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Alberto VignoloWritten by: Progetti

Eataly Verona: un’idea di città con la freschezza di uno yogurt scaduto

Eataly Verona: un’idea di città con la freschezza di uno yogurt scaduto

Il recupero degli ex Magazzini generali, su progetto di Mario Botta, è un’altra (colossale) occasione persa per la città scaligera

 

VERONA. Dopo ripetuti annunci e slittamenti, a fine ottobre scorso ha finalmente aperto i battenti Eataly Verona, portando a compimento la visione di Mario Botta – che firma il progetto assieme all’ingegnere Claudio Modena – per il recupero degli ex Magazzini generali, dismessi negli anni ottanta e da allora oggetto di molti pensieri, parole – e omissioni – attorno all’idea di un nuovo centro per la parte meridionale della città, giusto a due passi dal quartiere fieristico e dalla futura stazione dell’Alta capacità.

 

Addio alle patine

Una visita è d’obbligo per un bilancio ancora provvisorio

, mentre i nuovi usi si consolidano e, soprattutto, prende forma il grande spazio aperto in via di ultimazione all’ombra del cupolone veronese, la Stazione frigorifera specializzata, altresì nota come “la Rotonda”. Qui però Palladio non c’entra: si tratta di un grandioso edificio-macchina a pianta centrale, costruito negli anni trenta per accogliere i vagoni ferroviari sui quali venivano caricate le derrate alimentari refrigerate nelle celle disposte attorno al nucleo centrale coperto da una cupola di cemento armato del diametro di 24 m.

Varcando oggi la soglia di Eataly, ortofrutta e banconi frigo danno il senso di una certa coerenza con la destinazione originaria dell’edificio, ma paradossalmente è la forma degli spazi ad essere sostanzialmente irriconoscibile. Nonostante il vincolo monumentale esteso all’intero comparto urbano, infatti, quello che a tutti gli effetti è un restauro, per di più “firmato”, nel difficile equilibrio tra adeguamenti normativi e memoria del luogo, ha messo completamente da parte un approccio di tipo conservativo. “Dov’era come non sarà più”: mantenuta integralmente la sagoma dell’edificio, se ne è definitamente perduta la patina, il cui ricordo è relegato alle immagini che scorrono sui video del piccolo Museo della ghiacciaia ricavato tra i settori del food market, con un superstite compressore tirato a lucido e odoroso di grasso. I consistenti lavori strutturali e impiantistici del progetto Botta-Modena hanno così restituito agli oltre 11.000 mq di spazi un carattere uniforme: grande luminosità, superfici murarie omogeneizzate da un intonaco granuloso, cemento e lamiere per le finiture industrial style. Con l’insistito tentativo di lasciare qualche segno qua e là, come le colonne circolari “bottiane” all’ingresso, le sezioni a zigzag dei controsoffitti sospesi e le massive forme dei nuovi corpi scala.

 

Una Rotonda sul parcheggio auto (e tanti saluti alla centralità urbana)

Nonostante tutto, però, anche l’intervento di un autore il cui segno calligrafico è assai incisivo rimane qui poco visibile: la forza icastica dell’edificio ha comunque la meglio, imponendosi a chi varca la soglia di Eataly Verona. Che non è un’impresa facile: superata la tentazione di utilizzare il portale principale, quello con l’insegna “Stazione frigorifera specializzata”, occorre percorrere un’intera semicirconferenza per trovare l’unico accesso “da tergo”. Perché qui sono posizionate le casse e soprattutto un grande parcheggio a raso, sul modello di un qualunque mall extraurbano. Con tanti saluti alla “nuova centralità urbana” di Verona Sud.

 

È il mercato, bellezza!

