Roma. È stato presentato il 16 dicembre il secondo rapporto prodotto dallOsservatorio annuale sul mercato della progettazione architettonica realizzato dal Cresme in collaborazione con il Cnappc. Partito in forma sperimentale con lintenzione di proseguire allargando lanalisi ad altre province, comunicava proprio un anno fa i primi risultati dei suoi studi, basati sulle risposte di un campione discritti agli Ordini provinciali di Como, Treviso, Milano e Bari (cfr. lintervento del direttore del Cresme Lorenzo Bellicini su «Il Giornale dellArchitettura», n. 91, p. 20). Come anticipato già un anno fa, questa seconda rilevazione ha allargato il suo campione di elaborazione, estendendolo fino a comprendere anche gli Ordini di Bergamo, Bologna, Gorizia, La Spezia, Napoli, Nuoro e Ogliastra, Pescara, Reggio Calabria, Salerno, Trapani, Viterbo. Immutati gli obiettivi di partenza: seguire le dinamiche del mercato della progettazione del nostro paese e levoluzione delle problematiche che riguardano la professione.
Il contesto
Alcuni macrodati, molti purtroppo già noti. Gli architetti iscritti nel 2010 (a oggi è stata superata quota 145.000) agli Ordini erano 144.824 (Sezione A: 142.939, Sezione B: 1.885). LItalia, con 2,4 architetti ogni 1.000 abitanti, ne ha il doppio della Germania (1,23) e cinque volte in più rispetto alla Francia (0,47). Gli architetti sono la quinta categoria professionale italiana, dietro medici, infermieri, ingegneri e avvocati; seguono i geometri, con un albo giovane (54% degli iscritti con meno di 44 anni), sempre più numeroso (+27% tra 1998 e 2009) e competitivo (per lintroduzione del geometra laureato, incentivata dai Collegi). Mentre si registra una flessione degli iscritti ai corsi di laurea (ma ad esempio per Architettura sono legati a un numero chiuso nazionale che si sta abbassando, cfr. Stefano F. Musso su «Il Giornale dellArchitettura» n. 99, p. 22), a parità di selettività dellesame di stato (sempre compresa, dal 1999 al 2009, tra il 46% e il 56,8%), sta diminuendo il numero di candidati e di abilitati, con un inserimento occupazionale secondo i dati AlmaLaurea sempre più difficile e discriminatorio tra maschi e femmine. La professione si conferma sempre più giovane: gli under 40 sono il 40%. Vivono però grandi difficoltà per i guadagni sempre più scarsi e la mancanza di prospettive, in un mercato piccolo e competitivo che, invece dinvestire su di loro, scarica loro addosso il rischio della disoccupazione (aumento dei contratti atipici e del fenomeno delle finte partite Iva), le retribuzioni più basse (con importanti conseguenze sul futuro della previdenza di tutta la categoria) e, per molti, una vera e propria impossibilità di accesso al welfare portata dallinstabilità contrattuale.
Rispetto alle precedenti indagini, un interessante approfondimento riguarda la condizione delle donne. Fetta sempre più grande della professione (40%), guadagnano sensibilmente meno (il 75% in meno rispetto ai colleghi) e sono scarsamente rappresentate allinterno dei Consigli provinciali e del Cnappc. «È più difficile per una donna crearsi un nome sul mercato, anche per via di radicate diffidenze che, specialmente in alcuni territori, ostacolano linserimento professionale, con la clientela (compresi gli altri architetti) che spesso nutre perplessità sullaffidabilità della donna professionista in termini di disponibilità di tempo e di energie».
Le donne non si sentono realizzate in una professione in cui lo stereotipo del soddisfatto è «maschio, con più di quarantanni e con figli», meno costretto a interrompere lattività per periodi medio lunghi (ad esempio per la nascita dei figli, evento che più dell80% delle donne considera in modo negativo rispetto alla carriera) e meno impegnato nella cura della prole, che porta invece il 45% delle donne a diminuire le ore lavorative. La componente maschile non riconosce il problema di pari opportunità: il 44% sostiene che le donne non siano sfavorite e, contro tutte le evidenze, il 61% non è daccordo con laffermazione che le colleghe incontrino difficoltà legate ai redditi inferiori.
Il campione
Conclusa nel settembre 2011, lindagine ha analizzato le risposte di 1.860 iscritti (Sezione A: 1.761 architetti, 32 pianificatori, 16 conservatori e 5 paesaggisti; sezione B: 68), con unetà media di 43 anni e una percentuale femminile del 41%, con maggiore partecipazione al Nord rispetto al Centro e al Sud. Per il 90,8% questa è la peggiore crisi che abbia mai vissuto, la grande maggioranza è consapevole di vivere un momento di forte trasformazione dei caratteri del lavoro che svolge (85,6%) e del mercato (83,6%).
