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Silvia CipellettiWritten by: Interni

La nuova ospitalità: oltre la pandemia, l’osmosi con la città

La nuova ospitalità: oltre la pandemia, l’osmosi con la città

Gli hotel e il ripensamento di spazi e servizi, per accrescere comfort e intimità, ma non solo. Due casi studio a Milano

 

Nel mondo dell’ospitalità, l’architettura post pandemia guarda al benessere, al verde e alla flessibilità, così com’è accaduto per l’abitare e il lavoro. Il settore duramente colpito dalle chiusure forzate vede, nonostante tutto, numerose aperture (e restyling) sia in Italia che all’estero tra il 2021 e il 2022. A Roma, Venezia, Milano, dove si concentrano i maggiori investimenti del settore, il comparto ricettivo, prima del blocco delle attività, già si trovava ad inseguire un mercato che, malgrado le immense risorse del nostro paese, era in difficoltà rispetto al panorama internazionale che, negli ultimi anni, ha saputo innovare di più. Molti sono i grandi brand dell’ospitalità e del lusso che stanno investendo in hotel aperti non solo ai propri clienti ma alle città, e soprattutto flessibili nei loro spazi che recuperano anche grandi architetture valorizzandole.

Bulgari aprirà prossimamente a Roma all’interno del restaurato palazzo anni trenta ex sede Inps, di fronte all’Ara Pacis, con il progetto dello studio Antonio Citterio e Patricia Viel. Mentre a Milano, all’interno dell’iconica Torre Galfa, disegnata da Melchiorre Bega nel 1959, il grande gruppo spagnolo Meliá Hotels International ha aperto il nuovo albergo INNSiDE (Studio bg&k associati), con un progetto votato al risparmio energetico e alla tecnologia geotermica e destinato non solo a chi viaggia per lavoro, ma anche a chi in città ha bisogno di basi lavorative.

Oltre oceano, nel vecchio ospedale Matarazzo Maternity a San Paolo, il gruppo Rosewood ha chiamato Ateliers Jean Nouvel per la realizzazione di una torre verde, un giardino verticale, che funzionerà come un complesso culturale e turistico a uso misto i cui interni saranno firmati da Philippe Starck. The XI a New York è invece il nuovo hotel firmato Bjarke Ingels Group, che dispone di tutti i comfort desiderabili (dai corsi di cucina, alla piscina, alla spa di 1.670 mq) e aspira a diventare parte integrante della vita culturale della Grande mela, aprendo le sue porte non solo ai turisti. Infine, il gruppo NoMad s’insedia a Londra con un hotel in un’ex stazione di polizia del XIX secolo a Covent Garden, affidandosi agli architetti Roman and Williams per il progetto che prevede anche una splendida biblioteca.

 

Tra riflessioni, ricerche e buone pratiche

Le strutture ricettive e gli enti per la valorizzazione del turismo, così come i grandi progettisti specializzati, in questo settore promuovono un’evoluzione dei servizi per una transizione strutturale e culturale degli spazi. Come per tanti aspetti del quotidiano, la crisi sanitaria può essere un’occasione per un miglioramento nel lungo termine, verso nuovi formati di turismo improntati ad una sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Come testimoniato in occasione del convegno digitale “2021 Progettare la nuova ospitalità”, organizzato per l’edizione 2020 del progetto Elle Décor Grand Hotel, i principali attori sul fronte del turismo nazionale condividono un certo ottimismo per la metamorfosi del settore. I partecipanti, tra cui il presidente dell’Agenzia nazionale del turismo Giorgio Palmucci, o come Magda Antonioli, direttrice ACME Università Bocconi, accanto a progettisti e designer come Patricia Viel, Piero Lissoni e Patricia Urquiola, concordano nell’identificare il paradigma: un turismo lento e diffuso, integrato nel contesto locale e radicato in un nuovo sistema di valori. Sarà necessario progettare una maggior diversificazione dell’offerta, che permetta una pluralità di funzioni e una permeabilità della soglia tra lavoro e turismo. Un’opportunità, per le strutture alberghiere, di poter offrire al viaggiatore lavoratore uno spazio di homeworking migliore rispetto a quello della sua abitazione. Lo standard della camera d’albergo si evolverà verso una maggior flessibilità e disponibilità di spazi in risposta alle esigenze di lavoro, esercizio fisico e incontri in remoto. Il nuovo interior dell’ospitalità si svilupperà su criteri di decentralizzazione e caratterizzazione, allontanandosi da un’estetica di neutralità verso un’esaltazione della qualità dei rituali nella dimensione dell’ospitalità. La ricerca non si concentrerà più nel comfort dell’evasione ma nella sorpresa e nel ritrovamento di una domesticità differente. Questa visione si esprimerà in un’intimità aumentata, un’attenzione ai dettagli e alla qualità di materiali e superfici per la garanzia di benessere e igiene. Sarà fondamentale un ridisegno e ripensamento degli spazi filtro, in modo da abitare e valorizzare il potenziale delle aree intermedie e di passaggio attraverso gli arredi. Gli esterni non svolgeranno più una funzione accessoria ma essenziale per il contatto con l’ambiente circostante.

