Tra Fiera e città, alcune note critiche per mantenere ai vertici un evento di grande richiamo internazionale
MILANO. Il Salone del Mobile chiude una settimana di ordinaria follia con numeri più che positivi. Ci riferiamo, ovviamente, all’insana non-programmazione che ha posto sull’asse Milano-Venezia passando per Verona, tre dei maggiori eventi italiani (oltre al Salone, Biennale Arte e Vinitaly) sovrapposti nella medesima settimana, ognuno focalizzato sul proprio ambito. Nessuno attento a quel sistema paese che, come se non bastasse, è stato celebrato il 15 aprile con la prima Giornata nazionale del Made in Italy voluta dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, poi presente il 16 a tagliare il nastro del Salone.
L’evento prima del prodotto
La frenesia del voler consumare tutto nel tempo di una storia su instagram, di un post su tik tok, è stata così esaltata e celebrata incurante dei tempi, necessariamente diversi, che il nostro paese dovrebbe offrire, soprattutto al pubblico estero, per apprezzare la qualità dell’offerta e dello stile di vita. Ma un altro tipo di ritualità un poco folle è stata celebrata, soprattutto nella Milano Design Week, invadendo Fiera e città con lunghissime code che hanno distinto le location e gli stand di maggior interesse – o supposto tale – non più circoscritti ad un controllabile numero, ma diffusi. L’evento sembra aver preso il sopravvento sul prodotto, sul contenuto e, per esserne parte, il rito iniziatico e distintivo è quello del lungo attendere sui marciapiedi cittadini e sui fianchi degli stand nei padiglioni.
Non è una sorpresa che, dunque, gli organizzatori del Salone dichiarino, con giusta soddisfazione, un +17,1% rispetto al 2023, con un’affluenza di 361.417 presenze complessive (+100.000 rispetto al 2022, edizione ancora condizionata dalle difficoltà dei viaggi internazionali, in verità). Gli operatori si attestano a un +26,8%, dei quali il 65,8% in arrivo dall’estero. Si registra, infatti, il ritorno in forza della Cina, seguita da Germania, Spagna, Brasile, Francia, Stati Uniti, Polonia, Russia, Svizzera, Turchia, India, Regno Unito, Corea del Sud, Giappone, Austria. I giornalisti accreditati sono stati 5.552 per un totale di 6.778 ingressi, dei quali il 50,4% dall’estero. Maria Porro, presidente del Salone del Mobile, ha dichiarato che «Il 62° Salone del Mobile ha superato ogni previsione: è stata un’edizione da record», mentre per Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo, possiamo «Dire con certezza di essere i leader indiscussi, capaci di attrarre nei padiglioni di Fiera Milano il design di tutto il mondo, confermando il Salone di Milano come la fiera di settore più importante a livello internazionale».
Bagni e cucine? Ormai è tempo di total living
Numeri pre-Covid, si nota giustamente, ma con una superficie espositiva ridotta non di poco: su questo punto s’incentra la riflessione, senza nulla voler togliere al bel risultato. L’edizione della biennale di cucina e bagno, quella del 2024, si presenta con un modello espositivo, ma soprattutto merceologico che, nonostante le apparenti innovazioni, risale a un’epoca ormai lontana dall’attuale. Non a caso la cucina è diventata in gran parte mostra delle apparecchiature, Technology for the Kitchen FTK, mentre l’ambiente cucina si è fuso nel total living presentato dai marchi più grandi che meglio interpretano un mercato che già da tempo si muove in questo senso, privilegiando una visione globale ad un approccio parcellizzato.
Installazioni incongruenti
Le operazioni sovrapposte alle due rassegne, fortemente comunicate, sono risultate poco significative (nell’applicazione delle neuroscienze), di modesto impatto (nel ridisegno urbanistico che ruota la maglia ma ricade, inevitabilmente, nell’ortogonalità della stessa), difficili da condividere. Soprattutto nelle installazioni: quella di Lynch Interiors by David Lynch, “A Thinking Room” (pensata per una fruizione singola in una fiera visitata da centinaia di migliaia di persone), e quella di Salotto NYC “Under the Surface” (isola semi-sommersa che vuole sottolineare la preziosità dei nostri oceani con un allestimento realizzato in polistirolo verniciato, forse il materiale meno indicato per la salute delle acque).
In Fiera, ma per quanto tempo?
L’equilibrio fra fiera e città, ove la manifestazione fieristica è stata per sessant’anni anni il motore di uno sviluppo dell’offerta espositiva anche urbana, sembra preludere ad uno spostamento in favore di un modello di mostra diffusa che andrà probabilmente a privilegiare, nel medio periodo, gli eventi cittadini, anche in una chiave temporale dilatata rispetto alla tradizionale settimana.
D’altro canto, la cristallizzazione in fiera dei mega stand delle grandi aziende (fino a quando interessate ad essere qui presenti?), chiusi come castelli rispetto ai piccoli che cercano occasioni di visibilità nel grande afflusso di pubblico, sembra poter interrompere quel ciclo virtuoso che ha permesso una crescita continua per più di mezzo secolo e che ci ha portato sì ad una posizione di primato, ma che necessita, crediamo, di una profonda riconsiderazione per puntare ad una prospettiva positiva nel lungo periodo.
In generale nella MDW si è assistito ad una battaglia fra contenuto e contenitore ove, prevalendo l’evento sul prodotto, alla lunga il contenitore urbano, con la sua storia fatta di palazzi, dimore, corti e giardini, temiamo prevarrà sugli anonimi padiglioni fieristici, ancorché allestiti e caricati di significati. La riprova? Quelle che sembravano improbabili location poste fuori mano, ma ospitate in spazi significativi, hanno registrato il tutto esaurito quasi indipendentemente dai contenuti che presentavano. Al lavoro, dunque, felici di un bel risultato nell’immediato, ma consci di dover progettare un futuro che potrebbe essere più impegnativo del previsto: speriamo questo sia l’atteggiamento prevalente per mantenere Milano e il suo Salone ai vertici.
Immagine di copertina: © Salone del Mobile.Milano
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fiere , Milano , Milano Design Week , salone del mobile
Last modified: 24 Aprile 2024