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Denis BocquetWritten by: Città e Territorio

A Stoccarda le ferrovie fanno arrabbiare

Stoccarda. Con le recenti elezioni nel Land di Baden-Württemberg, che hanno visto la coalizione tra verdi e socialdemocratici porre fine a decenni di dominio dei cristiano-democratici, la polemica sul progetto «Stuttgart 21» della Deutsche Bahn (cf. «Il Giornale dell’Architettura», n. 69, gennaio 2009) ha conosciuto nuovi sviluppi, che più che mai ne fanno un simbolo della lotta in Europa tra modernizzazione infrastrutturale e coscienza civica locale. Quando sono cominciati i dibattiti, negli anni novanta, la cosa poteva sembrare semplice: approfittare della razionalizzazione di una grande linea europea (Parigi-Budapest), che richiede la sostituzione delle stazioni di testata con dei passanti ferroviari, per favorire la rigenerazione urbana del centro cittadino.
Quando nel 2009 fu presentato il progetto dello studio Ingenhoven di Düsseldorf, esito di un concorso internazionale, suscitò ampie opposizioni per il fatto che prevedeva la distruzione parziale della stazione esistente d’inizio Novecento, eccellente opera di Paul Bonatz. Poi le proteste sono cresciute in maniera esponenziale: ai paladini della tutela del patrimonio si sono aggiunti diversi gruppi, dai protettori dei giardini urbani agli oppositori della speculazione edilizia, a chi rifiuta quel che può apparire come uno spreco di denaro (data la stima dei costi del progetto costantemente rivalutata), o a chi teme conseguenze geologiche nefaste. In pochi mesi, insomma, «Stuttgart 21» è diventato il vettore di una mobilitazione massiccia, che la violenza della repressione da parte della polizia contro le prime manifestazioni ha ancora rafforzato.
Malgrado un tentativo di mediazione da parte di Heiner Geissler (CDU) nel 2010, la tensione è rimasta altissima fino alle recenti elezioni, dopo le quali la Deutsche Bahn ha indetto una sospensione temporanea dei lavori (ma gli oppositori diffidano della veridicità dell’affermazione). L’accordo di coalizione tra verdi (36 seggi, opposti al progetto) e socialdemocratici (35 seggi, favorevoli) prevede l’organizzazione di un referendum in autunno. Nel frattempo si attendono durante l’estate i risultati di uno «stress-test» destinato a valutare il rapporto tra costi, rischi e benefici del progetto.
Al di là delle vicende politiche delle negoziazioni sull’intervento, quel che colpisce è l’evoluzione delle forme della mobilitazione civica e dei percorsi della mediazione. «Stuttgart 21» in effetti è diventato il laboratorio di un nuovo confronto tra spirito locale, infrastrutture e partiti politici. Anche se alla fine (come a Dresda per il ponte sull’Elba, dove al referendum la popolazione ha votato per la realizzazione dell’infrastruttura contro la tutela del patrimonio) prevarrà forse una soluzione di compromesso, con il cantiere che procederà con lievi modifiche, questo lascerà sicuramente tracce sia nella realtà locale sia nella maniera con cui i promotori di grandi progetti infrastrutturali si confrontano con essa. E in questo campo, una cosa è sicura: arroganza e deficit di mediazione sono ormai difetti che hanno delle conseguenze enormi di fronte alla capacità delle società locali di ribellarsi.

Autore

  • Denis Bocquet

    Nato nel 1970 a Grenoble, ha studiato a partire dal 1990 presso l'Ecole normale supérieure di Fontenay Saint Cloud, si è laureato nel 1992 alla Sorbona e ha poi conseguito il dottorato di ricerca. È docente ordinario di Storia e teoria dell'architettura e dell'urbanistica presso l'Ecole nationale supérieure d'architecture di Strasburgo. Ha vissuto e insegnato a Firenze, Roma, Aix-en-Provence, Dresda, Tours e Parigi. Scrive per «Il Giornale dell'Architettura» sin dalla nascita della testata, nel 2002. Dal 2004 vive a Berlino.

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Last modified: 10 Luglio 2015