Su tali principi si fonda la concezione di hospitecture elaborata da Matteo Thun, il quale, con i suoi ultimi progetti, in particolare quello per la clinica ortopedica Waldkliniken Eisenberg, studia il tema della dimensione terapeutica dell’architettura e del design a servizio del benessere olistico dell’ospite-paziente. L’emergenza sanitaria evidenzia la correlazione delle problematiche di salute globale e sostenibilità ambientale, secondo una strategia che affronti le diverse scale, inserendo le strutture ricettive nella dimensione del paesaggio.

In merito all’interconnessione tra ospitalità, turismo e tutela del territorio, va menzionata l’iniziativa Valore Paese Italia, promossa dall’Agenzia del Demanio. Il progetto inserisce il tema dell’ospitalità in un più ampio quadro di valorizzazione territoriale, privilegiando la mobilità dolce e il turismo ferroviario, così come la riqualificazione di complessi storici dismessi, nell’intento di stabilire un forte legame tra patrimonio immobiliare, culturale e paesaggistico. Una visione che intende attribuire alle rinnovate strutture ricettive un ruolo attivo all’interno della comunità locale e di quartiere, rendendole poli attrattivi tanto per turisti stranieri quanto per viaggiatori autoctoni.

 

Milano/1: il restyling del Four Seasons

Un emblematico caso studio di una struttura che si rimette in gioco oggi nel costruire e radicare una profonda relazione con la sua realtà locale è l’Hotel Four Seasons Milano. Nel gennaio 2021, l’albergo ha chiuso temporaneamente ai turisti, approfittando di una stagione difficile per intraprendere una completa ristrutturazione formale e concettuale. Nato dal riuso di un convento del XV secolo, il Four Seasons Hotel Milano era già un felice esempio di struttura alberghiera fortemente legata all’identità storica della città. Inaugurato nel 1993 e situato nel cuore del distretto della moda, è stato il primo albergo della catena costruito in Europa continentale, divenuto presto un riferimento per clienti fedelissimi agli alti standard di qualità e autenticità. I servizi della catena Four Seasons, rinomata nell’ambito dell’hotellerie per l’attenta e costante ricerca mirata all’innovazione, si combinano con la dimensione di quiete e di ristoro che si respira nei portici e nelle aree verdi del chiostro dell’ex convento. Il nuovo progetto vedrà il coinvolgimento dell’architetta e designer Patricia Urquiola, già chiamata nel 2011 per l’ampliamento dell’area benessere. Intervento, quest’ultimo, disegnato sul principio dell’integrazione di una spa contemporanea con la materialità storica dell’edificio esistente, mostrando un approccio quasi filologico alla ricerca di stratificazioni divenute scenografie per gli spazi del benessere. Il nuovo progetto prevede un rinnovamento integrale degli interni, dal bar e ristorante alle camere e suite, fino alle stanze ricettive e le sale conferenze. Si ragiona nuovamente in termini di varietà e di declinazione dei paradigmi dell’ospitalità.

