L’intervento voluto da Generali riporta la vita (e segni di contemporaneità) nella straordinaria manica di piazza San Marco
VENEZIA. I centocinquanta metri della facciata delle Procuratie vecchie, che chiudono a nord il rettangolo di piazza San Marco, appaiono ancor più assoluti, in una città ove l’eccezione e l’irregolarità trionfano, sapendo che, dietro all’architettura muta, quasi intoccata, si è svolto un cantiere piuttosto rapido (cinque anni), ma atteso da più di trent’anni tanto da far diventare l’edificio, per veneziani e visitatori, una quinta architettonica senza uno spazio interno visibile o intuibile. Sotto i portici, in una confusione di negozi e negozietti, il capolavoro di Carlo Scarpa realizzato ai tempi per Olivetti si scorge appena.
Nel sottotetto, un’inaspettata architettura d’interni
Ai piani nobili le vetrate con l’antico logo Generali rimandano a una mitteleuropa che non c’è più, ma della quale sono sempre vivi i ricordi e le immagini. Solo lo sguardo più attento può notare, dietro agli “occhi” circolari che punteggiano in numero di cento, con regolarità, l’imposta della copertura, una luce diversa, dei colori e dei materiali che denunciano una nuova vita. Ed è qui, ben celato sotto l’alta falda che fino a pochi anni fa nascondeva un sottotetto – che ci figuriamo polveroso e silente – che il progetto ha preso vita disegnando un’inaspettata architettura d’interni, un preciso allestimento per rispondere a dei contenuti fortemente innovativi al fine di riaprire al pubblico gli antichi spazi.
Generali, che nel 2021 ha celebrato il suo 190° anniversario, ha voluto fortemente questa riapertura delle Procuratie vecchie, il cui aspetto attuale si deve agli interventi di Bartolomeo Bon e Jacopo Sansovino tra il 1517 e il 1538, ritornate accessibili alla comunità e diventate la casa di The Human Safety Net, la fondazione del gruppo nata nel 2017 che punta a liberare il potenziale delle persone che vivono in contesti di vulnerabilità, attiva in oltre 23 paesi tra Europa, Asia e America Latina.
Il restauro architettonico, gestito da Generali Real Estate, è stato affidato allo studio David Chipperfield Architects Milan e ha reso nuovamente disponibili primo e secondo piano per gli uffici della compagnia ma anche di altre realtà del territorio. Nuove scale e il rinnovato ingresso centrale al terzo piano permettono l’accesso alle aree espositive aperte al pubblico della fondazione nonché a spazi di lavoro e a un auditorium che costituisce un unicum in piazza San Marco.
Alla scoperta del proprio potenziale
Quest’area di 2.500 mq offre ai visitatori un’esperienza immersiva, sviluppata da Dialogue Social Enterprise su progetto di Orna Cohen: in “Un mondo di potenziale” ogni persona sperimenta la scoperta del proprio potenziale appunto, grazie anche all’interior design e all’allestimento di Migliore+Servetto. Il programma si completa con un Art Studio, spazio dedicato ad artisti contemporanei che condividono i valori della fondazione, un caffè, un’area di lavoro e uno spazio eventi con il già ricordato auditorium da 230 posti. La direzione artistica è affidata a Rampello&Partners Creative Studio.
Un restauro che affronta il tema della tipologia
Molti i temi d’interesse che s’intrecciano in questo intervento. Venezia è città costruita dall’uomo conquistando l’acqua e luogo dell’architettura per eccellenza, ma nel XX secolo ha rifiutato le operazioni dei maestri del moderno, pur popolandosi, al contrario, d’innumerevoli interventi contemporanei di non sempre chiara qualità. Il progetto di recupero condotto dallo studio milanese di Chipperfiled viene, in un certo qual modo, a interrompere questa tradizione negativa, e a dimostrare che un’architettura moderna può essere realizzata in un tessuto storico, ancorché introdotta per il tramite di un restauro che affronta il tema della tipologia.
“Il problema delle Procuratie è rappresentato dalla loro morfologia, dalla loro struttura e da come sono state organizzate in origine: un ordine andato perso molto tempo fa“, ci dichiara Chipperfield. “Il paradosso sta nel fatto che quando guardi l’edificio dalla piazza sembra un palazzo di città con grandi stanze. Lo suggerisce l’orizzontalità della facciata. L’interno era invece strutturato in piccole e strette unità verticali che caratterizzavano magnificamente il complesso. Ma una volta persa la funzione originaria [ospitare i procuratori; n.d.a.], gli uffici hanno richiesto delle connessioni orizzontali. La struttura a muri, così importante, divenne obsoleta: questo il motivo per il quale il piano sottotetto è stato disegnato come una sequenza di stanze unite da una lunga infilata di archi, per enfatizzare un ambito che non è un grande spazio, appunto, bensì una lunga infilata di spazi, perché i muri non si potevano ovviamente eliminare, al limite solo bucare. Non è possibile tornare indietro intervenendo sull’edificio: tutto ciò che si può fare è dare un ordine e una coerenza al “collage” degli accadimenti che si sono succeduti… Il nostro compito è stato pulire l’edificio cercando una coerenza.
Nelle parole di Chipperfield si ritrovano le motivazioni di un “restauro soft”, questa la sua definizione, che non rinuncia, anzi ricerca con forza una riconoscibilità che molto deve all’utilizzo di materiali e tecniche della tradizione italiana e veneta. La maestria artigiana locale all’opera nelle lavorazioni di pavimenti, muri e soffitti – grazie all’utilizzo di pastellone e terrazzo, marmorino e scialbatura, ma anche cocciopesto e cotto – ha dato molto alla buona riuscita del progetto, come riconosciuto da progettisti e committenti.
Il risultato è corretto e atteso nei piani restaurati, innovativo e non timido nel piano ritrovato del sottotetto; livello che si spinge, con due nuove terrazze, sin sulle coperture del lungo e stretto corpo, al cospetto della basilica di San Marco e all’ombra del suo campanile. I nuovi ambienti, netti ma non freddi grazie ai materiali e alle tecniche sopra ricordati, si prestano a un allestimento che con colore, calore e giocosità si presenta familiare e accessibile. In uno spazio appartato, un teatrino con le marionette dell’atelier Carlo Colla – tradizione delle maschere veneziane coniugata con una sofisticata tecnologia interattiva – ci ricorda che per affrontare il futuro dobbiamo partire della comprensione e conservazione del passato, a nostro avviso tratto distintivo delle ritrovate Procuratie vecchie.
Immagine di copertina: Procuratie vecchie in piazza San Marco (© Richard Davies)
About Author
Tag
arte contemporanea , david chipperfield , restauro , venezia
Last modified: 13 Aprile 2022