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Lucia Pierro e Marco ScarpinatoWritten by: Patrimonio

Radicepura Garden Festival, la poesia del paesaggio Mediterraneo

Radicepura Garden Festival, la poesia del paesaggio Mediterraneo

Inaugurata a Giarre la prima edizione dell’evento internazionale dedicato al garden design e all’architettura del paesaggio. Il Giornale ha visitato i giardini progettati dai big e le installazioni dei giovani architetti selezionati tramite un bando internazionale

 

GIARRE (CATANIA). Il 21 aprile è stata inaugurata la prima edizione di Radicepura Garden Festival, evento internazionale dedicato all’arte dei giardini e all’architettura del paesaggio del Mediterraneo promosso dalla Fondazione Radicepura che, fino al 21 ottobre, renderà possibile visitare 15 giardini temporanei e prendere parte a vari eventi dedicati alla cultura del paesaggio.

I giardini realizzati per l’occasione racchiudono il nucleo di un parco botanico che sta prendendo forma a Giarre grazie all’impegno della famiglia Faro che, da oltre 50 anni, ha fatto conoscere a livello internazionale i suoi vivai. Radicepura interessa un’area di 5 ettari e ospita oltre 3.000 specie vegetali suddivise in 7.000 varietà, una Banca dei semi e spazi per congressi, eventi e formazione.

Gli obiettivi del festival

Secondo gli organizzatori, il festival dovrà diventare un appuntamento biennale volto a far conoscere e a valorizzare la straordinaria biodiversità del Mediterraneo. Com’è stato più volte rimarcato durante l’inaugurazione e la conversazione con il direttore artistico Pablo Georgieff dello studio Coloco, la presenza del festival all’interno di un vivaio è importante al fine di porre in relazione i progettisti con i giardinieri locali. Un confronto che, in fase di realizzazione, ha permesso di modificare ciascun progetto per renderlo più pertinente al luogo e agli obiettivi generali da raggiungere che, come sintetizzato da Georgieff, sono stati: l’attenzione agli elementi botanici e alla relazione tra piante selvatiche, piante locali e piante ambientate; l’attenzione verso gli ecosistemi emergenti; l’attenzione verso la dimensione poetica del paesaggio che, in Sicilia, è ancora più forte per l’evocazione mitologica di cui questa terra è portatrice. Un altro aspetto sottolineato dal direttore artistico riguarda la visione notturna del parco. Inoltre, cuore della manifestazione sarà l’attribuzione del Premio Gardenia al giardino che, nel corso dei sei mesi del Festival, avrà avuto la migliore riuscita.

 

Le installazioni dei big…

A realizzare i giardini temporanei sono stati chiamati l’inglese James Basson, l’araba-londinese Kamelia Bin Zaal, il francese Michel Péna e l’italiano Stefano Passerotti, oltre a sei esordienti, selezionati attraverso un concorso internazionale. Inoltre nell’area sono stati realizzati il didascalico Giardino Italia, progettato dall’Orto botanico di Padova, Il giardino della dieta mediterranea, dello Studio Coloco e il giardino La macchia disegnato da Donatello Chirico, mentre il palazzo nobiliare all’ingresso del parco ospita la mostra di macrofotografia di fiori curata dalla Galleria Collicaligreggi di Catania. Il parco ospita infine le installazioni site specific degli artisti siciliani Alfio Bonanno ed Emilio Isgrò e quella di François Abelanet.

Una delle istallazioni più interessanti è quella di Bonanno che, con i suoi tralci di vite, accoglie i visitatori con forza ed efficacia in un’esperienza d’immersione nella natura del Mediterraneo. Mentre, pur capendo la volontà di spettacolizzare l’evento e nonostante l’efficace spiegazione dell’autore all’inaugurazione, il giardino Anamorphose, ideato da Abelanet per l’Institut du Monde Arabe di Parigi, appare fuori contesto. Lo stesso per quel che riguarda Le jardin parfumé di Péna, una torre introversa che fa riferimento alla doppia spirale di Leonardo da Vinci e che, nella realizzazione, fa trasparire un insufficiente controllo dei nodi della struttura in tubi Innocenti, nodi che appaiono “subiti” malgrado la proposta avrebbe potuto creare una riuscita suggestione sul tema del giunto strutturale come gemma. Interessante il giardino Amityispirato a un tradizionale cortile arabo e disegnato da Bin Zaal.

L’intervento di Basson
, Alpheus and Arethusa, riporta a Giarre la storia del dio Alfeo – figlio del dio Oceano e personificazione del principale fiume del Peloponneso – e della ninfa Aretusa: è caratterizzato da un ricco parterre di essenze mediterranee e da blocchi di tufo che saranno erosi da essenze spontanee, evocando le vestigia greche presenti in Sicilia. Il tema dell’acqua caratterizza anche l’intervento realizzato da Passerotti con l’artista Chicco Margaroli che, con Evaporazione mediterranea riflettono sull’attuale condizione del Mare Nostrum provando a tessere un nuovo dialogo tra uomo e natura.

