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Elena FrancoWritten by: Città e Territorio

Ritratti di città. Arles, capitale della fotografia

Ritratti di città. Arles, capitale della fotografia

Report dalla città francese che, con una serie di cantieri e iniziative culturali, si candida a polo nazionale. In Italia invece…

 

ARLES (FRANCIA). «Io sono qui perché Arles è una città impegnata per la cultura e che ha fatto della cultura la sua identità». È racchiusa tutta in questa dichiarazione del presidente della Repubblica francese François Hollande, ad Arles lo scorso 7 luglio per la posa della prima pietra della nuova Scuola nazionale superiore della Fotografia, la visione su cui la città provenzale ha impostato la sua strategia di posizionamento e sviluppo futuro. Poteva accontentarsi di essere la città che, dopo Roma, vanta il maggior numero di testimonianze del periodo romano, di essere riconosciuta come patrimonio Unesco, come una delle città di Van Gogh, come capitale della Camargue e dei riti legati alla tauromachia e, invece, questo centro di poco più di 50.000 abitanti vuole diventare la capitale francese della fotografia; e forse già lo è, con investimenti e interventi che ne trasformeranno e rivitalizzeranno il cuore.

La presenza di Hollande, accompagnato da Audrey Azoulay, ministra della Cultura e della Comunicazione, durante la settimana inaugurale dei «Rencontres de la Photographie», il principale festival della fotografia europeo che ha registrato l’anno scorso 93.000 visitatori e giunto ormai alla 47° edizione, la dice lunga sull’intenzione di rafforzare per Arles questo ruolo di polo per la fotografia a livello nazionale, a dispetto della sua posizione, non proprio strategica per quanto concerne le vie di comunicazione. È, dunque, con un impegno statale di 15 milioni che verrà costruita la futura sede della Scuola nazionale di fotografia, su progetto di Marc Barani, poco distante da un altro importante polo, costituito dalla Fondazione LUMA.

Creata nel 2004 da Maja Hoffmann in Svizzera per sostenere progetti artistici nei campi dell’arte, della fotografia, dell’editoria e dei media, la Fondazione LUMA sostiene progetti che indagano questioni ambientali, educazione, diritti umani e progetti culturali in senso ampio. La sede di LUMA Arles è un luogo di sperimentazione per artisti e ricercatori di varie discipline che produrranno progetti ed esposizioni. Situata a sud del centro storico, occupa gli spazi degli antichi capannoni ferroviari della SNCF, in un’area di 10 ettari. Sono al lavoro per la riconversione dell’area dismessa Frank Gehry (con il progetto per il Bâtiment ressource), Selldorf Architects (trasformazione di cinque capannoni in spazi espositivi) e Bas Smets (parco interno all’area; nella foto di copertina). L’edificio del Bâtiment ressource sarà inaugurato nel 2018, mentre si stanno già utilizzando alcuni capannoni riconvertiti: la Grande halle, les Forges e la Mécanique générale, che ospitano fino a fine settembre alcune tra le più interessanti mostre fotografiche dei «Rencontres de la Photo» e che ospiteranno, periodicamente, altre iniziative artistiche progettate dal Core Group di LUMA Arles e dai suoi consulenti artistici: Tom Eccles, Liam Gillick, Hans Ulrich Obrist, Philippe Parreno e Beatrix Ruf.

Le scelte strategiche a più livelli e le scelte urbanistiche, che si leggono anche nella recente proposta, il cui iter amministrativo è in corso, per il Plan local d’urbanisme (PLU) voluto dal sindaco Hervé Schiavetti, convergono sulla visione condivisa, pubblica e privata, di fare dell’elemento culturale insito nella fotografia, nella realtà aumentata e nella comunicazione l’elemento cardine su cui rilanciare l’identità della città. E di allargare la programmazione poi, partendo dal cuore di Arles sino alle aree più distanti come Salin de Giraud o il Marais du Vigueirat e fare rete con Nîmes, Avignone e Marsiglia.

Stupisce constatare come questa sinergia istituzionale di Stato, Regione, Dipartimento e Città, appoggiata anche da investitori privati come Fondazione LUMA, non venga vissuta dagli arlesiani come elemento “calato dall’alto”. Lo dimostra il «Festival voies off», il contro festival spontaneo, nato 21 anni fa per volontà di Christophe Laloi come contraltare dei più famosi «Rencontres» e divenuto un riferimento durante tutto l’anno per i cittadini e gli imprenditori del commercio e turismo. La programmazione del festival prevede, per questa edizione, cento esposizioni in altrettanti luoghi pubblici e privati della città e interessa gallerie, ristoranti, caffè, negozi, sedi associative, scuole, locali sfitti e recuperi improbabili, con un ruolo chiave anche nella definizione dei valori immobiliari, nei quartieri centrali Voltaire, Hauture, Centre, Méjan e Roquette, oltre a coinvolgere gli abitanti del quartiere periferico di Griffeuille dove, durante tutto l’anno, vengono proposti laboratori e residenze artistiche che, grazie alla fotografia, costruiscono veri e propri progetti di sviluppo locale (come il recente progetto per la valorizzazione dei giardini del quartiere). Questa totale condivisione di un obiettivo, istituzionale, imprenditoriale, sociale e culturale fa del caso Arles un unicum assoluto fra le buone pratiche di valorizzazione urbana attraverso la cultura.

Chissà quando e se mai riusciremo in Italia a costruire una visione così chiara per la realizzazione di un polo per la fotografia e la comunicazione anche attraverso le nuove tecnologie e la realtà aumentata, che sappia diventare luogo attrattivo e di produzione di eccellenze, coinvolgendo i cittadini e creando nuove opportunità di sviluppo. A Reggio Emilia c’è il Festival di fotografia europea, che è anche un festival off; a Modena c’è la Fondazione per la fotografia; a Bologna c’è il MAST e a Parma lo CSAC. Tutte realtà non poi così distanti, attraverso l’Alta velocità, da Milano: città italiana con il maggior numero di fotografi professionisti, l’unica fiera a scala nazionale (il MIA Fair di Fabio Castelli), il Photofestival, la Fondazione Forma e il MUFOCO di Cinisello Balsamo. Forse il polo per la fotografia, a livello nazionale, in Italia ce lo siamo giocato… Potremmo però provare con il distretto della fotografia, superando la proverbiale incapacità di fare sistema.

 

Tutte le foto sono dell’autrice

Autore

  • Elena Franco

    Nata a Torino (1973), è architetta e si occupa di valorizzazione urbana e del territorio. Della sua formazione in restauro al Politecnico di Torino conserva la capacità di leggere gli edifici e comprenderne le trasformazioni, anche grazie alla ricerca storica. E’ autrice di articoli e saggi sul tema della rivitalizzazione urbana e partecipa a convegni e workshop in Italia e all’estero, in particolare in materia di town centre management e place management. La fotografia – di documentazione e ricerca – occupa gran parte della sua attività e viene spesso utilizzata nei suoi progetti, anche a supporto del lavoro di costruzione dell’identità locale e di percorsi di messa in rete di potenzialità territoriali. Da gennaio 2016 è direttrice della Fondazione Arte Nova, per la valorizzazione della cultura Liberty e Art Nouveau. Fra le sue pubblicazioni: "La rinascita dell'ex ospedale di Sant'Andrea a Vercelli" (2016), "Hospitalia. O sul significato della cura" (2017)

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Last modified: 19 Luglio 2016