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Written by: Città e Territorio

Nel cuore d’Abruzzo, si respira il Medioevo nel Bosco di Sant’Antonio

Il Premio internazionale Carlo Scarpa per il giardino 2012 è stato assegnato al Bosco di Sant’Antonio, nelle montagne d’Abruzzo, nei dintorni di Pescocostanzo (L’Aquila). Luogo sacro fin dall’età romana o preromana, il bosco prende nome dalla presenza di un’antica chiesetta dedicata fino al Cinquecento a Sant’Antonio abate, protettore degli animali, e quindi ad Antonio da Padova. Si estende per circa due chilometri, su un’area di oltre 500 ettari, sul fondo di una valle scavata dal ghiacciaio nei carsici contrafforti sud-occidentali della Maiella, a un’altezza che oscilla tra 1290 e 1420 metri sul mare. Si tratta di uno dei meglio conservati e più significativi esempi di pascolo alberato o bosco difesa (cioè definito, chiuso, protetto): un’antica istituzione, diffusa dal tardo Medioevo nei luoghi della pastorizia, soprattutto Abruzzo, Molise e Puglia, destinata al riparo e al pascolo di equini e bovini, mentre agli ovini era interdetto l’accesso.
L’utilizzazione ne ha determinato, con il governo, regolato da appositi statuti, la conformazione, articolata in un’alternanza di aree sempre ombreggiate, a bosco, seppur diradato, per permettere la circolazione di uomini e animali («primo colle», «secondo colle» e «difesa»), e di altre a prato, per il pascolo, che lo ha fatto paragonare a un arcipelago e gli ha conferito una particolare valenza paesaggistica, per i vasti panorami sulle circostanti montagne che le aree aperte offrono. La frequentazione di mandrie di cavalli e buoi è inoltre alla base del peculiare trattamento riservato agli alberi (per lo più faggi, ma anche cerri, aceri campestri, ciliegi, peri e agrifogli), che ha conferito loro la caratteristica forma a candelabro, particolarmente impressionante data la mole di migliaia di esemplari plurisecolari. Era infatti proibito legnare tagliando al piede, ma si poteva potare il fusto a circa 2 m dal suolo, «a capitozza», ricavando legna da ardere e stimolando la formazione di polloni, adatti alla produzione di foglia per l’alimentazione del bestiame, e protetti dal morso degli animali pascolanti. A difesa del bosco, minacciato di distruzione nel 1952 (3.000 antichi esemplari arborei erano stati messi all’asta per essere abbattuti), si sono schierati svariati intellettuali, da Gaetano Salvemini che ne «Il Mondo» ha aperto la campagna per la sua salvaguardia, al presidente Luigi Einaudi, fino a Elena Croce, che nel 1983 lo ha efficacemente definito «santuario della natura e della civiltà pastorale». Dal gennaio 1953 il Bosco di Sant’Antonio è sottoposto a vincolo paesaggistico, dal 1985 è Riserva regionale, e dal 1991 fa parte del Parco nazionale della Maiella.
La cerimonia ufficiale di consegna del Premio avrà luogo il 12 maggio presso il Teatro comunale di Treviso, preceduta in mattinata da un seminario presso la sede della Fondazione Benetton studi ricerche che promuove il Premio.

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Last modified: 9 Luglio 2015