sono la nostra ossessione, ma anche la nostra carta vincente». Dietro la battuta c’è la storia di Giulio De Carli e Leonardo Cavalli e del loro studio, One Works. «Tutto inizia 10 anni fa – raccontano nel quartier generale di Milano –, uno studio medio grande, 50 persone e circa 5 milioni di fatturato. Pochi mesi dopo arriva la crisi. Decidiamo di non ridimensionarci. Poi nel 2010 la svolta internazionale di cui oggi raccogliamo i frutti».

 

Prima Dubai, poi Londra, adesso Singapore. Come si promuove all’estero il progetto made in Italy?

Cercando seri partner locali. Facendo investimenti veri: a Dubai i primi risultati sono arrivati dopo tre anni. E soprattutto garantendo una presenza costante. I clienti ci devono vedere, siamo lì impegnati a fondo fino a quando il lavoro non è finito, esattamente come facciamo in Italia.

 

La tradizione culturale italiana aiuta?

Sì e no, c’è molta retorica su questo. Nessuno ti dà un lavoro perché sei un architetto italiano. Però siamo abituati a concentrarci al 100% sul progetto, in maniera molto generosa, approccio molto italiano. Gli studi anglosassoni puntano sul management, sulla gestione del processo. Per noi invece tutto ruota intorno al progetto. E questo viene molto apprezzato.

 

La carta d’identità di One Works recita: società per azioni, un nome internazionale anche nella rinuncia a qualsiasi personalismo, circa 150 collaboratori impegnati nelle diverse sedi (in Italia ci sono Venezia e Roma oltre a Milano), secondo posto nella classifica degli studi italiani per fatturato nel 2015 (e c’è attesa per i dati 2016). Una crescita esponenziale di fatturato, +70% in un anno, fino a circa 20 milioni. Oltre i tre quarti dall’estero. Che cosa si vede da questa prospettiva?

Mercati che vanno ad una velocità molto diversa rispetto all’Italia. A dicembre abbiamo vinto il concorso per il Transport Education Center di Doha, uno spazio espositivo e culturale. In pochi mesi saremo all’appalto. Tempi impensabili per noi perché c’è una filiera sfilacciata e di piccola scala. La globalizzazione ha costretto ad aprire un mercato chiuso, come era quello italiano, e tutto il settore si è trovato impreparato.

 

Nemo propheta in patria, verrebbe da dire.

Tuttavia per noi quello italiano continua ad essere un mercato molto interessante. Siamo tornati negli ultimi tre anni ai valori pre-crisi. Il nostro obiettivo è condividere qui, con l’intero sistema, il know-how che abbiamo maturato, e continuiamo a maturare, oltre confine. Oggi pensiamo che il sistema sia pronto ad accoglierlo: vediamo ogni giorno giovani e preparati professionisti, che in Italia si sono formati, così come maestranze di grande esperienza e aziende impegnate nella ricerca dei massimi standard.

 

Anche in Italia infatti avete intercettato lavori significativi, come City Life a Milano.

Un bell’esempio del ruolo del progetto di costruire relazioni tra spazi pubblici complessi. Il problema era individuare forme di spazio pubblico capaci di armonizzare il dislivello tra la città e il piano dei nuovi edifici. Lo stesso tema che peraltro Milano ha sperimentato con Garibaldi-Repubblica.

 

Il progetto forse più significativo della fase Expo. Come giudicate questo post-evento?

La congiuntura favorevole con la realizzazione di tanti progetti è evidente. Ma adesso è il momento di costruire il futuro. Se c’è una lezione che abbiamo imparato dalle esperienze all’estero è la necessità di non fermarsi, di proseguire con le iniezioni di progettazioni. Non serve andare a Dubai dove ogni tre anni c’è un nuovo quartiere. Anche le grandi città europee continuano a trasformarsi. Rifanno stazioni, riprogettano aeroporti.

Citate soprattutto infrastrutture.

Perché, parallelamente al real estate, lavoriamo moltissimo sui flussi delle città. Attorno a questi dobbiamo trovare le forme dello spazio pubblico a cui dare carattere. Dagli aeroporti italiani alle stazioni di Doha e Riyad i nostri progetti sono popolati da milioni di persone a cui dobbiamo dare una risposta in termini di qualità.