Per il resto si tratta sostanzialmente di un grande supermercato alimentare, sia pure chic e di alta gamma, con arredi e banconi – conformi al format Eataly e dunque estranei al progetto di riforma dell’edificio – adattati all’andamento anulare del percorso. Con una singolare eccezione: i corridoi radiali sono dedicati alla presentazione e alla vendita di opere d’arte, con tanto di prezzi riportati sui cartellini delle opere, al pari di ortofrutta, salumi e bottiglie di vino. L’Art Market, una interessante commistione che democratizza con la sua facile accessibilità il mondo elitario delle gallerie d’arte, è solo parte di un progetto più ampio, Eataly Art House, che si sviluppa al livello superiore della Rotonda con 1.000 mq dedicati a mostre temporanee, con il medesimo focus su arte moderna e contemporanea e fotografia, più un centro convegni. La logica che qui prevale è di tipo prettamente museale: le mostre inaugurali danno un senso compiuto agli spazi, facendo ripensare con rammarico ai vagheggiati sogni di un grande museo d’arte contemporanea, che a Verona manca e che qui avrebbe trovato degna sede.

Ma Verona non ha un rango metropolitano, e i nodi al pettine del sistema museale della città sono già abbastanza intricati: rimane centrale la sua storica vocazione agroindustriale, come banalmente ci ricorda anche il ristorante “Agricolo” – ma va? – che campeggia al centro della Rotonda. Un baldacchino-tempietto metallico destinato a grill incarna, è il caso di dire, il fuoco simbolico dell’edificio, giusto al di sotto della luminosa cupola. Un vuoto avrebbe senza dubbio messo in evidenza con maggiore efficacia la suggestione di questo spazio, ma “è il mercato, bellezza”, anzi il supermercato.

 

Altro che polo culturale e parco urbano, una colossale occasione persa

Un giro tra i tavoli del ristorante e si ritorna fuori, sulla grande esplanade ove prospettano gli altri edifici riformati da Botta, ricomponendo in questo caso i volumi a due a due tramite gallerie vetrate – sorta di passage, senza però Parigi d’attorno – e un deciso ridisegno dei prospetti segnati da un insistito ritmo di sottili tagli verticali a dar luce agli uffici di banche e aziende farmaceutiche. E pensare che gli ex Magazzini generali dovevano diventare il polo culturale della città…

C’è un sapore classicheggiante anche in ciò che si coglie dello spazio aperto, disegnato da viali monumentali e grandi losanghe di prato, punteggiate dalla disposizione a quinconce dei volumi di uscita dall’autorimessa interrata che, con la sua estensione (1.800 posti auto) ipoteca tra rampe, griglie e solai di copertura il carattere del suolo. Altro che giardino o parco urbano: c’è poca speranza per gli sparuti alberelli mostrati dal disegno, e dell’enorme roseto ipotizzato da Botta non è rimasta traccia, sacrificato dalla scure calata sul budget delle finiture (la distesa di autobloccanti affiancati senza soluzione di continuità alla pietra messa in opera nelle prime fasi dell’intervento la dice lunga).

Se non sono rose, non fiorirà nemmeno una qualche idea di spazio pubblico contemporaneo: una colossale occasione perduta per la città, figlia anche del progressivo disimpegno della fondazione bancaria cittadina, che aveva acquisito l’area e gli immobili dall’amministrazione comunale con grandi aspettative, salvo poi tentennare per anni e rigirare infine la patata bollente della gestione immobili a un fondo lussemburghese (Patrizia) che opera, legittimamente, con logiche di mercato.

Lungo l’asse di viale del Lavoro, il principale accesso al centro cittadino, demolito il muro di cinta che connotava il “recinto di fabbrica” dei Magazzini, altro non resta che uno sguardo frettoloso dall’automobile, e l’uso della medesima per accedere a Eataly. Dove l’assortimento è certamente ottimo, e la qualità dei prodotti pure. Ma l’idea di città ha la freschezza di uno yogurt scaduto.

 

Autore

  • Alberto Vignolo

    Nato a Peschiera del Garda (Verona) nel 1968. Laureato in architettura al Politecnico di Milano, alla libera professione affianca la ricerca sulla comunicazione del progetto architettonico attraverso la redazione di articoli, saggi e monografie e l'organizzazione di mostre e iniziative culturali. Dal 2010 dirige la rivista «Architettiverona».

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Last modified: 15 Marzo 2023