 

… e quelle dei giovani

Nel complesso, le idee più interessanti sembrano quelle dei più giovani, in particolar modo dal gruppo Identità mediterranea, formato dagli studenti dell’Università di Bologna guidati dalla professoressa Anna Costa, e dal Team Passage to Mediterranean, costituito da studenti turchi. Il primo giardino vuole riflettere sugli scambi di popoli e culture che hanno da sempre caratterizzato il Mediterraneo e, oltre a una ricca presenza di essenze botaniche, tra i materiali utilizza dei libri che, deteriorandosi a contatto con gli agenti atmosferici, diventano essi stessi radice di cultura. Mentre nel giardino Passage to Mediterranean, del team turco, il passaggio delimitato da corde crea un effetto ritmico di ombra e luce volto a introdurre il visitatore all’interno di uno spazio cubico, regolare e assoluto, che in uno dei bordi accoglie un solo cipresso. Appare efficace l’impianto di Hortus Salis, di Alejandro O’Neill, uruguaiano ma francese d’adozione che, ispirandosi alla storia del sale nel Mediterraneo, costruisce un giardino sul processo della salinificazione dell’acqua. Le altre proposte under 35 sono il giardino Through vegetation di Claudia Amias e Joan Battle della Escuela Técnica Superior de Arquitectura di Barcellona; il giardino Re-Live degli spagnoli Carmen Guerrero Mostazo e Andrea Graña e, infine, il Giardino di mantiglia della paesaggista francese Maia Agor.

L’esito

Il giudizio su questo primo appuntamento è positivo, anche se sembra ancora mancare un progetto complessivo volto a connettere il vivaio con i diversi giardini. In questo senso andrebbe forse ripensata l’idea stessa di recinto e luogo chiuso che è stata variamente declinata in ciascun giardino in modo da creare maggiori contatti e permeabilità con il contesto che, allo stato attuale e malgrado le intenzioni, rimane escluso da ciò che avviene all’interno di ciascun recinto allestito su una esplanade che nulla dice della forza e dell’asperità che caratterizza il paesaggio mediterraneo e, in particolar modo, quello della Sicilia orientale.

Per realizzare quest’ambizioso progetto dedicato alla promozione, sperimentazione e ricerca, Radicepura dovrà inoltre puntare maggiormente sul dialogo con quel territorio circostante che, non a caso, è stato raccontato in maniera efficace da Alterazioni Video che – proprio a Giarre – hanno dato vita al progetto Incompiuto Siciliano (il quale proprio quest’anno festeggia il decennale). Inoltre potrebbe essere utile rafforzare il dialogo con la vicina Facoltà di Architettura e Paesaggio di Reggio Calabria, dei cui oltre 30 progetti presentati al concorso per gli under 35 neppure uno è stato selezionato.

Radicepura ha tutti gli strumenti per diventare il centro di riferimento della cultura floro-vivaistica del Mediterraneo ma, proprio per questo, è importante dosare la presenza internazionale con una migliore interazione con il contesto, prendendo a modello anche lo spirito di Floriade nei Paesi Bassi che, a differenza degli ormai elitari modelli di Chaumont-sur-Loire (Francia) e Chelsea Flower Show (Regno Unito), riesce a parlare di vivaismo, floricultura e orticultura percorrendo strade più originali e capaci di contaminarsi con la realtà circostante.

Immagine di copertina: Giardino Italia progettato dall’Orto botanico di Padova ©Alfio Garozzo

Autore

  • Lucia Pierro e Marco Scarpinato

    Scrivono per «Il Giornale dell’Architettura» dal 2006. Lucia Pierro, dopo la laurea in Architettura all'Università di Palermo, consegue un master in Restauro architettonico e recupero edilizio, urbano e ambientale presso la Facoltà di Architettura RomaTre e un dottorato di ricerca in Conservazione dei beni architettonici al Politecnico di Milano. Marco Scarpinato è architetto laureato all'Università di Palermo, dove si è successivamente specializzato in Architettura dei giardini e progetto del paesaggio presso la Scuola triennale di architettura del paesaggio dell'UNIPA. Dal 2010 svolge attività di ricerca all’E.R. AMC dell’E.D. SIA a Tunisi. Vive e lavora tra Palermo e Amsterdam. Nel 1998 Marco Scarpinato e Lucia Pierro fondano AutonomeForme | Architettura con l'obiettivo di definire nuove strategie urbane basando l'attività progettuale sulla relazione tra architettura e paesaggio e la collaborazione interdisciplinare. Il team interviene a piccola e grande scala, curando tra gli altri progetti di waterfront, aree industriali dismesse e nuove centralità urbane e ottenendo riconoscimenti in premi e concorsi di progettazione internazionali. Hanno collaborato con Herman Hertzberger, Grafton Architects, Henning Larsen Architects e Next Architect. Nel 2013 vincono la medaglia d'oro del premio Holcim Europe con il progetto di riqualificazione di Saline Joniche che s'inserisce nel progetto "Paesaggi resilienti" che AutonomeForme sviluppa dal 2000 dedicandosi ai temi della sostenibilità e al riutilizzo delle aree industriali dismesse con ulteriori progetti a Napoli, Catania, Messina e Palermo. Parallelamente all'attività professionale il gruppo sviluppa il progetto di ricerca "Avvistamenti | Creatività contemporanea" e cura l'attività di pubblicistica attraverso Plurima

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Last modified: 26 Aprile 2017