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Federica RussoWritten by: Reviews

Intrecci, rigenerante design a Salve

Intrecci, rigenerante design a Salve
Racconto e bilancio di una mostra speciale, nel cuore del Salento, all’interno di un Monastero abbandonato. Tradizioni e creatività trionfano a fine estate

 

SALVE (Lecce). Un Monastero dei Cappuccini seicentesco, abbandonato da più di un secolo e ancora intatto nella sua struttura, dalle mura in pietra agli affreschi. Una selezione accurata di 15 giovani designers che operano a livello nazionale e internazionale. La volontà di lavorare con il territorio, i suoi materiali, gli artigiani e le lavorazioni tradizionali. In una terra come la Puglia, a fine agosto, ormai al culmine del boom turistico, tra dimore di lusso e acque cristalline, chiudere l’estate con una operazione di questo calibro è rigenerante.

 

Artisti internazionali e radici locali

Avevamo fin da subito un’idea molto chiara: la pianificazione e l’allestimento sono stati curati nei minimi dettagli, con una forte consapevolezza di ciò che volevamo costruire. Eppure, vedere le opere posizionate nello spazio è stato sorprendente. Mi ha colpito la forza con cui dialogano tra loro e con l’architettura del Monastero, come se il luogo restituisse qualcosa in più a ciascun intervento, tanto che i lavori sembrano acquisire una nuova forza, amplificata dal contesto”.

Così racconta Valentina Rito, attiva tra Firenze e Londra e curatrice insieme a Giacomo Niccolai della mostra “Intrecci • Intertwinings”. Promossa dal comune di Salve con gli Assessorati alla cultura e all’urbanistica e con il supporto della Regione Puglia, si è articolata lungo tre traiettorie tematiche: Luce e ritualità, Fili e trame, Materia e radici. Partendo dalla storia dell’olio lampante prodotto in Puglia che illuminava il nord Europa, attraverso i racconti intrecciati nei tessuti realizzati a telaio, fino alla pietra leccese e al legno di ulivo, i partecipanti hanno realizzato pezzi unici di collectible design che portano in sé la memoria e l’identità di questi luoghi senza cadere nella nostalgia, ma trasformandola in risorsa creativa attraverso narrazioni contemporanee. 

“Un esempio perfetto è l’installazione luminosa in metallo di Morghen Studio – prosegue Rito – creata appositamente per questo luogo. Il contrasto tra LED, candele e incenso coglie in pieno il sottotema curatoriale della ritualità, entrando in sintonia profonda con la sacralità dello spazio. Si crea un’atmosfera quasi magica, di rispetto e raccoglimento. La maggior parte dei designer e degli artisti ha avuto modo di visitare la mostra e si è detta entusiasta del progetto, della sua realizzazione e dell’allestimento. Questo per noi è uno dei riconoscimenti più significativi: essere riusciti a valorizzare davvero il lavoro di ognuno”. 

Tra i partecipanti molti i designers provenienti da altre parti d’Italia e d’Europa che hanno lavorato a progetti legati al territorio o collaborato con artigiani locali: tra gli altri 6:AM con la serie 1/1/1 di sculture in vetro di Murano soffiato, realizzate con l’inclusione – per la prima volta – di polvere di pietra leccese nello strato superficiale; Duccio Maria Gambi che ha presentato Voyage, una serie di nuove opere site-specific concepite in dialogo con il paesaggio salentino e realizzate in collaborazione con l’azienda locale Bianco Cave; Scatter.d che ha collaborato con l’artigiana taurisanese Anna Lucia Rizzello per creare una serie di piccoli arazzi tessuti in lino, cotone e seta su telai antichi, mappe artistiche che tracciano i percorsi di fiumi scomparsi; Tip Studio che ha presentato un nuovo specchio della linea Loto realizzato con terra cruda rossa del Salento. 

Accanto a loro anche designers pugliesi di origine o residenza, il cui lavoro ha contribuito a radicare ulteriormente il progetto nel contesto: Cosma Frascina le cui sculture in pietra della serie Eroded Panorama sono grezze, materiche, colonizzate da muschi e licheni; Daniele Papuli che ha presentato una selezione di opere che esplorano il potenziale scultoreo della carta attraverso intrecci, sovrapposizioni e trasformazioni materiche; Andrea Vitti, che ha presentato Bolla, un oggetto realizzato con il legno di ulivi colpiti dalla Xylella. 