Ma spesso sono proprio questi i luoghi del conflitto. La dimostrazione, stando a Milano, è nel blitz delle forze dell’ordine di poche settimane fa, finalizzato al riconoscimento delle centinaia di migranti che sostano tutti i giorni nella piazza davanti alla stazione centrale.

Che in questo senso è un luogo emblematico, attraversato ogni anno da 120 milioni di persone. La stazione è un luogo molto importante ma le funzioni che stanno intorno la isolano, per questo andrebbe forse ripensato il rapporto con la città circostante. Naturalmente non crediamo che l’architettura possa risolvere tutto, però serve affrontare il rapporto tra città e stazione. Queste sono le questioni su cui ci focalizziamo maggiormente. Per tanto tempo sono state considerate la “pattumiera dell’architettura”. Noi invece le abbiamo prese sul serio. E questo ci ha permesso di guardare le cose che succedono senza indugiare troppo in dibattiti spesso retorici.

Cos’è One Works?

One Works compie quest’anno 10 anni di attività nella forma di società di architettura e ingegneria fondata da Leonardo Cavalli (nato a Como nel 1962, laureato nel 1986) e Giulio De Carli (nato a Milano nel 1962, laureato nel 1986). Oltre alle tre sedi italiane (Milano con 70 collaboratori è la principale; Venezia con 40 professionisti, orientata all’ingegneria; Roma, impegnata soprattutto nel campo del trasporto aereo) sono stati aperti studi a Dubai (2010) e Londra (2015). I collaboratori sono circa 150. Lo studio si occupa della pianificazione urbanistica, della progettazione architettonica e di quella strutturale, spaziando in tutte le scale di approfondimento: dalla programmazione strategica e urbanistica agli studi di fattibilità, dalla progettazione esecutiva alla direzione lavori. L’attività è divisa in 5 macro-settori: edilizia aeroportuale (si segnalano in particolare i lavori realizzati a Bergamo – Orio al Serio ma anche negli scali di Venezia e Linate), trasportistica (progettate e realizzate numerose linee e stazioni ferroviarie e metropolitane, soprattutto in Medio Oriente), di masterplanning (un lavoro recente alla Mecca, in Arabia Saudita, oltre alla progettazione degli spazi pubblici di City Life a Milano), architettonica in senso tradizionale (come nel progetto TEC di Doha, vincitore di concorso, e nell’Istituto Gonzaga di Milano, ma anche con interventi di housing e real estate) e commerciale. L’ambizione dello studio è sviluppare un interscambio tra le diverse sedi anche con l’obiettivo di raggiungere un’organizzazione flessibile del lavoro, ritenuta lo strumento indispensabile per rispondere alle sfide che gli ambienti e le città contemporanee pongono. Più che in una riconoscibile cifra stilistica o di linguaggio architettonico, l’aspetto principale del lavoro di One Works sta proprio nella complessità degli interventi e dei luoghi progettati (puntando sull’integrazione di competenze specialistiche.

Autore

  • Michele Roda

    Nato nel 1978, vive e lavora a Como di cui apprezza la qualità del paesaggio, la tradizione del Moderno (anche quella svizzera, appena al di là di uno strano confine che resiste) e, soprattutto, la locale squadra di calcio (ma solo perché gioca le partite in uno stadio-capolavoro all’architettura novecentesca). Unisce l’attività professionale (dal 2005) come libero professionista e socio di una società di ingegneria (prevalentemente in Lombardia sui temi dell’housing sociale, dell’edilizia scolastica e della progettazione urbana) a un’intensa attività pubblicistica. È giornalista free-lance, racconta le tante implicazioni dei “fatti architettonici” su riviste e giornali di settore (su carta e on-line) e pubblica libri sui temi del progetto. Si tiene aggiornato svolgendo attività didattica e di ricerca al Politecnico di Milano (dove si è laureato in Architettura nel 2003), confrontandosi soprattutto con studenti internazionali. Così ha dovuto imparare (un po’) l’inglese, cosa che si rivela utilissima nei viaggi che fa, insieme anche alla figlia Matilde, alla ricerca delle mille dimensioni del nostro piccolo mondo globale

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Last modified: 24 Maggio 2017