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Nuno Portas (1934-2025)

Nuno Portas (1934-2025)
Architetto e critico portoghese, ha avuto fortissimi legami con l’Italia. Artefice dell’esperienza unica del SAAL dopo la Rivoluzione dei Garofani

 

Nel pieno di quella che viene definita la peggiore crisi abitativa degli ultimi decenni, il Portogallo perde una figura centrale dell’urbanistica e della critica architettonica: Nuno Portas, architetto, docente, critico e politico era un intellettuale raro, capace di coniugare rigore e impegno civile, teoria e progetto, accademia e politica, soprattutto nell’ambito dell’edilizia residenziale.

La sua concezione della città andava oltre la semplice somma di edifici, riconoscendone la dimensione sociale, culturale e politica. Oltre i confini nazionali, la sua traiettoria è stata marcatamente internazionale. In particolare, il dialogo costante con l’Italia – a cui guardava sempre con interesse – ha arricchito il suo pensiero e la sua pratica. “La complessità non è un problema, è parte della soluzione”, affermava nel 2005, in occasione della laurea honoris causa conferitagli dal Politecnico di Milano: una frase che appare come testamento di un percorso mai lineare, sempre interrogativo e profondamente inquieto.

 

Learning from Italy

La sua inquietudine intellettuale si manifestò già negli anni Cinquanta, quando, poco più che ventenne, Portas si avvicinò al cinema neorealista italiano, ancora prima che all’architettura, scrivendo recensioni per il “Diário de Lisboa” e affinando una capacità critica che, da studente della Scuola di Belle Arti di Lisbona, alimentava con la lettura delle riviste “Metron” di Bruno Zevi e “Casabella continuità” di Ernesto Nathan Rogers.

Da questa ispirazione, nel 1957, con alcuni colleghi, rifondò la rivista “Arquitectura” aprendo la strada a un aggiornamento decisivo della critica architettonica in Portogallo. Parallelamente iniziò a collaborare nello studio di Nuno Teotónio Pereira, con cui condivideva impegno sociale e pratica professionale.

L’anno successivo si rivelò decisivo il viaggio che i due intrapresero in Italia: la visita ai quartieri INA-Casa al Tiburtino, le chiese di Ludovico Quaroni, Luigi Figini e Gino Pollini, e l’incontro con Carlo Scarpa sul cantiere del negozio Olivetti a Venezia influenzarono in modo evidente i progetti di quegli anni: dalla chiesa del Sagrado Coração de Jesus (1962-75) ai quartieri popolari di Olivais nord e sud a Lisbona (1959-1968).

Gli schizzi e gli appunti di questo viaggio iniziatico confluirono nella sua tesi di laurea del 1959, “A Habitação Social – Proposta para a Metodologia da sua Arquitetura”, considerata la prima sintesi critica sul tema dell’abitare moderno in Portogallo.

 

Architettura come opera aperta

Entrato nel 1962 al Laboratório Nacional de Engenharia Civil (LNEC), dove fondò la Divisione di Habitação e Construção, Portas consolidò la propria ricerca sviluppando strumenti innovativi di analisi urbana e architettonica, alla ricerca dei significati profondi dell’habitat, attraverso l’incrocio con altre discipline come l’antropologia e la filosofia.

Nel libro “Arquitectura para Hoje”, del 1964, tradusse sul piano progettuale il concetto di opera aperta di Umberto Eco, affermando la necessità di concepire i progetti come dispositivi aperti al contributo degli utilizzatori. L’attività al LNEC segna il graduale avvicinamento all’urbanistica, favorito anche dall’analisi del dibattito promosso in Italia da Giovanni Astengo con il quale Portas condivide la visione della pianificazione urbana come intervento radicato nel tessuto culturale, storico e sociale delle città.

Pur senza partecipare agli incontri ufficiali, la sua sensibilità lo avvicinava al Team 10 e, in particolare, a Giancarlo De Carlo, dal quale assimilò una concezione dell’architettura come pratica strettamente legata alla vita quotidiana delle persone e aperta alla partecipazione. Un altro importante spazio di confronto furono i Pequeños Congresos iberici (1958-68), dove nacquero rapporti duraturi con Oriol Bohigas, Rafael Moneo, Aldo Rossi e soprattutto Vittorio Gregotti. A Vitoria, nel 1968, fu Portas a invitare un giovane Álvaro Siza a presentare per la prima volta i propri lavori fuori dal Portogallo. Nello stesso periodo consolidò la propria riflessione teorica con pubblicazioni decisive, tra cui “A Cidade como Arquitectura” (1969), che si poneva come contrappunto portoghese a “L’architettura della città” di Rossi, spostando l’attenzione dal tipo edilizio alla complessità del territorio, attraverso concetti come meta-progetto e meta-programma.

