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Written by: Inchieste

Forte crescita di locazione e acquisti low cost

Le scelte abitative delle famiglie si sono legate dal dopoguerra a oggi in modo articolato rispetto alle politiche territoriali e fiscali, anche se, a giudicare dalla forma e dall’organizzazione che hanno assunto le nostre principali aree urbane, non sembra esserci una piena consapevolezza dei condizionamenti reciproci e della necessità di governarli.
In attesa di una fotografia affinata del fenomeno che perverrà con il Censimento 2011, recenti studi evidenziano come in Italia il 50% dello stock immobiliare riguarda le abitazioni (32 milioni di unità) secondo il modello del «condominio urbano» (l’85,5% delle famiglie che risiedono nelle aree metropolitane vive in appartamento).
L’importante offerta edilizia privata sviluppata di recente ha prodotto un eccesso di abitazioni rispetto al numero di nuclei familiari (24,7 milioni), in progressiva diminuzione nel numero dei componenti. Sotto il profilo del titolo di godimento, si conferma la consolidata propensione italiana per la proprietà (circa 80%) mentre il segmento dell’affitto è residuale (18,9%) se confrontato con la media Ue (30%). Le ragioni di questa struttura patrimoniale rigida possono essere ricondotte a diverse stagioni legislative che, pur con un certo schematismo, individuano tre momenti.
Gli anni del boom economico si contraddistinguono per un importante impegno pubblico finalizzato a garantire l’accesso al bene casa grazie a strumenti legislativi (L. 167/62, L. 865/71 e L. 10/77) e finanziamenti importanti che producono una massiccia offerta di edilizia sovvenzionata e agevolata.
Contestualmente si promuovono politiche rivolte alla locazione: l’equo mercato della locazione sociale (ex. L. 392/78) è così integrato e progressivamente sostituito da forme di agevolazione fiscale della proprietà e sostegno alla domanda mediante l’erogazione di sussidi all’affitto a favore degli utenti finali.
A questa stagione in cui si è concentrato lo sforzo pubblico è seguita quella del disimpegno: dal 1984 a oggi si è registrata la diminuzione del 95% dell’offerta di alloggi pubblici e di circa il 30% (dal 1999 al 2006) delle somme disposte dal Fondo nazionale per il sostegno alla locazione. Nello stesso periodo si sono sostituiti al pubblico i promotori privati, favoriti dalla congiuntura immobiliare ma con un’offerta che ha privilegiato beni immobili destinati al libero mercato secondo logiche di competitività e pertanto non sempre accessibili a tutte le fasce sociali. Nondimeno, mentre le «prime case» sono privilegiate da un sistema fiscale favorevole centrato sulla minimizzazione della tassazione diretta e indiretta, la «casa come bene d’investimento» è oggetto di un prelievo fiscale eccezionale soprattutto se rapportato alla media dei paesi europei.
Sono le più recenti evoluzioni socio-economiche e la congiuntura di mercato ad aver fatto registrare un incremento dei canoni di locazione (80% nelle aree metropolitane), evidenziando la centralità e l’urgenza di affrontare il tema delle politiche abitative.
Le politiche attuali tentano di coniugare le tradizionali formule di compressione dei costi della produzione edilizia con la costruzione di un sistema di offerta alternativo orientato e promosso dal mercato.
È in questo solco che si collocano le nuove forme attuative del cosiddetto «social housing» nonché l’introduzione di un sistema fiscale più favorevole alla proprietà (come la cedolare secca).
La cooperazione tra imprenditoria privata e pubblica amministrazione sembra profilarsi come la formula in grado di promuovere l’offerta di edilizia abitativa in locazione. In questa prospettiva, l’offerta di alloggi sociali può trovare degli interpreti nel coinvolgimento della sfera no profit (associazioni e fondazioni) e impegna le pubbliche amministrazioni a governare processi complessi secondo criteri di trasparenza ed efficacia.

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Last modified: 10 Luglio 2015