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Alessandro ColomboWritten by: Patrimonio Reviews

Chemnitz, le forme del suono nella capitale della cultura

Chemnitz, le forme del suono nella capitale della cultura
La città tedesca della Sassonia affida all’arte contemporanea il proprio ruolo europeo. Sperimentazioni artistiche riempiono un luogo industriale. E la musica si fa architettura

 

CHEMNITZ (Germania). Insieme a Nova Gorica e Gorizia, anche Chemnitz è nel 2025 capitale della cultura europea. Un ruolo che, lanciato ad Atene nel 1985 dall’allora ministro della Cultura Melina Merkouri, porta visibilità a molte realtà, anche minori, spingendo le città a sviluppare contenitori culturali innovativi.

 

Dall’alto di una ciminiera colorata

Fra le varie iniziative dalla città della Sassonia, per lunghi decenni ribattezzata Karl-Marx Stadt, merita di essere raccontato il Begehungen Art Festival e la rassegna “Everything is Interaction”. Il titolo nasce dalla citazione di Alexander Von Humboldt, in “Quadri della natura” (“Tutto è interazione. Nulla è isolato, un legame comune intreccia tutta la natura organica”) e ha permesso di dare vita ad uno “spazio per l’incontro, lo scambio e gli slanci creativi” in una cornice insolita e stimolante, un impianto di cogenerazione costruito nel 1957 e dismesso nel gennaio 2024.

La ciminiera della centrale elettrica a lignite – con i suoi 300 metri la struttura più alta della regione – era già stata protagonista, nel 2013, di un intervento site specific sviluppato dall’artista francese Daniel Buren, dal titolo “Seven Colors for a Chimney”, ben presto diventato un landmark della città. Il festival d’arte ha occupato una superficie di circa un ettaro coinvolgendo 32 artisti internazionali selezionati in base ad una open call.

 

Una torre in cemento che diventa strumento musicale

Fra gli interventi presentati merita di essere raccontata l’esperienza, collocata nella grande torre evaporativa, dello studio veneziano Pase Platform (che proprio in questi giorni si sperimenta a Padova con l’evento “Identity Dissolution – AI in Music and Performance”). Per i temi trattati permette una riflessione che va oltre la dimensione strettamente artistica e l’occasione in cui si colloca.

“Aural Dissipation”, di Valeria Zane e Victor Nebbiolo di Castri, è un’installazione sonora che utilizza lo spazio come camera di riverbero naturale, in cui il suono esplora e interpreta i vari stati dell’acqua – liquido, solido e gassoso – che una volta qui scorreva ed evaporava per la sua funzione industriale nel ciclo di trasformazione.

Così ce la descrivono gli autori: “L’installazione viene attivata attraverso una performance dal vivo, durante la quale un’arpa viene suonata direttamente all’interno della torre. Il suono, elaborato con tecniche elettroacustiche e diffuso tramite un sistema discreto di amplificazione multicanale, si propaga nello spazio, permettendo di osservare come le frequenze si accumulano, si rifrangono e decadono lungo le superfici della struttura. L’acqua, che un tempo attraversava la torre, oggi è assente. Ma rimane la sua memoria sonora: nei riverberi, nei silenzi, nelle frequenze residue. La torre, oggi, si fa strumento acustico, al pari dell’arpa, del vento, del metallo, essa continua a parlare, non più per raffreddare, ma per ricordare”.

Alla geometria dello spazio, già di per sé affascinante nella sua forma costituita dalla rotazione di linee rette, riserva una sorpresa straordinaria: si accorda su una nota precisa e definita, il Fa della quinta ottava (Fa5 a circa 698 Hz), come ha rilevato lo studio preparatorio condotto dagli autori in situ con l’intento di catturare le caratteristiche sonore uniche dell’architettura.

La torre ha una geometria, una forma, una struttura e un materiale che la definisce. A tiraggio naturale, sfrutta la differenza di densità della miscela aria – vapore acqueo per far circolare l’aria in grandi quantità ed ha una caratteristica sagoma con sezione verticale costituita da un iperboloide di rivoluzione, cioè un solido la cui superficie può essere ottenuta dalla rotazione di una retta attorno ad una retta sghemba rispetto alla precedente.

Questa geometria non solo consente una efficiente dissipazione del calore, ma permette una ottimizzazione strutturale nella realizzazione del cemento armato, offrendo notevoli vantaggi, sia dal punto di vista della realizzazione delle casserature di getto, che per la disposizione delle armature, viste le giaciture per linee rettilinee.

Grazie all’esperienza di “Aural Dissipation”, la torre di evaporazione di Chemnitz ha anche una nota, un suono ben determinato che la contraddistingue.

 

Progettare le frequenze del suono

Sulla base di questa scoperta i compositori hanno costruito una performance ed un’installazione di grande effetto ed interesse ma, soprattutto per il nostro punto di vista, hanno dato prova sperimentale di una stretta e profonda relazione fra suono e spazio. Lo spazio costruito, infatti, non ha solo una capacità di rispondere al suono, quella che potremmo definire una prestazione acustica più o meno brillante, ma ha una propria frequenza sonora che lo definisce e che, quindi, affrontando il processo in modo inverso, può essere progettata.

Da lungo tempo abbiamo imparato con Le Corbusier a definire “l’architettura [come] il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce”. Ora possiamo iniziare a considerare anche il suono come elemento di definizione dello spazio architettonico, non solo come dimensione che può essere ospitata, ma come caratteristica distintiva e di progetto. Unendo suono, spazio, luce e colore nel processo compositivo si aprono nuovi campi di ricerca per concepire una nuova qualità degli spazi. Non resta che mettersi alla prova.

Immagine di copertina: sperimentazioni sonore nella torre evaporativa di Chemnitz, 2025 (©Johannes Richter)

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 8 Ottobre 2025