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Written by: Patrimonio

Il Premio Carlo Scarpa per il Giardino a Palermo

Il Premio Carlo Scarpa per il Giardino a Palermo

Il 6 e 7 novembre, nel sito di Maredolce-La Favara, vincitore dell’edizione 2015, viene presentato il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il giardino (vedi il programma). Riproponiamo l’articolo pubblicato a maggio, in occasione del conferimento del Premio

PALERMO. A Maredolce-La Favara, il più antico dei parchi normanni della città, realizzato in una depressione del terreno riempita con le acque della sorgente Fawarra, che sgorga dal vicino Monte Grifone (che fino allora si allargavano in una palude), tanto grande da paragonarla al vicino mare, il comitato scientifico della Fondazione Benetton Studi Ricerche ha assegnato all’’unanimità il Premio Carlo Scarpa per il giardino 2015. Si tratta della ventiseiesima edizione del Premio, che intende contribuire a elevare e diffondere la cultura di “governo del paesaggio” e di “cura dei luoghi”, e si propone come occasione e strumento per far conoscere, al di là dei confini delle ristrette comunità di specialisti, il lavoro intellettuale e manuale necessario per governare le modificazioni dei luoghi, per salvaguardare e valorizzare i patrimoni autentici di natura e di memoria.
Realizzato da Ruggero II tra il 1130 e il 1150 probabilmente ampliando una residenza dell’’emiro Giafar, il complesso consiste di un palazzo che si specchia, duplicando la sua imponenza, sul lago al cui centro sorge un’’isola nella quale sono stati piantati palme e aranci che paiono emergere dall’acqua e scherzare con pesci e uccelli, secondo l’insegnamento del celebre agronomo andaluso Ibn al Awwam. Negli anni seguenti altri analoghi complessi, o sollazzi, sono stati realizzati, praticamente senza soluzione di continuità, nella profonda fascia di terra attorno alla città di Palermo, protetta alle spalle dai monti (dal Grifone a est al Pellegrino a ovest) e aperta a nord verso il mare, cantata nei secoli da poeti e viaggiatori, che l’’hanno definita nel Cinquecento “Conca d’’oro”. E doveva in effetti ben meritare questo nome, in quanto, grazie all’azione combinata del clima mite, dell’’esposizione favorevole, dell’’abbondanza d’’acqua che l’’eccezionale perizia nella tecnica idraulica degli arabi ha saputo sapientemente utilizzare (facendo tesoro di quanto in precedenza i romani avevano fatto in questo campo), e dell’’introduzione di nuove pregiate essenze (soprattutto agrumi e palme), si trattava di un vero e proprio paradiso.
Ben poco rimane oggi di questa favolosa sequenza di parchi, destinati al sollazzo del sovrano che vi trascorreva il tempo libero tra la caccia e altri intrattenimenti, oltre che alla produzione agricola e ittica, e a riserva d’acqua, dopo la scellerata speculazione edilizia avviata a metà degli anni sessanta, che Giuseppe Barbera, membro del comitato scientifico, ha ben rievocato nel suo volume, Conca d’oro (Sellerio, 2012). Rimane qualche complesso architettonico, indubbiamente eccezionale, quali la Zisa e la Cuba, restaurate da poco, la cui percezione è però profondamente compromessa dalla scomparsa del parco e delle ampie distese d’’acqua in cui edifici e vegetazione si rispecchiavano.
Particolarmente interessante quindi il caso di Maredolce-La Favara, residuo ultimo di quella che era la Conca d’’oro, antico sollazzo arabo normanno oggi avvolto da una disordinata e incombente cortina di cemento ma pur sempre intatto, e negli ultimi anni oggetto di un accurato restauro che ha interessato le architetture e il circostante parco, tornato alla sua consistenza ottocentesca dopo un lungo abbandono. Il restauro, accompagnato da una ricerca storica ad ampio raggio, è stato realizzato dal gruppo di lavoro della Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Palermo, sotto la guida di Maria Elena Volpes, che ha saputo coinvolgere gli abitanti dei quartieri Ciaculli e Brancaccio in cui Maredolce-La Favara è situata, segnati da terribili storie di mafia e malavita, solo in parte riscattate dall’’eroico sacrificio di don Pino Puglisi, che oggi si identificano con orgoglio nel rinato complesso. Alla coordinatrice del gruppo di lavoro, Lina Bellanca, verrà consegnato il “sigillo” disegnato da Carlo Scarpa (1906-1978), l’’inventore di giardini che dà il nome al Premio, come espressione di un sentimento di vicinanza e sostegno a tutte quelle figure che, in campi diversi, testimoniano con il proprio lavoro, in un contesto urbano e sociale non facile, l’’importanza di un bene collettivo del quale appare necessario continuare a prendersi cura, difendendone la ricchezza di significati e diversità che esso continua a trasmettere.
La cerimonia di consegna del Premio Carlo Scarpa 2015 in programma a Treviso, nel teatro comunale Mario del Monaco, sabato 9 maggio (ore 17-19), è preceduta lo stesso giorno dal seminario pubblico, presso la sede della Fondazione Benetton Studi Ricerche (spazi Bomben, via Cornarotta, Treviso, ore 9,30-13,30). Negli spazi espositivi di Palazzo Bomben è allestita la mostra documentaria sul luogo prescelto, aperta fino a domenica 5 luglio. Come consuetudine, per l’occasione verrà pubblicato un dossier sul luogo designato, curato da Luigi Latini e Patrizia Boschiero.
Per maggiori informazioni: www.fbsr.it

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Last modified: 29 Ottobre 2015