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Lucio BoveWritten by: Patrimonio

Basilica Ulpia a Roma: l’anastilosi come mezzo culturale

Basilica Ulpia a Roma: l’anastilosi come mezzo culturale

L’inizio dei lavori al Foro Traiano, che porteranno integrazioni, ricomposizioni e rinforzi, arricchiranno la vista dei Fori

 

ROMA. Nel luglio 2020 un gruppo guidato da SAC (Società Appalti Costruzioni spa) si è aggiudicato l’appalto per il restauro e la ricomposizione per anastilosi di nove colonne e di tre capitelli della basilica Ulpia del Foro Traiano. Il bando, a fine 2018, aveva posto a base di gara poco più di 1,5 milioni. La cifra prevede la traslazione dei fusti e dei capitelli di colonna, l’integrazione con una trabeazione per connettere due ordini architettonici sovrapposti e la riproposizione di parte della scalinata di accesso alla basilica e della pavimentazione interna. L’allestimento del cantiere, iniziato a novembre, è la fase successiva al restauro di quattro colonne grigie in granito egizio, rialzate negli anni trenta del secolo scorso.

 

Un iter di sei anni avviato da una donazione uzbeca

I finanziamenti elargiti nel 2015 provengono da una donazione del magnate uzbeco Alisher Usmanov: l’accordo siglato tra il Campidoglio, guidato all’epoca dal sindaco Ignazio Marino, e Usmanov ha già permesso d’intervenire, nel 2015-17, in restauri conservativi della sala degli Orazi e Curiazi dei Musei Capitolini e sulla fontana di Monte Cavallo in piazza del Quirinale. L’erogazione liberale di denaro e/o la cessione gratuita di beni culturali a favore di Roma Capitale è prevista da una delibera della Giunta Capitolina del 2012, ordinamento che ha permesso altri interventi sul patrimonio cittadino.

Il progetto di anastilosi e integrazione

Distinguibilità, reversibilità, minimo intervento, stratificazione storicizzata e notevole valenza archeologica sono alcune delle parole chiave che hanno guidato gli attori in causa nella redazione del progetto esecutivo. Per la complessità dell’intervento è stata istituita una commissione scientifica composta da Claudio Parisi Presicce, Roberto Menghini e Lucrezia Ungaro, e una commissione dei saggi costituita dai professori Giovanni Carbonara, Giorgio Croci ed Eugenio La Rocca. Le operazioni conoscitive preliminari, a partire dalle fondazioni, e le simulazioni di calcolo evidenziate nella relazione geotecnica, hanno permesso di appurare che l’incremento di carico in quella porzione dell’antica Basilica non influirà sul comportamento geotecnico dell’insieme terreno-fondazione.

Al di sopra delle quattro colonne in granito della navata centrale, già rialzate e integrate con laterizi rossi nel 1932, troveranno luogo tre fusti di colonna frammentati in cipollino con i rispettivi capitelli. Tre frammenti di fusti di granito, attualmente adagiati sul piano di calpestio del Foro, andranno a delimitare la seconda navata della basilica. Conclude il progetto la ricomposizione di una porzione della pavimentazione basilicale posta in adiacenza dei colonnati riproposti, l’integrazione di frammenti dei gradini in marmo giallo antico della scalinata e l’anastilosi di due frammenti di colonna rudentata in pavonazzetto, riferibili agli antichi avancorpi di accesso all’ambiente basilicale.

La predilezione d’intervenire nell’estremità orientale del recinto di Pio VII del Foro, a differenza di un’iniziale ipotesi per il versante occidentale, è frutto di una sensibile analisi ambientale del contesto di via dei Fori Imperiali: chi percorrerà la passeggiata dal Colosseo verso piazza Venezia avrà una minima interferenza visiva con la settecentesca chiesa del SS. Nome di Maria rispetto alla collocazione del progetto preliminare. Queste meditate analisi effettuate anche in corso d’opera, cercando d’inquadrare un intervento nella sua complessità storico-urbanistica e ambientale, concorrono alla valorizzazione archeologica e architettonica del sito.

La scelta di utilizzare laterizi per ricomporre i frammenti dei fusti di colonna mira a una connessione con gli interventi di quasi un secolo fa eseguiti sia sulla basilica che su siti limitrofi – si pensi alle colonne del fronte del tempio di Marte Ultore del foro di Augusto e alle colonne del peristilio del tempio di Venere Genitrice del foro di Cesare (innalzate e integrate tra il 1930 e il 1933) – ridando una configurazione spaziale tridimensionale al foro di Traiano.

I capitelli del primo ordine saranno realizzati in marmo lunense, stilizzati con forme semplificate rispetto agli originali, eccezione fatta per un capitello, ponendo in opera il calco di un capitello presente sul lato ovest della Basilica. La soprastante trabeazione incorporerà tre calchi in marmo massello di frammenti originali dell’architrave, del fregio con Vittorie tauroctone e della cornice, conservati nei magazzini della basilica e nella Gliptoteca di Monaco. Questi frammenti sono lo spunto per riproporre, sempre in forme semplificate, il resto della trabeazione: elementi in malta reoplastica antiritiro, armata, a imitazione del marmo lunense ricoprono le travi in cemento alleggerito, incapsulando la struttura portante in una facies in malta. L’armatura connette la trabeazione ai capitelli di nuova realizzazione, costituendo un elemento antisismico. Tiranti in acciaio inox ancoreranno la base delle colonne del secondo ordine al piano di calpestio dell’antico foro, correndo parallele alle colonne del primo ordine. All’interno dei fusti delle colonne in cipollino saranno alloggiate due catene in acciaio per colonna, passanti in fori inghisati con malta idraulica naturale.

 

Valorizzazione culturale o spettacolarizzazione?

L’intervento, nella sua complessità, mira a spettacolarizzare un ambito archeologico storicizzato, anche se frutto di continui rimaneggiamenti, oppure concorre ad accrescere la valenza culturale dell’area dei Fori imperiali, ambiente chiave per la città di Roma?

La scelta del cemento armato, per quanto dettata da necessità di carattere antisismico e normativo, suscita qualche dubbio su come le future generazioni potranno operare su questo restauro. La relazione che illustra i dettagli tecnici e le minuziose scelte progettuali poste a bando di gara – firmata dall’ingegnere Alessandro Bozzetti – sottolinea comunque la reversibilità dell’intervento, operando il meno possibile sulla materia antica e senza porre a diretto contatto materiali moderni che, reagendo, potrebbero arrecare danni permanenti ai frammenti romani. Come ricordato da Carbonara, è importante “che il materiale [contemporaneo] debba avere un comportamento analogo, o anche prestazioni leggermente inferiori, rispetto a quelle del materiale antico, in modo che, in caso di attacco, si danneggi prima il nuovo e poi l’antico”.

Quando il restauro architettonico è un sapiente equilibrio tra la conservazione del bene e la sua valorizzazione, ponendo come soggetto e oggetto d’intervento l’opera stessa e non la mano di chi v’interviene, i risultati conducono concretamente a un arricchimento culturale in toto. Gli studiosi e i visitatori, affacciandosi sul Foro, godranno di un “nuovo” scorcio capitolino dal sapore millenario.

 

Immagine di copertina: Foro di Traiano post operam (© Comune Roma)

 

Autore

  • Lucio Bove

    Architetto specialista in Beni Architettonici e del Paesaggio, si è formato tra l’Università degli Studi di Ferrara e La Sapienza di Roma. I suoi interessi sono orientati verso la storia dell’architettura e le questioni teoriche del restauro, anche come autore di articoli divulgativi del settore

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Last modified: 10 Gennaio 2022