Visita alla Casa della cultura della V-A-C Foundation, che intende avviare un processo di democratizzazione dell’arte e dell’architettura
MOSCA. Quando entri nella nuova sede della V-A-C Foundation ti accoglie la vista di una piccola foresta sullo sfondo dell’atrio. È questa forse la sorpresa più grande di una realizzazione che ha più di un motivo d’interesse. Per chi ha avuto modo di seguire il cantiere dai suoi primi passi (vedi report del 2017 e del 2019), il progetto realizzato non presenta novità non annunciate, ma indubbiamente l’effetto spaziale dell’ardita riconversione della centrale elettrica, collocata sull’isola posta in pieno centro nella Moscova, attendeva il suo compimento per comunicare appieno la propria qualità spaziale.
La foresta, in verità, è un piccolo bosco di betulle, un omaggio al paesaggio della nazione, ma costituisce uno spiazzamento che cambia la linea dell’orizzonte dello spettatore che, entrato nel grande volume a cattedrale, non si trova di fronte ad un paesaggio urbano, bensì ad una presenza naturale ottenuta alzando la topografia – nascondendo così nell’interrato i parcheggi e gli spazi di servizio – e piantando gli alberi: una natura “naturata” che si ricollega al canale prospiciente e chiude lo spazio con una bellezza tipicamente moscovita. Un piccolo segno che testimonia la qualità di un approccio che, cosa per niente scontata in Russia, guarda al restauro, alla sostenibilità e alla comprensione della natura del luogo, al genius loci, come principi ordinatori del progetto.
L’operazione di ripulitura, restauro e conversione di un vetusto edificio, offuscato dagli anni e dai fumi dell’energia prodotta, in una “cattedrale di luce” votata all’arte contemporanea non musealizzata, ma presentata come processo culturale attivo e aperto, riesce nel donare al pubblico uno spazio vasto, quasi monumentale, luminoso, nel quale la mano di bianco che tutto ricopre porta in luce “il nuovo” senza dimenticare “l’antico” in un clima contemporaneo, ma non estremo, grazie all’azione temperata della natura presente nel canale e nella foresta, nel colore dell’acqua e in quello delle betulle che si sposa col cielo.
Uno spazio per avvicinare il pubblico all’arte contemporanea
Il nuovo spazio culturale sul Bolotnaya Embankment, fra le mura dell’ex centrale elettrica della città, inaugurato lo scorso dicembre, è un’istituzione che punta ad avvicinare il pubblico all’arte contemporanea e ad incoraggiare la partecipazione culturale attiva.
La Casa della cultura GES-2 è dotata di sale espositive, biblioteca, cinema, sala concerti e di tutto ciò che si addice allo standard di una struttura di livello internazionale, come laboratori, studi e residenze per artisti, facilities nonché parco giochi e auditorium destinati a eventi pubblici e formativi. L’idea di Leonid Mikhelson e Teresa Iarocci Mavica, che nel 2009 a Mosca diedero vita alla V-A-C Foundation, si basa sulla visione della cultura come “processo di apprendimento e scoperta del mondo che ci circonda”, il che porta a concepire GES-2 come “uno spazio di comunicazione culturale aperto a tutti”, secondo le parole di Mikhelson, presidente di V-A-C Foundation.
Il concetto è ribadito da Renzo Piano quando afferma che “l’arte, l’architettura e la scienza hanno bisogno di democratizzazione… L’arte contemporanea è più democratica di quella classica, e gli edifici culturali complessi e multifunzionali hanno sostituito, in parte, i luoghi di culto. E, come i luoghi di culto, sono aperti a tutti”.
Un progetto di architettura per l’avvio di un processo culturale
Il progetto, basato su un programma completo messo a punto da RPBW e da tutto il gruppo che ha contribuito alla realizzazione, segna l’inizio di un processo culturale basato sulla sostenibilità e sulla bellezza. Per Iarocci Mavica, “La cosa più importante che questo progetto ha fatto, è stato dare prova di come accostarsi al passato, di come rapportarsi al patrimonio culturale di una nazione e di una città. […] Per la prima volta non si è partiti dal presupposto di dover distruggere e ricostruire, aprendo un dibattito non sull’architettura della forma, del disegno, ma sull’architettura delle relazioni con la cultura del luogo e del passato. […] Certamente ci sono i seimila metri quadrati di pannelli solari, la raccolta delle acque piovane, ci sono tutti gli accorgimenti tecnologici del caso, ma la cosa più importante è che abbiamo conservato la storia: questo è il contributo dal punto di vista ecologico più importante”. Ed ancora: “L’heritage è il contenuto di una struttura che guarda al futuro e che promuove la cultura artistica contemporanea russa in una dimensione internazionale. […] Guardare al futuro è importante perché, avendo compiuto questa operazione ciclopica di restauro del complesso e di ripristino della bellezza iniziale rivitalizzata dalle nuove tecnologie, […] si è arrivati ad un manifesto della bellezza […] che ha già un impatto positivo sulle giovani generazioni: questa bellezza presente li abituerà alla bellezza futura”.
L’ideale collegamento con Venezia e la Biennale
Ci troviamo di fronte a un progetto di architettura e a un processo culturale che già guarda al prossimo appuntamento della Biennale di Venezia – alle Zattere si trova l’altra sede di V-A-C Foundation, aperta nel 2017 – come a un naturale proseguimento delle mostre inaugurate a Mosca che, partendo da una riflessione sulla nascita dell’arte contemporanea russa di respiro internazionale negli anni novanta, mira a un dialogo con la cultura storica e attuale che la città lagunare esprime.
In questo momento di oggettive difficoltà negli scenari geopolitici fra Federazione russa e Occidente, il canale culturale sembra costituire la migliore speranza per un dialogo che continui a permettere lo scambio e la conoscenza reciproca, base naturale della convivenza. Non ci rimane che sperare che la cultura, per il tramite dell’arte e dell’architettura, arrivi dove la politica sembra fallire.
Le mostre iniziali
Il programma di GES-2 si articola in una serie di stagioni dedicate alla trasformazione della cultura russa negli ultimi tre decenni.
La prima stagione, “Santa Barbara. How Not to Be Colonised?”, ruota intorno a tre assi: un’opera commissionata a Ragnar Kjartansson e intitolata Santa Barbara, nella quale l’artista ricrea ogni giorno, per tre mesi, un episodio dell’omonima soap opera televisiva (che esordì in Russia negli anni novanta portando l’immagine dell’Occidente) insieme a un cast e una troupe locali.
“To Moscow! To Moscow! To Moscow”, una mostra collettiva di ampio respiro che, curata da Kjartansson insieme a Ingibjörg Sigurjónsdóttir, prevede una selezione di opere dello stesso Kjartansson accompagnate dai lavori di artisti che ammira e che hanno influenzato la sua produzione. La mostra comprende opere che spaziano dai primi anni del XX secolo a nuove commissioni realizzate appositamente per Mosca.
“When Gondola Engines Were Taken to Bits – A Carnival in Four Acts”, poliedrico progetto composto da una mostra, un rave, una serie di spettacoli di stand-up e una processione danzante, tutti ispirati all’odierna cultura del carnevale russo.
Immagine di copertina: © Michel Denancé
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arte contemporanea , indus , magazzini industriali , Mosca , renzo piano , restauro
Last modified: 9 Febbraio 2022