In occasione del citato seminario Elle Décor, Urquiola ha condiviso una riflessione sui diversi formati che oggi può assumere la stanza d’albergo, dalla camera singola come piccolo studio polifunzionale – “siamo tutti un po’ San Girolamo” – agli spazi di condivisione nel “ring” della stanza doppia, fino alle nicchie d’intimità necessarie in una grande suite. Parallelamente al rinnovo degli spazi, il progetto intende sviluppare una nuova identità delle aree e delle rispettive funzioni. I primi passi prevedono il disegno di una nuova lobby e area lounge per reinterpretare la tradizione dell’accesso alla struttura in chiave contemporanea. È importante oggi lavorare con la dilatazione dell’esperienza virtuale della pianificazione e visualizzazione dell’esperienza precedente il vero e proprio viaggio, e Urquiola ribadisce l’essenzialità di costruire una continuità tra questa prima fase in remoto e il primo impatto reale dell’ospite con l’edificio. La ricerca architettonica di Urquiola si confronta con la materialità e i sistemi costruttivi caratteristici della città e dei suoi quartieri più centrali, motivi già elaborati per il suo progetto dell’Hotel Room Mate Giulia situato tra il Duomo e la Galleria Vittorio Emanuele. L’uso dei materiali locali “archetipici”, il gioco tra i colori e l’immaginario eclettico potranno offrire un nuovo tributo all’identità culturale di Milano.

 

Milano/2: il gruppo Ferragamo nell’ex seminario

All’interno del filone d’integrazione dell’ospitalità nel tessuto urbano s’inserisce un altro progetto di grande interesse per il contesto milanese: il Portrait Milano della Lungarno Collection, la cui apertura è prevista nel 2022. La compagnia fiorentina di proprietà della famiglia Ferragamo, che conta attualmente quattro alberghi a Firenze e uno a Roma, apre la sua sesta sede nell’epicentro del capoluogo lombardo. Si tratta nuovamente di un riuso che coinvolge l’ex seminario arcivescovile risalente al 1564, il più antico d’Europa: un eccezionale monumento di storia ancora poco noto ai milanesi. L’età della struttura si legge dalla sua planimetria, che presenta un orientamento indipendente e svincolato dalla matrice urbana circostante. Attraverso il portale barocco di Francesco Maria Richini si accede ad un’ampia corte circondata da un doppio loggiato. Il ridisegno della struttura, a firma di aMDL Studio, non si limita al riuso dell’edificio ma ambisce ad un intervento di carattere urbano, invitando al suo interno tutti gli ospiti della città e andando a modificare i flussi pedonali con l’apertura di un asse tra via Sant’Andrea e corso Venezia. In aggiunta ai servizi alberghieri, il complesso offrirà anche una galleria commerciale e aree per eventi, benessere e ristorazione aperte al pubblico. Michele De Lucchi racconta il progetto in termini di confronto con la storia dell’edificio e con la perfezione delle sue proporzioni rinascimentali. L’architetto descrive la sua missione come l’arte di ricucire il fil rouge interrotto da stravolgimenti e stratificazioni, per costruire “un’omogeneità estetica e autenticità diacronica”. La prospettiva di mutua valorizzazione e complementarità tra il settore alberghiero e il territorio nazionale è auspicabile per il futuro sostenibile del paese e dell’Italian Way of Living.

Autore

  • Silvia Cipelletti

    Nata a Londra, si è laureata presso l’Accademia di Architettura di Mendrisio, dove lavora come assistente per corsi teorici e workshop che indagano la relazione tra film e architettura. La sua attività di ricerca privilegia lo studio del paesaggio transfrontaliero e la documentazione dell’architettura e del territorio attraverso i media audiovisivi. Ha collaborato con studi internazionali come Max Dudler Architekten AG e con registi quali Ila Bêka e Heinz Emigholz in qualità di assistente. Lavora a Milano come architetto in ambito di progettazione e allestimenti

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Last modified: 30 Giugno 2021