La contrazione demografica del capoluogo emiliano è cominciata verso metà anni settanta, quando ancora in molti immaginavano una città capace di accrescere ulteriormente la propria popolazione e con essa le sue aree residenziali e produttive. Tuttavia, non solo ciò non si verificò, ma nellarco di poco tempo fu evidente lincedere di un processo inverso, rappresentato dal costante calo di abitanti, dai 493.933 del 1973 agli attuali 380.181 (-23,02%), che, dal mero punto di vista demografico, solamente nellultimo decennio si è arrestato. Le ragioni di un così marcato impoverimento sociale sono molteplici: crescenti difficoltà di spostamento (in particolare per chi dimora nel centro storico), inquinamento, nuovi insediamenti produttivi sempre più spesso collocati fuori dal perimetro comunale e maggiore benessere. In particolare, fu proprio questultimo fattore che, unito ai cambiamenti tecnologici, culturali e degli stili di vita tipici del post-moderno occidentale, ha portato molte famiglie ad abbandonare il capoluogo e insediarsi nei comuni della prima e seconda cintura metropolitana.
Lininterrotta emorragia di giovani nuclei famigliari, congiunta al drammatico calo delle nascite, ha causato un repentino invecchiamento della popolazione, che oggi risulta ai primi posti per presenza anziana, con la quota di over 64 pari al 25,93%. Tuttavia tale processo sta trovando, in maniera più accentuata rispetto alla media italiana, un valido meccanismo di compensazione nellinsediamento di nuovi abitanti stranieri (oggi il 12,74% dei residenti totali), che rivestono un ruolo essenziale nel rinnovamento delle fasce più giovani di cittadini. Basti pensare che il 19,03% degli under 15 hanno origine non italiana, e che tra gli aventi meno di 5 anni la quota sale al 22,83%.
Da vari punti di vista, di cui la spiccata inclinazione al multiculturalismo è un singolo, per quanto imprescindibile, aspetto, Bologna è progressivamente divenuta un simbolo della complessità sociale dellItalia nel terzo millennio. Una società che si dimostra tanto più variegata e diversa quanto più fragile e a tratti smarrita, ove la relazionalità e le possibilità di comunicazione crescono in corrispondenza di un misurabile aumento della labilità dei legami sociali sostanziali. Non è un caso, infatti, che se nel 1986 i bolognesi che vivano soli corrispondevano appena al 14,17% della popolazione complessiva, allinizio di questanno erano pari al 26,95%.
La città, assai più che nel passato, rappresenta oggi una naturale ma involontaria fucina del cambiamento sociale, ove gruppi anche molto diversi tra loro (per età, nazionalità, stili di vita, modalità di fruizione del territorio), ciascuno con bisogni, abitudini e desideri specifici, coesistono e si ritrovano senza tuttavia avere ancora elaborato modalità e terreni appropriati di confronto e comprensione reciproca. Dimensioni, queste ultime, imprescindibili per garantire uno sviluppo equilibrato e condiviso alla Bologna che verrà.
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