L’«enfant terrible» del mondo del design: una vita di visioni, colori e forme rivoluzionarie
Gaetano Pesce, che per più di 60 anni ha dato vita a progetti dalle forme eccentriche attraverso oggetti d’arte, di design ed anche edifici, rimanendo nel tempo “l’enfant terrible” del mondo del design, è morto il 4 aprile scorso a New York, all’età di 84 anni. Creatore visionario e rivoluzionario, si è occupato di design sempre sopra le righe, ed il suo sguardo innovativo è rimasto indiscusso e costante negli anni, sorprendendo con i suoi progetti fino all’ultimo. Nel corso della sua lunga carriera ha rivoluzionato il mondo dell’arte, del design, dell’architettura e degli interni, lasciando in tutte le arti un forte segno e una grande eredità creativa.
Designer, artista, oltre che architetto e urbanista, è conosciuto per i suoi oggetti traslucidi e dai colori brillanti, tra cui ciotole, vasi, tavoli, sedie e lampade realizzati spesso in resine e polimeri. È stato il creatore di molti prodotti che hanno fatto la storia del design internazionale. Tanti gli oggetti che hanno lasciato il segno: oltre alle poltrone e sedute Serie Up (prodotte a partire dal 1969 da B&B) e alla poltrona Yeti (1968, B&B), i suoi tavoli Arca (1972) e le sedie Golgotha (1972, il primo oggetto di design a realizzare compiutamente la nozione di “originali in serie” o produzione aleatoria), la poltrona Sit Down (1975, Cassina), i divani Cannaregio (1987, Cassina), la sedia Green street chair (1984, Vitra), la lampada Moloch (1971, Bracciodiferro), il divano Tramonto a New York (1980, Cassina), la caffettiera Vesuvio (1992, Zani & Zani,) le collezioni di mobili Nobody’s Perfecy (2002, Quattrocchio), ma l’elenco potrebbe proseguire.
Dagli esordi a… New York
Nato a La Spezia l’8 novembre 1939, Pesce ha trascorso gran parte della sua vita a New York, città ove si trasferisce dal 1983 e che lo ha spesso ispirato nel suo lavoro, diventando lo sfondo colorato per i suoi arredi scultorei, anche se è comunque rimasto fortemente legato all’Italia.
A soli 17 anni si fa notare scrivendo un Manifesto in difesa del diritto all’incoerenza nell’arte, mettendo in evidenza la necessità di cambiare, di essere liberi, di non ripetersi: punti che diventeranno una caratteristica in tutto il suo lavoro. Studia architettura all’Università di Venezia, ma segue i corsi presso la più progressista Facoltà di Disegno Industriale di Venezia, avendo come maestri Carlo Scarpa ed Ernesto Nathan Rogers. Nel 1959 entra a far parte del Gruppo EnnaA, fondato a Padova con Tino Bertoldo, Alberto Biasi, Tolo Custoza, Sara Ivanoff, Bruno Limena, Manfredo Massironi, Milla Muffato e Gianfilippo Pecchini, ma l’esperienza collettiva è breve, dato che il gruppo si scioglie nel 1960. Desideroso di sperimentare nuovi materiali, visita alcune aziende chimiche; è in queste occasioni che conosce nuovi tipi di plastiche che poi incorporerà nei suoi progetti.
Designer, progettista, scultore…
Nel 1962 Pesce avvia la sua carriera di designer, dividendosi tra progettazione e scultura e diventando in breve tempo uno dei maggiori esponenti del Radical design, tra le più celebri correnti italiane in grado di trovare fortuna anche all’estero. Sempre nel 1962 inizia la collaborazione con B&B Italia realizzando le celebri sedute Up. Per anni ha uno studio a Parigi e insegna a Strasburgo. Dopo essere stato chiamato come docente di design al Pratt Institute di Brooklyn nel 1980, si trasferisce a New York.
I suoi lavori si fanno da subito notare. Le sue opere si distinguono soprattutto per l’uso illimitato del colore e l’utilizzo di materiali rivoluzionari, sviluppati grazie alle nuove tecnologie. Il poliedrico linguaggio di Pesce è un mondo in cui egli fonde l’aspetto materico/tecnologico con l’arte, in netta contrapposizione al tradizionale mondo del mobile. Progetta anche alcuni interni, come gli spazi della sede dell’agenzia pubblicitaria Chiat/Day a Manhattan (1994): un paesaggio surreale, quanto più lontano dagli uffici tradizionali, che appare sospeso come in uno stato di sogno. Tra gli edifici, invece, l’Organic Building (1993) un blocco di uffici a Osaka ricoperto di piante, un’originale casa per le vacanze a Bahia (1998, Brasile) e una casa di vacanza in Puglia (2009) composta da due grandi cubi separati, colorati di azzurro e rosa a segnare l’unione simbolica tra marito e moglie, realizzati in poliuretano espanso.
Emblemi, riconoscimenti, mostre
Intrise di colore, divertimento e autoironia, molte sue opere al contempo si sono trasformate anche in simboli politici e sociali: su tutte le poltrone Up che, ispirandosi alle forme della donna e dell’abbondanza, si sono fatte emblema delle lotte femministe. In schiuma di poliuretano, la sedia è un pezzo di design che combina artigianalità con rimandi alla società e all’ironia. La forma sensuale della sedia suggerisce il corpo di una donna, il grembo è la seduta, mentre il pouf simboleggia una palla al piede; un progetto che aveva lo scopo di comunicare e denunciare il sessismo.
Tra i riconoscimenti, è stato insignito del prestigioso Chrysler Award for Innovation and Design (1993), l’Architektur & Wohnen Designer of the Year (2006) e il Lawrence J. Israel Prize conferito dal Fashion Institute of Technology di New York (2009). Le sue opere sono presenti in oltre trenta collezioni dei musei più importanti del mondo: Metropolitan Museum di San Francisco, Vitra Museum, Victoria & Albert Museum e Centre Pompidou di Parigi, solo per citarne alcuni.
Tra le mostre che lo hanno celebrato negli anni, oltre a “Italy: the new domestic landscape” al MoMA di New York (1972), vanno almeno ricordate la retrospettiva “Le temps des questions” al Centre Pompidou (1996) e quella alla Triennale di Milano “Il rumore del tempo” (2005). In questi ultimi mesi Pesce si stava preparando a debuttare con “Nice To See You – L’uomo stanco”, una monografica alla Biblioteca Ambrosiana in programma durante il Salone del Mobile.
Anticonformista, volontariamente fuori da ogni rigido ordine compositivo, curioso e dotato di un’immaginazione sconfinata, la sua forte personalità lascia un segno indelebile in tutti coloro che conoscevano lui e il suo lavoro. Per Pesce gli oggetti non erano semplici “merci”: sono stati realizzati per persone che, sebbene simili, non sono mai identiche. Il suo vasto corpus di opere, in cui il rapporto tra arte e design è sempre presente, è il manifesto della sua unicità.
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Last modified: 10 Aprile 2024