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Renato BocchiWritten by: Patrimonio

Venezia: al Teatro verde torna la primavera

Venezia: al Teatro verde torna la primavera

La Fondazione Cini con Università internazionale dell’arte e Maison Cartier per la rinascita dell’opera realizzata nel 1954 da Luigi Vietti per Vittorio Cini

 

VENEZIA. Dal 10 aprile torna accessibile al pubblico, presso la Fondazione Giorgio Cini, il Teatro verde nel parco dell’isola di San Giorgio, parzialmente restaurato grazie anche alla collaborazione dell’Università internazionale dell’arte (UIA) e della Maison Cartier di Parigi.

Il grande teatro all’aperto, memore dei teatri di verzura delle ville venete, fu realizzato fra il 1952 e il 1954 su progetto di Luigi Vietti (1903-98), per volontà del conte Vittorio Cini, suo munifico committente. Consta di un’ampia cavea in cemento e pietra, ingentilita da siepi di ligustro e circondata da un romantico emiciclo di alberi ad alto fusto, per 1.500 posti a sedere, e di un vastissimo palcoscenico a pianta esagonale, che copre un’area di ben 1.400 mq e ospita nelle sue viscere 12 camerini, 8 locali di servizio, oltre a magazzini per le attrezzature teatrali ed elettroniche, il tutto arditamente scavato nel terreno acquitrinoso del parco fino a una quota inferiore di 82 cm sul livello medio del mare.

Un’opera imponente d’ingegneria e di landscaping, con la quale Vietti confermava la sua profonda ricerca di coniugazione delle forme e dei materiali della modernità con un’attitudine a riconsiderare i valori della tradizione classica, nonché un’attenzione particolare ai valori del paesaggio mediterraneo e alla conseguente integrazione della vegetazione con le forme dell’architettura razionalista.

 

Anni 2000, il primo rilancio e l’abbandono

Varie sono state le operazioni di restauro condotte alle soglie del 2000, grazie alla convenzione fra la Fondazione Cini e la Biennale di Venezia, che consentirono un rilancio del teatro culminato nella spettacolare performance di Carolyn Carlson nell’estate del 1999 e nelle suggestive performance di danza orientale degli anni immediatamente successivi. Nonostante tutto, il Teatro verde ha incontrato una lunga fase di abbandono e di degrado fino all’autentica devastazione causata dall’Acqua granda del 2019.

Finalmente si è avviato ora il difficile processo di rinascita, con il restauro accurato della cavea e la ri-piantumazione delle siepi di ligustro. Al ripristino si accompagna un progetto artistico per la valorizzazione del Teatro con l’opera digitale intitolata La maschera del tempo, firmata dall’artista Mattia Casalegno e dal sound designer Martux_m [il 9 aprile, presentazione del trailer visualizzabile anche da dispositivi mobili; n.d.r.]. Continuano così le iniziative in questo campo di attività artistica e tecnologica da tempo promosse dalla Fondazione Cini, fin dalla riproduzione digitale delle Nozze di Cana del Veronese e dalla relativa installazione interattiva di Peter Greenaway nel 2009.

Il recupero del Teatro verde rappresenta oggi un momento cruciale, non solo per la storia architettonica di Venezia, ma soprattutto per la sua vita culturale e artistica, di cui la Fondazione Cini rappresenta da sempre un punto di riferimento internazionale”, ha affermato Renata Codello, segretaria generale della Fondazione Giorgio Cini. “L’impegno alla valorizzazione e alla riapertura del Teatro verde è un piano a lungo termine che abbiamo iniziato con determinazione e che porteremo alla conclusione nei prossimi anni. Inutile dire che gli investimenti necessari per ultimare tutte le fasi del restauro sono molto consistenti, ma confidiamo di poter perseguire i nostri obiettivi anche grazie ad alcune partnership che già in questa fase hanno reso possibile il primo intervento e la riapertura”.

 

Un’opera moderna in laguna

Il Teatro verde di San Giorgio è annoverabile a buon diritto fra i più interessanti interventi dell’architettura moderna a Venezia, benché meno noto rispetto alle famose e controverse realizzazioni – esse pure in bilico fra modernità e tradizione – della Casa alle Zattere di Ignazio Gardella o dei vari padiglioni dei Giardini della Biennale, e ancor meno rispetto ai notissimi sfortunati abortiti progetti di Frank Lloyd Wright, Le Corbusier e Louis Kahn degli anni cinquanta e sessanta, che segnarono per anni la lunga damnatio dell’architettura moderna nella città lagunare.

A Vittorio Cini e alla sua famiglia si deve peraltro – come è noto – la spinta decisa per una disincantata modernizzazione della città, pur attentissima alla sua millenaria vicenda storica. E per questo non è affatto casuale che Vietti, il quale condivideva un’analoga posizione a favore della coniugazione di novitas e tradizione nel campo dell’architettura, fosse più volte incaricato dal conte Cini – in taluni casi al fianco del veneziano Angelo Scattolin – di progetti d’innovazione particolarmente significativi: da quello non realizzato per l’hotel Bauer a San Moisé del 1945-47 al complesso residenziale Sidarma al Lido, del 1949, fino agli edifici per uffici Sade lungo il Rio novo degli anni cinquanta e, per l’appunto, agli interventi coevi nel parco dell’isola di San Giorgio.

Nel saggio Luigi Vietti. Progetti veneziani (in “FAM”, Parma 2019), gli autori Mauro Marzo e Viola Bertini avanzano l’ipotesi che, nel concepire il Teatro verde, Vietti possa aver riecheggiato, più o meno consapevolmente, l’ardita idea del grande umanista Alvise Cornaro risalente al secolo XVI, per la costruzione in pieno bacino di San Marco di una fontana, un “vago monticello” e, per l’appunto, un teatro: opera assunta da Manfredo Tafuri quasi a simbolo della renovatio urbis propugnata dal Rinascimento veneziano e parzialmente realizzata dalle relative imprese palladiane, di cui San Giorgio è per l’appunto uno dei “fuochi trigonometrici”.

 

Per visitare il Teatro verde: dal 10 aprile all’1 maggio nel contesto di «Homo Faber Event»; dal 20 maggio con il programma di visite guidate della Fondazione Cini

 

 

Autore

  • Renato Bocchi

    Nato a Trento nel 1949, architetto, fino al 2019 professore ordinario di composizione architettonica e urbana presso l’Università Iuav di Venezia, dove ha diretto il Dipartimento di Progettazione dal 2005 al 2008. Ha insegnato all’Università di Trento dal 2003 al 2010. È membro del dottorato in Architettura. Teorie e Progetto, della Sapienza Università di Roma e del dottorato in Architettura, città e design dell’Iuav. Il suo principale campo di ricerca riguarda le relazioni tra arte, architettura, città e paesaggio. Ha diretto la rivista “Archint” (1995-2000). È stato consulente per il Piano del centro storico (1980-84) e per il nuovo Piano di sviluppo (2000-2001) della Città di Trento. È stato coordinatore nazionale del programma di ricerca “Re-cycle Italy” fra il 2013 e il 2017. Tra le sue ultime pubblicazioni: “La materia del vuoto” (Universalia, 2015) e “Progettare lo spazio e il movimento” (Gangemi, 2009). È in uscita per le edizioni Carocci il nuovo libro “Spazio arte architettura”.

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Last modified: 30 Marzo 2022