 

La stagione militante del SAAL

Gli anni Settanta segnarono l’approfondimento della sua relazione con l’Italia attraverso la firma della prefazione all’edizione portoghese della “Storia dell’architettura moderna” di Bruno Zevi (1970); ma Portas guardava già oltre, alla ricerca di una nuova consacrazione: quella di politico militante. Dopo la Rivoluzione dei Garofani (1974), assunse l’incarico di Segretario di Stato all’Edilizia e Urbanismo nel primo governo provvisorio, promovendo il SAAL (Serviço de Apoio Ambulatório Local).

Programma breve ma intenso (1974-76), coinvolse decine di équipe di progettisti – tra cui lo stesso Siza – in un’esperienza senza precedenti di partecipazione popolare nelle politiche di edilizia sociale, subito riconosciuta a livello internazionale e accolta in Italia da riviste come “Casabella” e “Lotus”. Nonostante il rapido smantellamento burocratico, il SAAL rimase per Portas un laboratorio paradigmatico: non un mito romantico, ma una lezione permanente sui limiti e le possibilità dell’architettura come strumento di trasformazione sociale e della responsabilità politica e civile degli architetti. 

 

L’urbanismo controcorrente

Negli anni Ottanta e Novanta, Portas si dedicò stabilmente all’insegnamento. Alla FAUP di Porto, scuola ancora profondamente ancorata al ruolo centrale dell’architettura nella didattica, reintrodusse l’urbanistica come disciplina autonoma e ampliò il campo di indagine alla pianificazione territoriale, in sintonia con gli studi di Manuel de Solà-Morales, Joan Busquets e Bernardo Secchi.

Al centro, l’idea di progetto urbano come strumento intermedio tra piano e architettura, in grado di unire strategia e morfologia. Come sempre Portas tentò di passare dalla teoria alla pratica: tra le esperienze più significative di questo periodo figurano il Campus universitario di Aveiro (1987-2000), i primi studi per la pianificazione dell’area Expo ’98 di Lisbona e il progetto urbano per il Waterfront di Rio de Janeiro (1997-2000, con Oriol Bohigas): un profilo internazionale culminato nel 2005 con il Premio Abercrombie conferitogli dalla Unione Internazionale degli Architetti (UIA).

 

La città meta-politana

Nella fase finale del suo lavoro, Portas adottò, rielaborandolo, il concetto di città meta-politana del geografo francese François Ascher, per descrivere la metropoli diffusa e frammentata del nuovo millennio.

Nei piani regionali del Nord e del Centro del Portogallo (2005-2010) e in quello di Guimarães (2003-2012) sperimentò forme di dialogo tra città storica e città contemporanea nei processi di sviluppo territoriale. Centrale rimase il dialogo con i colleghi italiani con i quali, tra le collaborazioni più significative, curò il commissariato scientifico della pubblicazione “L’esplosione della città” (con Francesco Indovina, tra gli altri), dedicata alle trasformazioni urbane europee.

 

Un’eredità europea

È difficile racchiudere Nuno Portas in una sola categoria, così come è riduttivo definirlo soltanto un architetto portoghese. Portas è stato un intellettuale europeo: i legami con Zevi, Scarpa, Astengo, Rossi, Gregotti, Nicolin, De Carlo, Secchi, Indovina, Campos Venuti, l’attenzione costante all’Italia e il suo sguardo critico e democratico lo collocano tra i protagonisti di una generazione che ha fatto del progetto uno strumento politico e civile

Portas ha imparato molto dalla cultura italiana; all’Italia, forse, resta ancora molto da imparare da lui.

 

Immagine di copertina: ritratto di Nuno Portas

Autori

  • È architetto, curatore e ricercatore portoghese. È professore associato all'Università di Coimbra (DARQ-UC) e ricercatore del Centro di Studi Sociali (CES). Coordina il programma di dottorato in Architettura (COIMBRAtudio) e il master in Design Studio "Città e [Infra]struttura” presso la stessa università. Ha curato diverse mostre internazionali e redatto numerose pubblicazioni sull'architettura portoghese, collaborando con riviste specializzate in Portogallo e all'estero.

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  • Ilaria La Corte

    Dopo la laurea in Architettura all’Università di Roma Tre, prosegue la sua formazione professionale in Portogallo, dove vive e lavora. Dal 2017 svolge attività di ricerca come dottoranda presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Porto (FAUP), in co-tutela con lo IUAV di Venezia, con una tesi dedicata al dibattito architettonico internazionale tra gli anni Cinquanta e Settanta, analizzato attraverso le opere di Giancarlo De Carlo e Nuno Portas. Ha collaborato alle attività didattiche del Politecnico di Milano e attualmente svolge ricerca presso il CIAUD – Centro de Investigação em Arquitetura, Urbanismo e Design, della Facoltà di Architettura dell'Università di Lisbona.

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Last modified: 17 Settembre 2025