Lattività prevalente è la libera professione (76%), particolarmente esercitata al Nord, in prevalenza nei settori tradizionali (progettazione, urbanistica e costruzioni). Il 3,5% è impegnato nel settore ambientale e l8% in quello dellenergia, che però nella maggior parte dei casi non rimanda a imprese di costruzioni particolarmente impegnate nel campo della sostenibilità. L11% lavora in settori più «nuovi»: grafica, arredamento, design, insegnamento nel privato, amministrazione di condomini, giornalismo o agenzie immobiliari. La disoccupazione (5-6%), è inferiore a quella nazionale (5,7%), ma presenta grandi differenze tra Nord (3,2%) e Sud (9,8%).
La professione si svolge in forma singola per il 64,1%, solo il 9,3% è associato, mentre chi si definisce collaboratore, di studi o istituzioni, è il 24,2%. Tra i dipendenti, la maggioranza lavora nel privato sia al Nord che al Sud (dove le percentuali sono maggiori ed è più diffuso lesercizio parallelo della libera professione, nel 12-13% dei casi).
Al momento in cui dovrebbero esordire le società di professionisti (vedi pagina a fianco), le caratteristiche degli studi sono sconfortanti. Il 78,1% riguardano attività individuali che, mediamente, coinvolgono 5,3 persone: un socio, un addetto a tempo indeterminato (amministrativo) e circa due collaboratori con partita Iva (architetti under 40 che collaborano più o meno esclusivamente per un periodo medio di poco superiore ai 5 anni), cui si aggiungono praticanti, tirocinanti o stagisti. Occupano locali di 113 mq al Nord e 75 mq al Centro-Sud, dove è anche più ampia la porzione di abitazione dedicata allattività professionale. Guardando i redditi, anche il campione evidenzia un mercato che si va polarizzando, in cui cresce la percentuale di chi dichiara di avere perso quote anche consistenti di fatturato, ma non scende la quota di chi invece è cresciuto, adattandosi alle nuove richieste del mercato. Il reddito medio tra 2006 e 2011 si è ridotto del 25%: è passato da 29.000 a 22.000 euro in un mercato che ha subito una forte contrazione degli investimenti pubblici, una crisi nelle nuove costruzioni residenziali (con un invenduto che nel 2011 supererà il 43%) e produttive (solo le riqualificazioni hanno dato segnali, se non positivi, almeno stabili), un crollo nel settore del risparmio energetico (dal 2010 non è più obbligatoria la certificazione tecnica per laccesso agli incentivi per la sostituzione di caldaie e infissi) e ha poca fiducia negli effetti del Piano casa 2 (quello dei bonus di cubatura per ristrutturazioni). E la clientela si modifica insieme al mercato: crollano i promotori immobiliari, gli enti pubblici e le imprese di costruzioni mentre aumentano, uniche e seppur di poco, le famiglie, da cui arrivano le richieste dinterventi sul costruito. Fra le criticità, ai primi posti figurano le tariffe e i guadagni troppo bassi (4,39 su una scala di 5), che si portano dietro i debiti (con banche, società finanziarie e fornitori, contratti dal 45% del campione) e i tagli di spese per collaboratori e attrezzature, la troppa burocrazia (4,18) e leccessiva concorrenza, interna alla categoria e nei confronti dingegneri e geometri (3,93). Piccola nota positiva, la volontà di affrontare la crisi senza rinunciare a investire, anche poco: nel 2011 lo ha fatto il 61,3% in relazioni, know-how, tecnologia e attività promozionale.
Il futuro
Accanto allimplicita necessità di avviare discussioni, sempre più impellenti e purtroppo globali, sul miglioramento del lavoro femminile e della condizione dei giovani, sono gli stessi architetti a indicare, in risposta a precise domande, le richieste del mercato sul medio periodo (5 anni). Mentre calano la progettazione architettonica, comunque prevalente, e le opere pubbliche in un paese da cui un terzo del campione (32,9%) vuole allontanarsi, i settori strategici sono legati a risparmio energetico, energie rinnovabili, riqualificazione e tecnologia. I segmenti in crescita sono le attività specialistiche innovative: studi e progetti di fattibilità, project financing, facilty management, energy technology, certificazioni energetiche, sistemi informativi Gis e progettazione informatizzata. «Tutti gli architetti oggi devono darsi una strategia operativa e scegliere la strada da percorrere sulla base di una nuova segmentazione del mercato: il mercato tradizionale, che pur riducendosi continuerà ad esistere; il mercato low-cost, che deve soddisfare una fascia di domanda sempre più ampia; il mercato estero, dominato dallavvento delle economie emergenti; e il mercato dellinnovazione. Questo processo generale dinnovazione, assieme alle questioni della sostenibilità energetica e dellambiente, sarà la risposta alla crisi del vecchio modello di produzione edilizia. E in tutto questo qualità e sicurezza devono stare al centro».
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