La mostra durante le due settimane di apertura è stata anche accompagnata da tre tavole rotonde con i designers, che si sono svolte a Palazzo Cardia Ramirez di Salve, che hanno toccato i temi del paesaggio come archivio, del design come pratica di rinascita e dello spazio pubblico.

Un luogo finalmente ritrovato

Tutto questo sembrerebbe portare a un successo dell’iniziativa, se non fosse che stiamo parlando della Puglia, un territorio diffuso e a volte rarefatto e di un comune, Salve, magico ma comunque a quasi un’ora a sud di Lecce, più di due da Bari. Un “Sud a Sud dei Santi”, come chiamava Carmelo Bene la Terra d’Otranto, in cui nulla è scontato.

La risposta del pubblico e l’affluenza alla mostra sono state straordinariamente positive, superando ogni nostra aspettativa – racconta Maria Elena Perrotta, organizzatrice con Veronica Tucci  – La soddisfazione più grande, oltre ad aver accolto visitatori da tutta Italia e dall’estero, realizzando così l’obiettivo di attrarre turismo culturale, è stata vedere lo stupore e la gioia negli occhi dei cittadini di Salve che per la prima volta hanno potuto accedere a un luogo fino a oggi inaccessibile, apprezzandone non solo la bellezza, ma anche i contenuti”.

Non si è trattato solo di attrarre visitatori da lontano, ma anche di restituire uno spazio alla comunità e questo è avvenuto senza trasformare il Monastero in un contenitore neutro: al contrario, ogni gesto espositivo ha fatto leva sulla memoria del luogo, rispettandone il carattere e valorizzandone l’autenticità: “Questa è la prova che la rigenerazione culturale è possibile quando esiste una volontà politica concreta”, continua Perrotta.

L’affluenza è stata considerevole non solo durante gli orari di apertura, ma anche durante i talk serali, secondo la curatrice: “C’è un interesse sincero nel voler comprendere le storie dietro ogni oggetto: la genesi di un’idea, i materiali scelti, i processi, le tecniche. Non è affatto scontato trovare un pubblico così ricettivo, così attento anche ai dettagli più minuti. In questo senso, credo che la mostra attivi davvero un processo di attenzione rinnovata verso i dettagli, i gesti, i materiali e le storie spesso ignorate. È un modo per restituire vita a un luogo, creando un ponte tra progettualità contemporanea e memorie silenziose ma presenti. E forse è proprio questa la cosa più bella: aver dato vita a un dialogo autentico, che coinvolge non solo chi espone, ma anche chi visita”.

L’intenzione è che questo sia solo un primo passo, l’amministrazione comunale, i curatori e organizzatori vorrebbero continuare in questo percorso con l’idea di innescare un circolo virtuoso che presuppone l’attivazione di luoghi storici dell’area a volte in disuso, il coinvolgimento di designers pugliesi e non, in collaborazione con sempre più artigiani e imprese locali.

In un territorio segnato dallo sviluppo turistico per lo più balneare e da una certa saturazione stagionale, in cui l’overtourism è diventato un argomento centrale a cui è legata gran parte dell’economia locale, “Intrecci • Intertwinings” ha proposto un’alternativa: capace di attivare nuove relazioni tra visitatori, abitanti e progettisti, in cui la cultura innesca legami più profondi e quindi duraturi diventando leva di trasformazione territoriale ed economica.

 

Immagine di copertina: Monastero dei Cappuccini, Comune di Salve (© Alba Deangelis)

Autore

  • Federica Russo

    Laureata all’Università “La Sapienza” di Roma, è co-fondatrice dello studio di architettura Valari. Ha lavorato in studi internazionali come Haworth Tompkins e Allies & Morrison a Londra, VYA nei Paesi Bassi e Massimiliano Fuksas a Roma. Dal 2006 ha collaborato come giornalista freelance per diverse testate d’architettura tra cui Artribune, Compasses, Presstletter, Livingroome, a edizioni speciali de L’Arca e A10 ed è co-autrice del libro “Backstage Architecture” (2011)

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Last modified: 17 Settembre 2025