Visit Sponsor

Written by: Professione e Formazione

Gli Ordini professionali, tra riforma e periferie

Gli Ordini professionali, tra riforma e periferie
Nell’ambito di un dibattito sempre più necessario, riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Giuseppe Baracchi, presidente degli architetti piacentini

 

PIACENZA. Intervengo in relazione ai contenuti della Newsletter 473 de ilgiornaledellarchitettura.com e in particolare alle riflessioni in merito al ruolo, attuale e futuro, degli Ordini degli Architetti in Italia.

Da poco sono stato neo-rieletto presidente del piccolo Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Piacenza, che conta poco meno di 600 colleghi iscritti. Scrivo neo-rieletto, perché dopo l’esperienza dal 2009 al 2021, come tesoriere prima e dal 2013 come presidente, sono stato rieletto per il quadriennio 2025-2029.  

Abbiamo un consiglio giovane con 5 colleghe (di cui una vice-presidente) e 6 colleghi con differenti esperienze professionali. Più che presidente (ruolo istituzionale e legale) mi sento il coordinatore del lavoro di 11 persone con idee tese alla valorizzazione del ruolo e della figura dell’architetto.

Credo che questo nostro piccolo mondo di provincia rappresenti bene la nostra professione e la sua condizione attuale. Mi pare abbia perso, più di altre, la capacità di occuparsi dell’altro mettendo donne e uomini al centro dell’azione. In questo senso ho letto con interesse l’intervento della collega Lina Malfona su temi che credo fondamentali per le giovani generazioni e rispetto al ruolo stesso del sistema ordinistico. Come si sa, gli Ordini non sono sindacati, non sono lobby di potere, ma lo strumento utile allo sviluppo della professione. L’iscrizione obbliga alla formazione continua attraverso gli ormai famosi, per noi architetti, crediti formativi che, se non ottenuti, portano a diffide e sospensioni comminate dai consigli di disciplina. Procedura antipatica ma che purtroppo è figlia di una certa ritrosia alla partecipazione attiva: in questo senso credo che gli Ordini, anche sfruttando l’occasione della formazione, debbano creare maggiormente situazioni di comunità per sviluppare un dialogo continuo, per scambiarsi esperienze lavorative, per confrontarsi, per crescere.

Tutto ciò è legato a uno dei punti sollevati da Malfona, l’ibridazione. La nostra è una professione in forte modificazione, lo sappiamo: le nostre conoscenze, spesso disperse e iper-specializzate, necessitano di altre competenze. Architette e architetti sono coordinatrici e coordinatori di processi, gli studi professionali devono essere strutturati di conseguenza, con più ruoli e con una varietà di esperienze. Questo significa affrontare con molta serietà anche la questione delle dimensioni delle botteghe di architettura. Ancora molte sono infatti le strutture professionali tradizionali, ma si impone sempre più la necessità, soprattutto nel caso di progettazioni complesse di grandi opere, di strutture aziendali più ampie e complete.

E su questo aspetto il sistema degli Ordini è debole. Spesso mi è capitato di chiedere a colleghe e colleghi attivi in commesse e appalti significativi perché non si impegnano all’interno delle rappresentanze professionali. Succede perché gli Ordini sono visti come organi avulsi dal modo in cui molti intendono la professione, anche a livello internazionale: ovvero come luoghi di carattere parapolitico dove prevalentemente si discutono leggi e regolamenti. Si tratta di un approccio che diventa spesso un freno ad una dimensione culturale sempre più necessaria e applicata al progetto. 

E vengo, con questo, ad un argomento che Lina Malfona sviluppa nella sua intervista e che credo sia decisivo perché richiede un deciso aggiornamento dei paradigmi. Ogni città italiana ha periferie e marginalità diverse. In una realtà di provincia come Piacenza, le aree un tempo marginali e che chiamavamo periferie sono sostanzialmente inglobate nel tessuto urbano. E allora periferie e marginalità sono soprattutto nelle fasce periurbane (collinari nel nostro caso), vero motivo di preoccupazione per il lento ma inesorabile spopolamento. Penso sia questo il vero tema dei prossimi anni, anche per gli Ordini.

Chiudo su un elemento molto attuale: in questi giorni è in discussione un’ampia riforma delle professioni. Dovrà essere capace di tutelare la nostra unicità disciplinare e dovrà valorizzare la capacità di relazione e di visione complessiva della città, che è soltanto degli architetti.  

 

Immagine copertina: la sede dell’Ordine degli Architetti di Piacenza nello spazio rigenerato dell’ex Macello della città, condiviso (caso virtuoso, unico in Italia) con un Campus universitario del Politecnico di Milano

Autore

(Visited 179 times, 1 visits today)

About Author

Share

Tag


, , ,
Last modified: 17 Settembre 2025